La settimana prima un’ottima prestazione: un ragazzino di vent’anni che fa arrabbiare Costacurta creando qualche grattacapo al Milan dei record. Stavolta arriva il gol, una scivolata che porta in vantaggio il Lecce inguaiatissimo di Jurlano contro il sorprendente Parma di Scala il 16 gennaio del 1994, 30 anni fa. Due pareggi, due punti importanti contro due squadroni che tuttavia, anche se è solo gennaio, non servono praticamente a nulla: dopo lo 0 a 0 col Milan e l’1 a 1 col Parma, il Lecce ha 6 punti in 19 partite e la squadra più vicina è la Reggiana che ne ha 14. Irrimediabilmente ultimo quel Lecce, in un’annata partita con cinque sconfitte consecutive, con quella dolorosissima in casa nel derby col Foggia, famosa in particolare per il rigore del compianto Gaucho Toffoli, con Franco Mancini che ha il tempo di tuffarsi da un lato della porta, rialzarsi e prendere uno dei tiri peggiori della storia del calcio.
Ecco, il Gaucho: simbolo di una campagna acquisti in sordina per il presidente Jurlano, che dopo un ritorno in A quasi inaspettato punta su occasioni e stranieri, visto che le risorse non sono enormi. Carlos però mostra la sua impalpabilità in attacco e allora a novembre per riparare a una situazione quasi disperata si torna sul mercato: ovviamente non è che dall’estate le possibilità economiche siano miracolosamente aumentate, e per questo si guarda ancora una volta a occasioni e giovani stranieri, in fin dei conti il Lecce negli anni precedenti ha portato in Italia Beto Barbas, Pasculli, Mazinho.
Alle Olimpiadi del 1992 il capocannoniere, a sorpresa, era stato un ragazzino ghanese: Kwame Ayew, che momentaneamente gioca nel Golfo arabo ed è il fratello di quell’Abedi Ayew che fa meraviglie con la maglia del Marsiglia e ha vinto già tre palloni d’oro africani. Kwame ha 19 anni quando arriva al Via Del Mare e colpisce più che altro per il suo look: lunghe treccine nere fino a quel momento caratteristiche solo di Ruud Gullit. Strappato al Ghana praticamente da bambino, dove sognava di diventare medico, ma da fratello di “Pelé” era un potenziale tesoro. E un tesoro era quello che offrivano alla sua famiglia per assicurarsene il cartellino. Prima la Francia, poi il Qatar, poi il Lecce.
Peraltro in un’Italia ancora a trazione Tonino Carino quel mercato fu più che altro dannazione per i commentatori e una fucina di varianti fantasiose nei bar sport. Il buon Kwame qualche volta, a prescindere dall’aspetto, diventava un improbabile sovietico “Aiev” oppure una sorta di esercizio per pronunciare tutte le vocali “Aieu”, o una variante di sardo “Aiú” che alla fine era effettivamente la pronuncia corretta. “Meglio lui che Gumprecht“, in ogni caso, era il pensiero dei più. Effettivamente il giovane Kwame qualcosina in più di Gumprecht la fa vedere: è dinamico, tanto basta in un attacco che fino a quel momento ha segnato solo cinque gol.
Ci mette qualche mese Kwame a fare il primo gol, appunto, col Parma a gennaio quando la situazione dei salentini è ormai compromessa: molto meno ci mette per entrare nelle simpatie dei tifosi leccesi che gli dedicano cori che vanno a medio livello dall’incoraggiante “Ayew ci sei solo tu” al soft hard “Ooo caccia la p… Ayew” dove p… è inteso come prodotto da forno simboleggiante l’attributo maschile. Nel ruolo ritagliato di rompiscatole delle grandi, in ogni caso Kwame pare starci bene: a metà febbraio riesce a prendere d’infilata la retroguardia juventina al Delle Alpi trafiggendo Peruzzi, in una partita che tuttavia la Juventus di Trapattoni vincerà 5 a 1. Più degno di nota il gol vittoria a Bergamo, col Lecce che batte l’Atalanta 4 a 3, celebrato anche a Mai dire Gol dal personaggio di Antonio Albanese “Frengo”.
Il Lecce ovviamente retrocede, Ayew resta, ma anche in serie cadetta la stagione (per tutto il Lecce) è di alti e bassi: saranno solo quattro i gol per il ghanese. Vola in Portogallo, nonostante intanto in Italia sia arrivato suo fratello Abedì al Torino: prima all’Uniao Leira, poi al Vitoria Setubal, poi in particolare al Boavista dove segna 31 gol in due stagioni, tanto da convincere lo Sporting Lisbona a puntare su di lui. Ormai grande, chiude la carriera tra Turchia e Cina, per poi giocare le ultime gare ancora col Vitoria Setubal. Oggi invece, come molti altri ex calciatori africani, ha scelto la strada della religione: non ha più le treccine, è un predicatore e aiuta in particolare i bambini (ne ha già adottati sei), insegnandogli a leggere e scrivere per difenderli “dai contratti atroci che gli fanno firmare i procuratori”.