Il ministro dell’Istruzione e Merito Giuseppe Valditara è stato sonoramente bocciato dai docenti della scuola superiore, quelli della prospettata filiera tecnico-professionale e del liceo Made in Italy. Una bocciatura ampiamente prevedibile, quasi annunciata, che il ministro ha pervicacemente cercato. In questo anno il ministro ci aveva sempre detto che i docenti, nel loro silenzio, erano dalla sua parte di ministro coraggioso e riformatore. Una specie di silenzio assenso. Ora invece i docenti si sono pronunciati e hanno alla stragrande maggioranza bocciato i due fiori all’occhiello del ministro: il liceo del Made in Italy e soprattutto la trasformazione degli istituti tecnici in una filiera professionale a pagamento.
Molte sono le ragioni che hanno spinto i consigli di classe del 95% e più degli istituti a respingere la sconclusionata e francamente imbarazzante proposta ministeriale, presentate a più riprese anche su questo blog. Ora il ministro ha due exit strategy. Può dire che i docenti non hanno capito le ragioni della sua proposta. Soluzione minimale. Oppure comincerà ad inventarsi un nuovo nemico, i docenti figli della cultura del Sessantotto che lo hanno scientemente boicottato. Visto che la destra post-missina cavalca sempre paure e nostalgie pre-industriali, credo che sarà questa la via scelta dal ministro latinista e sovranista: scaricherà la responsabilità della bocciatura del suo bislacco progetto sugli insegnanti “conservatori”, con una ricostruzione totalmente fasulla ad uso e consumo delle sue cerchie plaudenti.
Tra l’altro, il progetto Valditara della filiera sarebbe stato bocciato anche dalle famiglie visto che allunga il percorso di un anno e gli ultimi due anni sono a pagamento. Sul perché i docenti, compatti, abbiamo dato un dispiacere secco a Valditara molto è stato detto. Una riforma carente, incompleta, confusa e senza risorse. Addirittura anticipata con decreto scavalcando il Parlamento, orami appendice del governo. Valditara evidentemente aveva fretta di scavarsi la proverbiale fossa. Una dirigente scolastica che nel suo istituto ha ben cinque corsi del liceo economico, e quindi era in pole position per la sperimentazione del liceo Made in Italy, mi ha confidato che non se l’è sentita di procedere perché letteralmente non sapeva cosa dire alle famiglie al momento dell’iscrizione. Il liceo del Made in Italy è una scatola vuota, piena di fuffa retorica, e così pure la riforma dei tecnici e dei professionali. Quindi l’ideologia Sessantottina, posto che ancora esista a scuola, non c’entra nulla: le motivazioni della bocciatura sono di carattere pratico e operativo.
Ma qui mi interessa un altro aspetto, diciamo di metodo. Con chi si è confrontato il ministro per immaginare e imbastire la sua riforma? Certamente non ha coinvolto i docenti e, in generale, il mondo della scuola. Anche il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha rilevato tante e tali carenze da chiedere al ministro una pausa di riflessione. Il ministro sovranista ha tirato dritto ed è finito nel fosso. Non certo i sindacati della scuola che hanno visto la proposta solo in veste definitiva: prendere o lasciare. Il vero interlocutore è stato Confindustria a giudicare dai toni entusiasti degli articoli dei giornali economici. Il rinnovamento della scuola per gli industriali passa per il suo snaturamento: più tirocini, testimonianze di imprenditori, e meno lezioni. Così il capitalismo familiare italico si propone di avere nuovo smalto sui mercati internazionali. E’ questa la strada per far rinascere economicamente l’Italia che da decenni sta arrancando?
Qui si intravede una trasformazione, direi regressione, antropologica sia della destra che degli industriali. Fino a qualche anno fa la visione di fondo era diversa e anche i conservatori di ogni tipo puntavano principalmente sulla formazione generale. Di fronte a un’economia che evolve rapidamente, si diceva, le competenze chiave devono essere quelle trasversali e non quelle specifiche, che cambiano velocemente. Uno studente plastico, insomma, capace di intercettare il nuovo e non fossilizzato nella formazione specifica che diventa rapidamente obsoleta. Questo era anche il senso della riforma Moratti del 2003 che appunto intendeva liceizzare, a suo modo, il mondo della formazione tecnica e professionale. Ora Valditara, e la destra, hanno sposato la linea opposta: la vera vocazione dello studente è la pratica lavorativa che deve esse anticipata addirittura in seconda superiore. Quindi i conservatori hanno posto l’istruzione a servizio dell’impresa e dell’economia.
Ma di quale impresa e di quale economia stiamo parlando, questo è il punto. Di fronte alle ondate di innovazione che si susseguono sempre più alte e ravvicinate dobbiamo dare i nostri ragazzi e ragazzi una formazione larga e robusta oppure una formazione fossilizzata su qualcosa che fra 4/5 anni sarà completamente differente? Il conservatore Valditara ha scelto di guardare al passato, la conservatrice Moratti guardava al futuro. In definitiva la scelta di una precoce professionalizzazione va contro le logiche dell’economia della conoscenza nella quale siamo immersi. Bene hanno fatto gli insegnati a bocciare il passatismo dannoso, per la società e per l’economia, del ministro Valditara.
