“Non è vero che il modello “Città 3o” farebbe impiegare più tempo per gli spostamenti, né che in termini di sicurezza stradale andare a trenta o a cinquanta chilometri all’ora sia la stessa cosa. Non è vero che nel primo caso si inquina di più e neppure che per salvare vite basti inasprire le pene per chi abusa di sostanze e alcool”. Con la sua campagna Unfakenews, realizzata insieme a Nuova Ecologia per contrastare le bufale ambientali, Legambiente risponde alle polemiche scatenate dopo che, il 16 gennaio 2023, Bologna è diventato il primo grande Comune italiano ad adottare il limite dei trenta chilometri all’ora in gran parte delle strade. L’associazione, che fa parte da tempo della piattaforma #Città30subito e già ha espresso il suo sostegno al sindaco di Bologna, Matteo Lepore, risponde al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, guidato dal leader della Lega, Matteo Salvini, che ha definito il limite dei 30km/h una scelta non ragionevole e smonta quelle che ritiene essere cinque fake news. “Le polemiche di questi giorni accompagnate anche da tante fake news sono del tutto sterili e lasciano il tempo che trovano, così come troviamo incomprensibile la posizione presa dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti” commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ricordando che “sulle strade italiane si registra un morto ogni tre ore e un ferito ogni 2,5 minuti e il 50% delle vittime sono pedoni e ciclisti. Un’emergenza da codice rosso su cui bisogna al più presto intervenire”, aggiunge.
Andare a trenta o a cinquanta all’ora non è la stessa cosa – Legambiente precisa che la regola dei trenta chilometri orari è stata stabilita proprio tenendo conto di evidenze scientifiche, perché è un limite che, senza rallentare la circolazione, diminuisce drasticamente il rischio di mortalità. “A trenta chilometri all’ora”, spiega l’associazione, “l’impatto equivale a una caduta dal primo piano: la mortalità è praticamente residuale e avviene soltanto in meno del 10% dei casi“. Già a cinquanta all’ora, invece, “la collisione coincide con una caduta dal terzo piano e la probabilità di un incidente mortale cresce oltre il 50%”. Inoltre, andando a trenta all’ora si riesce ad avere una distanza di arresto di 13 metri, “mentre a cinquanta all’ora non sarà più possibile, perché la distanza di arresto è più che doppia e si attesta intorno ai 28 metri”. A trenta all’ora, poi, l’angolo visuale del conducente raddoppia rispetto ai cinquanta all’ora e quindi è molto più semplice che si abbia un controllo dei movimenti sulla strada e una capacità di intervento molto più ampia e meglio controllata. “Al ministro Matteo Salvini chiediamo di non fare campagna elettorale su un tema così importante e ricordiamo che diverse città europee hanno scelto di moderare la velocità registrando dati rilevanti a breve termine”, commenta Ciafani. A Londra, ad esempio, le morti sono calate del 25% e gli investimenti di pedoni del 63%, mentre a Bruxelles, a un anno dall’introduzione del limite a trenta all’ora (gennaio 2021), gli incidenti sono diminuiti del 28% e i morti e feriti gravi del 50%.
A trenta all’ora non si impiega più tempo a spostarsi – In questi giorni si è anche discusso di come la misura potrebbe o meno cambiare la velocità di spostamento. “In realtà”, spiega lLegambiente, “la velocità media di spostamento in ambito urbano è già oggi molto bassa e non supera mai i trenta chilometri orari”. In Europa si va dai 19 chilometri all’ora di Londra e Berlino ai 26 di Varsavia. In Italia, caratterizzata dal più elevato numero di auto pro-capite d’Europa, i centri urbani sono intasati e le medie di percorrenza sono tra le più basse e, comunque, ben al di sotto di trenta chilometri all’ora. A Bologna, secondo TomTom traffic index, la velocità media nelle ore di punta nel 2023 è stata di 32 chilometri all’ora per un totale di 63 ore all’anno passate nel traffico (+4,17 ore rispetto al 2022). “A dimostrazione del fatto”, osserva l’associazione, “che a Bologna non è il limite a trenta all’ora a rallentare il traffico, ma il tasso di motorizzazione e l’insufficiente alternativa per trasformare il modal share, assorbendo domanda di mobilità”.
I problemi non superano i benefici – Secondo il ministro Salvini, con Città 30 “i problemi (soprattutto per i lavoratori) rischiano di essere superiori ai benefici per la sicurezza stradale”. Secondo Legambiente, invece, anche per i lavoratori (come per tutti) le strade sono pericolose, “tanto che nel 2022 l’Inail ha accertato 12.361 incidenti in itinere (cioè durante il percorso da o verso il luogo di lavoro, ndr) di cui nove mortali”. Il Piano nazionale sicurezza stradale del Mit sostiene che “dove ci possono essere impatti che coinvolgono veicoli e pedoni, la velocità dovrebbe essere limitata a trenta chilometri all’ora”, lasciando il limite di cinquanta alle strade a scorrimento veloce. Dall’altro lato, invece, non esiste alcn documento governativo che accerti problemi derivanti dalla limitazione della velocità in città.
A trenta all’ora non si inquina di più – Altro tema è quello legato alle dichiarazioni secondo cui la misura provocherebbe un inquinamento maggiore. Di fatto, i motori benzina e diesel consumano di più e inquinano molto di più sotto sforzo, quindi in fase di accelerazione e decelerazione, oppure a velocità elevate. “Molto dipende dai comportamenti di guida” spiega Legambiente, secondo cui “bruciare i semafori per poi finire in un ingorgo di traffico, fa guadagnare solo qualche secondo”, mentre “una velocità massima inferiore, specie nelle vie frequentate da pedoni e ciclisti, favorisce un flusso di traffico più uniforme, sicuro e un po’ meno inquinamento”.
Non basta inasprire le pene – Legambiente ricorda, infine, che è statisticamente accertato come nel 55% dei casi mortali nelle città, teatro del 73% degli incidenti, le cause sono l’eccesso di velocità, la mancata precedenza ai pedoni sugli attraversamenti e la guida distratta. Da qui la necessità di abbassare il limite generale di velocità per ridurre la mortalità. Si vuol puntare sull’inasprimento delle pene come deterrente? Secondo l’associazione, anche in questo caso, “sarebbe comunque più efficace inasprire quelle minime e non quelle massime, meccanismo che, peraltro, ha dimostrato scarsa efficacia”.