“Quante note stonate abbiamo dovuto ascoltare in questi giorni. Da un parte il dolore di chi si è sentito attaccare, una persona che ha sempre fatto qualcosa per rendere questo mondo migliore. Dall’altra il giudizio sommario di chi parla senza sapere. Di chi costruisce castelli di carta, di chi dove anche c’è del bene pensa ci sia un tornaconto”. Così don Enzo Raimondi nel corso dell’omelia funebre per Giovanna Pedretti, la ristoratrice 59enne, trovata senza vita due domeniche fa. Sulla morte della donna, che era finita al centro di un caso mediatico perché aveva pubblicato una recensione negativa sul suo locale, che veniva criticato per la presenza di gay e disabili, è stata aperta dalla procura di Lodi una inchiesta per istigazione al suicidio. Circa mille le persone presenti per l’ultimo saluto alla donna.
“Ora c’è una famiglia che chiede silenzio – continua -abbiamo vissuto l’invadenza, l’insistenza del diritto d’informazione, l’arroganza di chi pensa di poter distruggere. Ricordiamo l’onestà e la generosità di Giovanna. Un errore forse ha fatto Giovanna: aver per un attimo pensato che, oltre agli estranei accusatori che hanno dubitato di lei, potessimo aver dubitato di lei anche noi che la conoscevamo. Bisogna impedire ai leoni di tastiera di distruggere tutto. Ma come impedire ai leoni di tastiera di riversare impunemente sempre il loro odio e la cattiveria gratuita nella rete su chiunque, dimenticando il potere distruttivo che hanno semplici parole ben significato dalla nota massima, ne uccide più la lingua che la spada? Ora è il momento del silenzio. Cosa non abbiamo fatto, cosa avremmo potuto fare? – chiede ancora il parroco – Siamo convinti che non sia successo nulla di così grave. Ma quante volte Giovanna ha consolato noi, quante volte ci è stata vicina? Anche il silenzio ora si trasforma in una parola, che dice rispetto”. Fuori dalla basilica di Sant’Angelo Lodigiano c’è questo striscione: “Stampa e TV: rispettate alla famiglia e non fatevi vedere più”. Nei giorni scorsi la famiglia, in particolare la figlia Fiorina D’Alvino aveva attaccato duramente la stampa, accusandola della morte della donna.
“Da una parte c’è una comunità provata, come la nostra, desiderosa solo di essere vicina alla famiglia e di regalare l’ultimo saluto a Giovanna, per restituirle quello che le è stato tolto. Dall’altra il chiedersi come fare per evitare tragedie simili – dice in un passaggio dell’omelia di don Raimondi – Come impedire ai leoni da tastiera di riversare impunemente il loro odio, dimenticando il potere distruttivo che possono avere anche semplici parole, che è il significato della massima Ne uccide più la lingua che la spada“. “Il rincorrersi, senza alcun filtro, dei sospetti, pesanti come macigni. Costruiti per soddisfare i pruriti di gente ormai frustrata al punto da bramare la narrazione delle disgrazie altrui. Dove il teorema da dimostrare, il dubbio da alimentare è che anche dove c’è del bene si nasconde, alla fine, un interesse, un tornaconto. Facendo così diventare le ombre tenebra”.