Sono stati più di venticinque gli anni che Gigi Riva ha trascorso da dirigente in Figc. Nel 1987 il presidente Antonio Matarrese gli chiede la disponibilità per lavorare in Federazione, la Nazionale di Vicini si è appena qualificata per gli Europei grazie ad una doppietta di Vialli con la Svezia. Riva ha giocato l’ultima partita in azzurro ai mondiali di Germania del ’74. Ha concluso con il record ancora imbattuto di gol, 35 (davanti a Meazza, Piola, Baggio e Del Piero…) in 42 partite. In Nazionale ha anche subito due gravissimi infortuni che di sicuro qualcosa hanno tolto al suo primato. L’amore per questa maglia in ogni caso è fuori discussione: “L’ho sempre detto, la maglia azzurra mi si è attaccata alla pelle”. Riva dice sì a Matarrese e l’esordio da dirigente è del dicembre 1987 per la partita a Torino con il Portogallo. Una gara inutile ai fini della qualificazione, ma ricordata con tristezza perché quel giorno muore in un incidente aereo Pier Cesare Baretti, giornalista e dirigente sportivo.

Dopo gli Europei 88 con la Nazionale maggiore, la vera prova del fuoco da dirigente ce l’ha alle Olimpiadi di Seul nel settembre dello stesso anno. Il suo amico Dino Zoff ha qualificato la squadra, ma al momento di partire ha accettato le avances di Boniperti per allenare la sua Juve. È Francesco Rocca dunque, il suo vice fino ad allora, a prendere in mano la squadra. Ma in Corea del Sud, dopo la prima vittoria facile con Guatemala, l’Italia incappa in una delle più rovinose sconfitte azzurre della storia, l’umiliante 4-0 con lo Zambia. Giocatori e allenatore, alla prima grande esperienza, sono sulla graticola. Rocca è dunque il primo paziente che Riva mette sul suo lettino da psicologo. È una metafora ovvio, perché Riva le sedute con i suoi pazienti le fa sempre in campo, prendendo sottobraccio l’interessato e facendo insieme il giro del campo d’allenamento. Non parla molto, ma sigaretta perennemente in bocca e occhiali a specchio, sa toccare sempre le corde giuste. Ascolta soprattutto, e poi incoraggia. Non gli servono tanti discorsi, ha smesso di giocare definitivamente 12 anni prima: il carisma del fuoriclasse gli è rimasto intatto anche da dirigente. L’Olimpica riprende coraggio, vince la terza gara del girone, passa ai quarti e arriva fino alla semifinale dove perde solo al 120’.

Nel maggio del 1990 viene ufficializzato l’acquisto di Roby Baggio da parte della Juve. A Firenze scoppia una guerriglia urbana: ci saranno feriti, fermati e arresti. La Nazionale in quei giorni è in ritiro a Coverciano e durante la notte, dopo i disordini in città, alcuni tifosi imbufaliti provano ad entrare nel ritiro dove c’è Baggio. Gigi Riva dorme nella stanza a fianco a quella di Antonello Valentini, allora addetto stampa della Federazione e più tardi direttore generale. Buoni amici, sentono rumori provenienti dall’esterno e così ancora in pigiama escono con un manico di scopa a testa per affrontare gli ultras. I carabinieri là presenti riescono a fermare in tempo sia i malintenzionati che la coppia azzurra capitanata da un Riva rimasto in ciabatte. A Baggio è legato anche dall’intensa esperienza ad Usa 94. È Gigi che dalla tribuna lo raggiunge negli spogliatoi, quando nella partita con la Norvegia Sacchi ha sostituito il campione (era stato espulso il portiere). Robi ha appena dato del matto al mister davanti a tutto il mondo. Ma rimane un bravo ragazzo e poi è il giocatore più forte della squadra, con ogni probabilità del mondiale. Gigi lo lascia sfogare, gli dice due cose. In qualche misura lo calma. Riva ha un grande rispetto anche per Sacchi, l’uomo che ha portato in Federazione (arriva da un club, quando i precedenti avevano tutti una carriera federale alle spalle), novità rivoluzionarie, cose mai viste prima anche nei metodi.