Valditara si è messo contro i docenti, nel tentativo di subordinare la scuola agli interessi piuttosto gretti e di corto respiro del mondo imprenditoriale. Se fossimo in un regime presidenzialista, quello che piace alla Meloni, un ministro così clamorosamente bocciato sarebbe subito rimosso dal suo incarico per manifesta incapacità. Ma siamo sicuri che nella partitocrazia italiana questo non capiterà. Anzi la destra si intesterà un nuovo nemico: i docenti di sinistra e conservatori. Questi docenti conservatori che hanno detto no a Valditara non sono né di destra e né di sinistra, ma semplicemente professionisti che cercano di fare il loro lavoro tra molte difficoltà e vanno invece ringraziati perché stanno salvando quel poco o tanto di qualità che la scuola superiore ancora conserva contro le follie dei ministri, quelli nuovi ma anche quelli vecchi (non tutti).
Mario Pomini
Docente di Economia, Università di Padova
Scuola - 23 Gennaio 2024
Il liceo del Made in Italy è una scatola vuota: Valditara è stato sonoramente bocciato
Il ministro dell’Istruzione e Merito Giuseppe Valditara è stato sonoramente bocciato dai docenti della scuola superiore, quelli della prospettata filiera tecnico-professionale e del liceo Made in Italy. Una bocciatura ampiamente prevedibile, quasi annunciata, che il ministro ha pervicacemente cercato. In questo anno il ministro ci aveva sempre detto che i docenti, nel loro silenzio, erano dalla sua parte di ministro coraggioso e riformatore. Una specie di silenzio assenso. Ora invece i docenti si sono pronunciati e hanno alla stragrande maggioranza bocciato i due fiori all’occhiello del ministro: il liceo del Made in Italy e soprattutto la trasformazione degli istituti tecnici in una filiera professionale a pagamento.
Molte sono le ragioni che hanno spinto i consigli di classe del 95% e più degli istituti a respingere la sconclusionata e francamente imbarazzante proposta ministeriale, presentate a più riprese anche su questo blog. Ora il ministro ha due exit strategy. Può dire che i docenti non hanno capito le ragioni della sua proposta. Soluzione minimale. Oppure comincerà ad inventarsi un nuovo nemico, i docenti figli della cultura del Sessantotto che lo hanno scientemente boicottato. Visto che la destra post-missina cavalca sempre paure e nostalgie pre-industriali, credo che sarà questa la via scelta dal ministro latinista e sovranista: scaricherà la responsabilità della bocciatura del suo bislacco progetto sugli insegnanti “conservatori”, con una ricostruzione totalmente fasulla ad uso e consumo delle sue cerchie plaudenti.
Tra l’altro, il progetto Valditara della filiera sarebbe stato bocciato anche dalle famiglie visto che allunga il percorso di un anno e gli ultimi due anni sono a pagamento. Sul perché i docenti, compatti, abbiamo dato un dispiacere secco a Valditara molto è stato detto. Una riforma carente, incompleta, confusa e senza risorse. Addirittura anticipata con decreto scavalcando il Parlamento, orami appendice del governo. Valditara evidentemente aveva fretta di scavarsi la proverbiale fossa. Una dirigente scolastica che nel suo istituto ha ben cinque corsi del liceo economico, e quindi era in pole position per la sperimentazione del liceo Made in Italy, mi ha confidato che non se l’è sentita di procedere perché letteralmente non sapeva cosa dire alle famiglie al momento dell’iscrizione. Il liceo del Made in Italy è una scatola vuota, piena di fuffa retorica, e così pure la riforma dei tecnici e dei professionali. Quindi l’ideologia Sessantottina, posto che ancora esista a scuola, non c’entra nulla: le motivazioni della bocciatura sono di carattere pratico e operativo.
Ma qui mi interessa un altro aspetto, diciamo di metodo. Con chi si è confrontato il ministro per immaginare e imbastire la sua riforma? Certamente non ha coinvolto i docenti e, in generale, il mondo della scuola. Anche il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha rilevato tante e tali carenze da chiedere al ministro una pausa di riflessione. Il ministro sovranista ha tirato dritto ed è finito nel fosso. Non certo i sindacati della scuola che hanno visto la proposta solo in veste definitiva: prendere o lasciare. Il vero interlocutore è stato Confindustria a giudicare dai toni entusiasti degli articoli dei giornali economici. Il rinnovamento della scuola per gli industriali passa per il suo snaturamento: più tirocini, testimonianze di imprenditori, e meno lezioni. Così il capitalismo familiare italico si propone di avere nuovo smalto sui mercati internazionali. E’ questa la strada per far rinascere economicamente l’Italia che da decenni sta arrancando?
