Quali sono i problemi principali nella gestione di una PMI innovativa? E’ una domanda che mi sono posto ultimamente quando mi sono trovato, per motivi professionali, a dover lavorare sul percorso di (ri)organizzazione di una impresa committente. Dopo una intensa esperienza mi sento di poter dire che le principali difficoltà che incontrano gli imprenditori, i fondatori e gli amministratori delle PMI innovative riguardano il fatto che gli stessi non hanno piena consapevolezza che si trovano di fronte ad organizzazioni complesse, talvolta complicate.

Sembrano sinonimi ma non lo sono. Nel linguaggio d’impresa si scambiano (“questo è un problema complicato” oppure “questo è un problema complesso”), ma non è così. Non sempre ciò che è complicato è anche complesso e viceversa. La situazione più difficile è quando un problema è contemporaneamente complicato e complesso. Un sistema meccanico può essere complicato ma non necessariamente è complesso. Un eco-sistema è sicuramente complesso.

Le PMI (Piccole e Medie Imprese) innovative sono società di capitali che rispettano i limiti dimensionali delle piccole e medie imprese e i parametri riguardanti l’innovazione tecnologica (spese in ricerca e sviluppo maggiori al 3% cento del valore totale della produzione; almeno un 1/3 dei dipendenti o collaboratori con laurea magistrale oppure 1/5 di dottorati, dottorandi o laureati con almeno tre anni di attività di ricerca certificata; almeno un brevetto o privativa industriale). Hanno già presentato almeno un bilancio e, di solito, costituiscono il secondo stadio evolutivo delle startup innovative (cosiddette mature), pronte alla fase di crescita consolidata. Le imprese in possesso di tali requisiti possono accedere allo status speciale tramite autocertificazione del legale rappresentante e godere delle agevolazioni (soprattutto fiscali) dedicate registrandosi nella sezione speciale dedicata del Registro delle Imprese presso le Camere di Commercio sul territorio nazionale.

Se un’organizzazione, come una PMI innovativa, si interfaccia con un ambiente esterno dove prevalgono situazioni turbolente il suo comportamento organizzativo tende ad aumentare in complessità più che in complicazione. Pertanto deve abbandonare i metodi tradizionali di governo e andare alla ricerca di alternative, riducendo l’affidamento della risoluzione dei problemi alle procedure e accettando soluzioni sperimentali. Rinunciando all’approccio metodologico, si riduce fortemente la possibilità del controllo nel “durante” e ci si deve affidare all’analisi del risultato finale. In altre parole, si rinuncia alla verifica dell’efficienza del processo e si mira di più all’efficacia del risultato.

Nel caso di situazioni complesse, non controllando il “durante” è possibile che si realizzino condizioni entropiche, cioè situazioni nelle quali vi è un alto spreco di energia intellettuale e fisica. Questo è il rischio che corre un’organizzazione che deve adattarsi all’ambiente esterno turbolento. Per ridurlo, deve diventare flessibile e compatta, cioè resiliente. La resilienza è la capacità di un materiale di resistere senza rompersi a colpi frequenti, di intensità diversa nel tempo. Il nostro fisico ha una buona dose di resilienza. Un orologio meccanico non è resiliente.

Fin qui, abbiamo ragionato con riferimento a un’organizzazione che deve adattarsi, per sopravvivere, alla turbolenza dell’ambiente esterno rispetto al quale interagisce. Ma la complessità è anche uno stato organizzativo di qualunque impresa innovativa. L’innovazione per sua natura induce elementi di cambiamento organizzativo e di turbolenza interna, talvolta di notevole entità: sia essa innovazione di prodotto o di processo. L’innovazione non ha uno sviluppo lineare, non può basarsi su metodi tradizionali e acquisiti (altrimenti non è veramente innovativa). Il risultato non è garantito e quindi è poco prevedibile; se l’innovazione fallisce il risultato è il caos. Se l’organizzazione burocratica è quella che opera sorretta da norme e procedure che si formalizzano sulla base della serie storica, un’impresa innovativa ha poche procedure e le modifica con alta frequenza. Un’impresa innovativa è prevalentemente “adhocratica“, cioè è governata da regole che di volta in volta nascono e muoiono alla base di fenomeni contingenti e, per loro natura, non ripetitivi. Con essi è impossibile costruire una serie storica e quindi delle procedure rigide e definitive. Un’impresa innovativa più che adattiva è proattiva: più che adattarsi alle turbolenze esterne del mercato specifico, crea turbolenza, essa stessa, sul suo mercato specifico.

L’impresa innovativa è pertanto un’organizzazione sempre complessa. Talvolta, purtroppo, è anche complicata.

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