Arrigo tiene in considerazione tutti: il suo vice Gedeone Carmignani quando consegna i fogliettini con gli schemi del ct ai giocatori, non scorda di dare il pizzino anche a Gigi. L’Hombre Vertical non mette bocca nelle questioni tattiche, mai ha parlato in spogliatoio ai ragazzi di queste cose, mai lo si è visto andare in panchina accanto all’allenatore. Sacchi vuole coinvolgere il gruppo intero e sa che con Riva non ci potranno essere problemi di intromissioni. È una persona che rispetta i ruoli. Baggio finirà quel mondiale con le lacrime agli occhi, dopo aver sbagliato il rigore decisivo nella finale di Pasadena, ed è ancora Riva ad andare ad abbracciare una volta di più il nostro dieci. Quattro anni dopo gli capita una situazione molto simile. L’Italia esce ai quarti dal Mondiale francese con la squadra di casa. Il rigore decisivo questa volta lo sbaglia Gigi Di Biagio, che passa un’ora e mezza in totale insensibilità agli stimoli esterni, compresi quelli che arrivano dai compagni che provano a rincuorarlo. Solo l’intervento di Riva lo fa rialzare dalla panchina degli spogliatoi: “Vieni con me, alza la testa, devi essere fiero di quello che hai fatto in questo Mondiale”. Riva sembra stare sempre dalla parte dei calciatori, anche quando da team manager deve fare da tramite tra federazione e squadra al momento della discussione per i premi risultato.

Affronta questi rapporti sindacali mettendosi alla giusta distanza e cercando di non scontentare nessuno. Soprattutto non mancherà mai una parola data. Nel 2006 prima dei mondiali poi vinti in Germania, Buffon deve andare a deporre in Procura per la questione scommesse in cui è coinvolto. Riva accompagna il portiere a Parma per la deposizione, può bastare la sua presenza per abbassare il livello di stress emotivo del giocatore e di tutto l’ambiente. Ma attenzione, sa anche rimproverare i suoi ragazzi, quando è il momento. Succede per esempio a Wembley nel 1997 con Panucci, che ha rifiutato la panchina perché Cesare Maldini ha deciso di far giocare Cannavaro. Anche con il Bobo Vieri del “sono più uomo io che tutti voi messi insieme” agli Europei portoghesi non sono solo carezze. Perché la maglia azzurra deve essere messa sempre al di sopra di tutto. Ed è questo che Gigi Riva prova ad insegnare ai calciatori, senza tra l’altro avere mai quel fare fastidioso del maestrino. Ecco perché sarà apprezzato anche da “bad boys” come Cassano e Balotelli. Tutto questo lavoro, in parte oscuro, in Nazionale otterrà il massimo dei risultati col titolo mondiale del 2006.

Da calciatore aveva vinto l’europeo nel 68 (gol in finale), ma non il mondiale del 70, quello che doveva essere il suo torneo e purtroppo non lo è stato. A Berlino dopo la finale Riva sembra davvero col cuore pieno di gioia. Ha il sorriso stampato sul volto, soprattutto nel vedere i ragazzi festeggiare in maniera anche sguaiata, ma insomma siamo noi i campioni del mondo o no? Qualche giorno dopo a Roma c’è la festa al Circo Massimo. Si va tutti insieme nel bus, un modo per raccogliere gli applausi in giro per la città. Dentro ci sono tutti, staff e giocatori. Ma c’è anche qualcuno che si è aggiunto all’ultimo: politici e addetti federali che alla vigilia sembravano remare contro la Nazionale, ma ora vogliono fare la passerella. Riva l’aveva detto “stringo per educazione la mano a tutti, ma sul bus non voglio che entri certa gente”. Ma chi va a dire a quel politico di scendere? E poi dai c’è una festa da fare, non roviniamola. “Ok, allora scendo io”. Chiede all’autista il suo trolley e poi con l’altra mano ferma un taxi per andarsene. Per una questione di principio Gigi Riva non festeggerà al Circo Massimo. Ad inizio 2013 si sente stanco. Le partite, nonostante l’apparenza di uomo di ghiaccio, le ha sempre viste (in tribuna accanto a Valentini) con troppa tensione. Negli ultimi anni con la nazionale gli servivano delle goccette per calmarlo nei novanti minuti. “Mi prendo un periodo di pausa”. Valentini e Abete insistono, ma lui ha bisogno di fermarsi. Ma non è una decisione definitiva. Fintanto che legge sui giornali che il presidente della Federazione Tavecchio ha nominato Lele Oriali come nuovo team manager. Lele uno squillo di cortesia glielo fa subito. Ma non risultano sui tabulati telefonici chiamate dai piani alti della Federazione. Finisce in questo modo la carriera federale di Gigi Riva, che ovviamente non alzerà il suo telefono per chiedere spiegazioni.

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