Musica

Il Flauto Magico a Roma: un’esperienza estetica eccellente. Con una nota dolente

Maria Soresina, nel suo importante saggio Mozart come Dante. Il Flauto Magico: un cammino spirituale (Moretti&Vitali), scrive parole essenziali sull’ultimo grande capolavoro mozartiano: “Il Flauto Magico è essenzialmente la rappresentazione del cammino spirituale dell’uomo, lo stesso, identico cammino che secoli prima aveva descritto Dante. Certo, la Commedia ha un impianto filosofico e teologico che qui non c’è, ma in tutti i punti-chiave c’è una sorprendente corrispondenza, e allora il confronto col poema dantesco, molto più complesso e completo, può aiutare a comprendere il messaggio dell’opera di Mozart”.

La settimana scorsa è andato in scena al Costanzi, Teatro dell’Opera di Roma, proprio Die Zauberflöte, titolo originale dell’opera, scritta appositamente in tedesco su libretto di Emanuel Schikaneder e con il contributo di Karl Ludwig Giesecke.

Da ascoltatore appassionato, non da tecnico di musicologia, l’esperienza estetica è stata eccellente. Parliamo di un’opera musicalmente complessa, con arie celebri per difficoltà e solennità, il cui rischio di esecuzione è alto: solo applausi per il giovane, ma già autorevole, direttore d’orchestra (al suo esordio al Costanzi) Michele Spotti, per la virtuosa soprano Aigul Khismatullina (la Regina della Notte), per i convincenti Tamino e Pamina (Cameron Becker e Maria Laura Iacobellis), per l’austero oratore Zachary Altman, per il divertente Papageno Äneas Humm e la brillante Papagena Mariam Suleiman, per il Sarastro professorale di Simon Lim. Le dolenti note (sono costretto a ripetere le stesse considerazioni sul Mefistofele di Boito) riguardano ancora una volta le modernizzazioni della messa in scena di Damiano Michieletto.

Die Zauberflöte è la più cristallina allegoria del percorso di iniziazione massonica della storia della cultura: ambientarlo in una scuola, fare di Papageno un bidello, di Monostatos un bulletto a cui i compagni fanno la stira, della Regina della Notte (la rappresentazione di un archetipo che anticipa il saggio di Erich Neumann sulla Grande Madre, probabilmente ispirata a Maria Teresa d’Austria) una madre nevrotica che si stordisce di psicofarmaci, delle tre Dame delle suore sexy (che scandalo inedito!) significa banalizzarne didascalicamente il messaggio iniziatico (non basta scrivere su una lavagna luminosa un paio di motti alchemici per recuperare). Ma vorrei chiarire: non sono un passatista, ho amato, ad esempio, il “massacro dei classici” di Carmelo Bene, il quale però era il primo a ricordare che “l’avanguardia è storica”, ovvero non può attingere alle realtà eterne degli archetipi. Si possono attualizzare storie d’amore, storie di guerra, opere sentimentali o politiche, ma non si può “modernizzare” un percorso iniziatico, fondato su simboli eterni, senza tradirne il significato e svilirne il valore.

Per chi volesse approfondire gli aspetti simbolici di un altro grande capolavoro mozartiano, consiglio, oltre al testo di Soresina già citato, il saggio Dioniso immortale. Don Giovanni tra iniziazione e mito di Domenico Alessandro de Rossi (Tipheret), che offre una vertiginosa interpretazione in chiave massonica dell’opera mozartiana. Il Don Giovanni di Mozart/Da Ponte sarebbe una meravigliosa allegoria di un’iniziazione dionisiaca, in cui l’adepto è Leporello, testimone del superamento, in un complesso rito di morte e resurrezione durato quasi tre ore, della contrapposizione tra il dover-essere del Commendatore (pietrificato nel suo rifiuto di Dioniso, immagine del “sonno” di Kundalini) e la libera volontà di Don Giovanni (sprofondato nelle fiamme della sua ricerca del piacere). “Ambedue le figure simboliche nel dramma giocoso, nella commedia e nella tragedia rappresentano insieme e nello stesso tempo l’unità della vita con le sue opposte alternanze. Tra dovere e libertà, tra conservazione e rivoluzione, tra ordine e disordine, tra regola ed eccezione, tra intuizione e razionalità, tra permanenza ed effimero, tra apparenza ed essenza, tra intelligenza ed ebbrezza, tra morte e vita, tra thanatos ed eros: tra Apollo e Dioniso”, scrive De Rossi.

In questo senso, il Don Giovanni rappresenterebbe il vero capolavoro iniziatico di Mozart, rispetto al più celebrato, in quel senso, Die Zauberflöte. In occasione dell’anniversario della nascita di Mozart, il libro di De Rossi verrà presentato da Filippo Ceccarelli e dal sottoscritto, sabato 27 gennaio 2024 alle ore 20, presso la storica Libreria Rotondi di Via Merulana 82 a Roma.