“In queste settimane, tra rettori, insegnanti, politici, personaggi istituzionali, abbiamo sentito usare parole che riguardano la Shoah, distorte, fuori contesto, ribaltate verso Israele e gli ebrei“. A dirlo è Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. Di Segni non fa nomi, ma la sua sottolineatura rimarca la complessità e la delicatezza necessarie nell’affrontare la Giornata della Memoria di quest’anno. La presidente dell’Ucei si riferisce in particolare “al modo in cui il saluto romano dipende da contesti e circostanze, all’uso del termine genocidio nei commenti sul processo alla Corte dell’Aja“. “E – ha aggiunto – con estremo rispetto, riguarda anche la Chiesa: abbiamo ascoltato appelli che sminuiscono il riconoscimento del 7 ottobre come atto terroristico“.

Di Segni, parlando alla presentazione delle iniziative per il 27 gennaio patrocinate dalla presidenza del Consiglio, ha rivelato tra l’altro che “per motivi di sicurezza non abbiamo potuto organizzare la maratona della Memoria. Sono liberi di manifestare coloro che alzano il braccio per il saluto romano e lo squadrismo dei centri sociali, quasi tutelati da una libertà costituzionale. È aberrante che la cittadinanza non possa correre liberamente. È un impegno di coerenza su cui chiediamo attenzione”. La maratona era stata programmata coinvolgendo due città della Calabria. “Poi abbiamo capito che era troppo pericoloso, i Comuni non volevano rischiare di trovarsi un delirio. Basta vedere cosa è successo a Vicenza…”. L’idea quest’anno “era di farla in Calabria. Abbiamo contattato due città. Dopo il consulto con gli esperti di sicurezza e il consulto con il Comune si è deciso di rinunciare. Non è che il governo ha detto no a noi e sì a loro perché non è attento – ha raccontato ancora riferendosi alle manifestazioni citate prima -. È che il risultato della convivenza è: loro sì, e noi no. Che poi noi siamo non solo gli ebrei, ma tutta la cittadinanza, corrono anche bambini, famiglie con le carrozzine. È una manifestazione spensierata e allegra, pensata per spezzare l’approccio alle cerimonie lugubri, per dire che siamo vivi e corriamo liberi, come non portavamo fare nel ’43 o nel ’38”.

Durante la presentazione delle iniziative è intervenuto anche il sottosegretario Alfredo Mantovano che ha rilevato che “l’odio antiebraico circolava già in taluni ambienti universitari con ammiccamenti in più di un ateneo, quindi le manifestazioni apparentemente filo palestinesi e in realtà pro Hamas, che si sono moltiplicate dopo il 7 ottobre cadono su un terreno già preparato. E su di esso intervengono una serie di iniziative che il governo italiano promuove, appoggia e condivide, in primis il Giorno della Memoria”. Una giornata da celebrare “non sottovoce, quasi fosse qualcosa di pericoloso o comunque da ridimensionare per evitare problemi. Raccomanda come e più che negli anni passati di tenere vivo il ricordo della Shoah”. Per Mantovano “ricordare la Shoah e combattere l’antisemitismo non è qualcosa che riguarda solo ebrei: sia perché le comunità ebraiche non sono realtà distinte dalle varie comunità nazionali, sia sia perché l’odio razziale non si manifesta mai contro una singola espressione di fede. L’odio contro ebrei è anche odio verso l’occidente e i cristiani”. Detto tutto questo, alla domanda se condivide la definizione che il fascismo è il “male assoluto” Mantovano ha risposto che “la sensibilità nei confronti di ogni totalitarismo è una sensibilità certamente forte dopo di che possiamo fare l’elenco di tutti i totalitarismi, non solo di quelli del passato ma anche di quelli del presente. Quindi non c’è da fare una classifica, un più o un meno, ogni totalitarismo merita condanna, repulsione e presa di distanza”. Peraltro per individuare l’unico regime totalitario che in Italia ha organizzato la deportazione e ha collaborato allo sterminio di ebrei italiani non è necessario fare alcun elenco: basta indicare il fascismo.

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