È passato un poco inosservato ma è stato molto duro l’attacco che la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha lanciato contro gli economisti dal palco del Forum di Davos. “Sono una cricca tribale, si citano a vicenda tra di loro ma sono incapaci di andare oltre quel mondo, l’unico in cui si sentono a loro agio e così va a finire che i loro modelli, in cui hanno una fede cieca, hanno poco a che fare con la realtà”, ha affermato. Detto da chi quei modelli deve usarli tutti i giorni per fare scelte che impattano sulla vita di ciascuno di noi, c’è di che preoccuparsi. È solo l’ultima, seppur particolarmente autorevole, testimonianza di un declino che il pensiero economico ortodosso sta attraversando, in modo particolarmente spiccato presso le grandi banche centrali. Del resto, che dire quando da una ricerca emerge che se ad affermare una cosa è un economista mainstream la maggioranza dei colleghi concorda e quando ad affermare esattamente la stessa cosa è invece una voce “dissenziente”, i più tra i colleghi la ritengono inesatta?
Lagarde ha quindi denunciato la pressoché completa impermeabilità della “scienza” economica ad altre discipline, cosa che fa si che si elaborino teorie perfette sulla carta ma totalmente disallineate rispetto alla realtà. “Se ci fossero più interlocuzioni con gli epidemiologi, se avessimo scienziati del cambiamento climatico che ci aiutassero a decifrare quello che sta succedendo, se ci consultassimo un po’ meglio con i geologi, per esempio, per valutare adeguatamente quali e quante terre rare e risorse ci sono là fuori, penso saremmo in una posizione migliore per comprendere realmente questi sviluppi, fare progetti migliori ed essere quindi economisti migliori”, ha continuato la presidente della Bce.
Come segnalano alcuni osservatori gli unici che prendono ancora sul serio questi modelli sono i mercati finanziari, non necessariamente perché ci credono ma perché pensano che li utilizzano anche la Bce e la Federal Reserve statunitense e di poterne così anticipare le mosse. A loro volta però le banche centrali usano le indicazioni che provengono dai mercati per definire le proprie proiezioni. Un cortocircuito che ultimamente sembra aver generato un eccesso di ottimismo su inflazione e tassi di interesse con i mercati che continuano ad attendersi sei tagli consecutivi al costo del denaro da marzo in poi. Eppure Lagarde ha avvertito che, sebbene una riduzione dei tassi sarà probabilmente attuato entro l’estate, i dati cruciali sulle retribuzioni, utilizzati per determinare la politica monetaria saranno disponibili solo nella “tarda primavera”.