La scommessa, e la speranza, della politica catalana oggi si chiama pioggia. La scarsità di precipitazioni negli ultimi mesi sta facendo scendere le riserve idriche della regione sotto il livello di guardia del 16%. Il rischio concreto è che sarà necessario proclamare l’emergenza idrica e così il taglio nel consumo di acqua in tutta la regione, Barcellona compresa. Si tratta della più importante siccità della storia della Catalogna, qualcosa che supera la grande crisi idrica del 2008. La Generalitat si prepara all’eventualità che, anche a causa delle previsioni dei prossimi giorni, lo stato d’emergenza debba scattare a partire dal 1 febbraio. Le misure che si stanno preparando vanno dal divieto di riempire le piscine, sia nelle strutture turistiche che nelle abitazioni private, fino all’impossibilità di aprire nuovi allevamenti animali, così come ampliare o iniziare nuove attività agricole. Una misura choc che non può che interessare anche le due principali attività di consumo d’acqua nella regione: il turismo e l’allevamento. Misure urgenti che guardano all’emergenza ma non alla complessità della questione e che sono figlie dell’assenza di politiche pubbliche capaci di tenere conto delle trasformazioni climatiche.
Ad annunciare le misure studiate dalla Generalitat è stato il consigliere di Esquerra Republicana e membro del tavolo di lavoro Azione per il Clima, David Mascort. Il Piano contro la siccità prevede la riduzione dell’80% dell’irrigazione agricola, e del 25% del consumo di acqua da parte degli stabilimenti industriali. Il consumo può essere integrato con l’uso di acqua rigenerata proveniente da impianti di trattamento delle acque reflue, a spese dell’utenza, purché vi sia disponibilità di flussi. Aura Vidal di Enginyeria Sense Fronteres i Aigua és Vida dice: “Non solo siamo in una situazione di siccità meteorologica, ma stiamo vivendo una situazione di scarsità idrica dove il consumo di acqua è maggiore dell’acqua disponibile. Questo perché c’è una scarsa pianificazione delle riserve idriche e della loro conservazione. Per avere una buona gestione dell’acqua è necessario determinare la quantità di acqua necessaria per il sostentamento della popolazione e dei flussi ecologici che sostengono la vita”. Mentre per Enric Bárcena, deputato regionale di En Comù-Podem, “nell’attuale situazione di emergenza è necessario imporre restrizioni alla popolazione e ai diversi settori economici. Controlleremo l’equità nell’imposizione delle restrizioni così come il loro impatto economico. Deve esserci parità nelle restrizioni per i diversi settori e soprattutto ridurre il consumo di acqua utilizzata nel settore turistico”. Il deputato ricorda che “un turista consuma in media 5 volte l’acqua di un residente”. Anche perché chi vive in città da anni ha imparato a usarla in maniera sapiente.
Dopo la grande crisi del 2008 c’è stato un grosso lavoro di sensibilizzazione e così i residenti sanno che l’acqua non va sprecata e soprattutto che non è infinita. Marina, 69enne, passeggia per il mercato di Santantoni e racconta alla nipote di come il problema di questa crisi idrica stia nelle assenze della politica. Dice chiaramente: “Nel 2008 avevano previsto lavori e iniziative per salvaguardare l’acqua ma non le hanno mai fatte”. Luis e Carlos, incontrati in un bar del Raval, dicono che in Catalogna tutti sanno che l’acqua non va sprecata e che sono soprattutto le attività economiche a consumarla. Antonio dice che a casa sua si fa la doccia una volta alla settimana e massimo per cinque minuti. Maite invece punta il dito contro il cambiamento climatico e si dice “preoccupata perché il clima impazzito potrebbe generare una nuova normalità. Basta guardare il livello dei fiumi, scende visibilmente di anno in anno”.
Come detto, è proprio il turismo a consumare il maggior numero di litri d’acqua, tanto che Enric Bárcena ricorda che “diventa fondamentale, nelle località in cui la popolazione si moltiplica in estate a causa del turismo, ridurre il consumo di acqua per tali attività. È necessario che i turisti e le turiste che vengono in Catalogna prendano coscienza della situazione e contribuiscano a un uso responsabile dell’acqua durante la loro visita”. Aura Vidal insiste: “La crisi idrica evidenzia la necessità di comprendere che l’economia, la politica e la vita in generale sono soggette a limiti planetari. Qualsiasi modello che superi la disponibilità delle risorse compromette i diritti umani, sociali e ambientali. Un chiaro esempio di questo squilibrio è il modello economico della Catalogna, basato sull’esportazione di prodotti agroindustriali e sul turismo di massa. Solo nel 2023, la Catalogna ha accolto 15 milioni di turisti, di cui 10 milioni sono arrivati nella sola città di Barcellona”. L’attivista ambientalista ricorda che “le nostre lotte vanno oltre il garantire la disponibilità di acqua e affrontare la siccità, implicano una revisione e un cambiamento di modello basato su ‘l’acqua bene comune’, così come nella riduzione e nel contenimento della domanda d’acqua e il ritorno alla gestione pubblica, democratica e con una partecipazione diretta della cittadinanza dell’acqua”.
La dottoressa Francesca Greco, esperta di politiche idriche internazionali e ricercatrice Marie Curie presso l’Università di Bergamo e Visiting Research Fellow presso King’s College di Londra, ricorda: “Il grande dilemma oggi presente in Catalogna è il classico conflitto intersettoriale dell’acqua. In tutto il mondo c’è una contesa tra il settore agricolo, industriale e domestico. In questa regione ci sono più maiali che persone e ciò ha una pesante ricaduta sull’inquinamento delle falde. Poi c’è l’industria del turismo, con i suoi sottosettori, che determina un consumo massiccio d’acqua soprattutto per quel che riguarda l’uso delle piscine. La scarsità è quindi mediata, non è un dato universale e solo legato alla scarsità di acqua dal punto di vista meteorologico, ma è una questione prioritariamente di gestione delle risorse. La scelta di razionalizzare l’acqua a uso domestico responsabilizza quindi i cittadini e le cittadine che però non sono i responsabili primari e così pagano le scelte politiche nel tutelare l’industria del turismo e del settore agricolo”. “Dobbiamo infine considerare che – chiude Enric Bárcena – di fronte ai cambiamenti climatici e l’aggravarsi degli episodi di siccità dobbiamo fare i conti con i limiti di disponibilità di una risorsa sempre più scarsa come l’acqua e quindi alla necessità di trovare forme idriche di massima efficienza. Si deve decidere come Paese quali sono le priorità decidendo dove destinare principalmente a loro l’acqua che avremo”.