È il 22 gennaio 2018, George Weah giura come presidente della Liberia mentre in Italia il Napoli sogna lo scudetto con 4 punti di vantaggio sulla Juventus, impegnata quella sera contro il Genoa. A Melbourne si giocano gli ottavi di finale degli Australian Open: Novak Djokovic, limitato da un gomito dolorante, perde in tre set contro il giovane coreano Hyeon Chung, fresco vincitore delle Next Gen Finals. Una sconfitta rumorosa, ma in quel momento nessuno pensa possa essere un fatto storico. Invece, da allora, Djokovic non ha più perso una partita agli Australian Open: contro lo statunitense Taylor Fritz, numero 12 del seeding, è arrivata la sua 33esima vittoria consecutiva nello Slam australiano. Quella che gli garantisce la semifinale contro l’azzurro Jannik Sinner, capace poche ore dopo di battere in 3 set il russo Andrey Rublev. Ma la domanda, al di là dei sogni di gloria dell’Italia del tennis, è una sola: è davvero possibile battere Djokovic sul cemento di Melbourne?

La storia sempre dare una risposta negativa. Dopo quella sconfitta con la meteora Chung, Djokovic ha vinto gli Australian Open nel 2019, nel 2020, nel 2021 e nel 2023 (1o vittorie totali). Manca all’appello solo l’edizione 2022, quella non disputata per il mancato vaccino contro il Covid e la scandalosa vicenda dell’attestato di positività confezionato ad hoc per provare a prendere comunque parte al torneo. Cancellato quel caso controverso, che ancora gli costa l’antipatia di parte del pubblico australiano, Djokovic a Melbourne è tornato a macinare vittorie una in fila all’altra. Aveva cominciato questa edizione con qualche punto interrogativo sulle sue condizioni: dubbi spazzati via, come sempre, man mano che si susseguivano le partite. E nella sfida finora più delicata, contro Fritz, è arrivata l’ennesima prestazione assoluta. Vittoria col punteggio di 7-6 (7-3), 4-6, 6-2, 6-3 in tre ore e 45 minuti di gioco.

Ho sofferto molto i primi due set, anche a causa del suo tennis di alta qualità. Stava servendo bene, stava vicino alla linea, mi stava davvero soffocando da fondo campo”, ha detto il numero uno al mondo dopo la vittoria. Poi ha aggiunto: “Faceva molto caldo, c’era ancora il sole, fisicamente ed emotivamente è stato molto faticoso“. Al di là delle parole, però, il risultato non cambia: alla fine in Australia vince sempre Djokovic. Delle 33 vittorie consecutive, 21 sono arrivate senza concedere nemmeno un set. Al netto della finale 2020 contro l’austriaco Dominik Thiem (quando era sotto 2 set a 1), era stato proprio Fritz il giocatore che in passato più lo aveva messo in difficoltà a Melbourne: nel terzo turno del 2021, lo statunitense aveva recuperato 2 set di svantaggio e sembrava pronto ad operare il sorpasso all’inizio del quinto, ma Djokovic si era rivelato più forte di un dolore lancinante all’addome.

Questa volta Fritz non ha nemmeno sfiorato la possibilità di arrivare al quinto set. A dimostrazione che 6 anni e un giorno dopo quella sconfitta con Chung, Djokovic è diventato ancora più difficile non solo da battere, ma anche da contrastare. In Australia il serbo trova la sua dimensione ideale, dimenticandosi che nel frattempo la carta d’identità lo avvicina sempre più ai 37 anni. È ancora lui il numero 1 al mondo, è ancora lui il favorito per la vittoria finale. Batterlo, in semifinale, sarebbe banalmente un’impresa. Ma si tratta più che altro di trovare la chiave per spezzare un’incantesimo lungo 33 partite: qualcosa in grado di scalfire un meccanismo perfetto. La speranza per il tennis italiano è che quel qualcosa, anzi qualcuno, abbia i capelli rossi e sia nato a San Candido.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Gigi Riva era sardo. E di quel pubblico divenne il vendicatore

next
Articolo Successivo

Australian Open, Sinner è in semifinale: rifila un 3-0 anche a Rublev. Ora l’epica sfida a Djokovic

next