Qui si intravede una trasformazione, direi regressione, antropologica sia della destra che degli industriali. Fino a qualche anno fa la visione di fondo era diversa e anche i conservatori di ogni tipo puntavano principalmente sulla formazione generale. Di fronte a un’economia che evolve rapidamente, si diceva, le competenze chiave devono essere quelle trasversali e non quelle specifiche, che cambiano velocemente. Uno studente plastico, insomma, capace di intercettare il nuovo e non fossilizzato nella formazione specifica che diventa rapidamente obsoleta. Questo era anche il senso della riforma Moratti del 2003 che appunto intendeva liceizzare, a suo modo, il mondo della formazione tecnica e professionale. Ora Valditara, e la destra, hanno sposato la linea opposta: la vera vocazione dello studente è la pratica lavorativa che deve esse anticipata addirittura in seconda superiore. Quindi i conservatori hanno posto l’istruzione a servizio dell’impresa e dell’economia.
Ma di quale impresa e di quale economia stiamo parlando, questo è il punto. Di fronte alle ondate di innovazione che si susseguono sempre più alte e ravvicinate dobbiamo dare i nostri ragazzi e ragazzi una formazione larga e robusta oppure una formazione fossilizzata su qualcosa che fra 4/5 anni sarà completamente differente? Il conservatore Valditara ha scelto di guardare al passato, la conservatrice Moratti guardava al futuro. In definitiva la scelta di una precoce professionalizzazione va contro le logiche dell’economia della conoscenza nella quale siamo immersi. Bene hanno fatto gli insegnati a bocciare il passatismo dannoso, per la società e per l’economia, del ministro Valditara.
Valditara si è messo contro i docenti, nel tentativo di subordinare la scuola agli interessi piuttosto gretti e di corto respiro del mondo imprenditoriale. Se fossimo in un regime presidenzialista, quello che piace alla Meloni, un ministro così clamorosamente bocciato sarebbe subito rimosso dal suo incarico per manifesta incapacità. Ma siamo sicuri che nella partitocrazia italiana questo non capiterà. Anzi la destra si intesterà un nuovo nemico: i docenti di sinistra e conservatori. Questi docenti conservatori che hanno detto no a Valditara non sono né di destra e né di sinistra, ma semplicemente professionisti che cercano di fare il loro lavoro tra molte difficoltà e vanno invece ringraziati perché stanno salvando quel poco o tanto di qualità che la scuola superiore ancora conserva contro le follie dei ministri, quelli nuovi ma anche quelli vecchi (non tutti).
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Economia & Lobby
Caro bollette, a due settimane dagli annunci di Giorgetti il decreto slitta ancora: cdm rinviato a venerdì
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - “Un ente come Fondazione Bicocca è assolutamente innovativo perché apre totalmente al privato. Una formula coerente con le intenzioni del governo, che sta novellando le norme legate al partenariato pubblico-privato per un equilibrato rapporto tra gli interessi pubblici e l'interesse privato”. Così Alessandro Morelli, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, in occasione della presentazione della Fondazione Bicocca, svoltasi presso l’Aula magna dell’Ateneo milanese.
“Bicocca, pertanto, sta facendo una bellissima esperienza: una start up all'interno della start up. Ci auguriamo, quindi, che il buon successo di questa iniziativa possa essere preso come esempio da molti altri. Il giusto e sano collegamento tra un'accademia, come questa l'università, e le imprese è una cosa buona e giusta che perseguiamo con grande attenzione”, conclude.
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - "Oggi presentiamo Fondazione Bicocca a tutta la comunità e a tutti i nostri possibili stakeholders. Lo scopo della Fondazione è quello di mettere in relazione il territorio con l'università. È un facilitatore e quindi speriamo di ottenere dei grossi risultati. Oggi il primo evento di una lunga serie”. Così Marco Orlandi prorettore vicario dell'università Milano-Bicocca e presidente di Fondazione Bicocca durante l'evento "Connessioni per il futuro". Un incontro pensato per presentare Fondazione Bicocca, un nuovo ente in grado di supportare e valorizzare le attività di alta formazione, ricerca e trasferimento tecnologico dell’ateneo. “Siamo molto orgogliosi, siamo un'università giovane nata 26 anni fa, ma in questi 26 anni abbiamo ottenuto degli ottimi risultati e questo era il momento di dotarsi di un altro strumento per essere ancora più attrattivi per il territorio e per i nostri stakeholders" conclude Orlandi.
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - “La presentazione di Fondazione Bicocca è un momento importante perché Bicocca ha già dimostrato, spostandosi in quest'area geografica della città, di fare tanto per il territorio in cui è immersa, con una trasformazione ambientale e strutturale". Lo afferma Alessia Cappello, assessora allo Sviluppo economico e politiche del lavoro del Comune di Milano, in occasione della presentazione della Fondazione Bicocca, svoltasi presso l’Aula magna dell’Ateneo milanese.
"Basti pensare - dice - a tutti gli investimenti sul verde che ha fatto e che circondano quest'area, ma soprattutto culturale, sulla parte che riguarda la proprietà intellettuale, il trasferimento tecnologico, la possibilità di avvicinare e orientare ancora di più tante ragazze e ragazzi alle materie che l’Università Bicocca rappresenta in questo territorio. Ora attraverso la Fondazione, si cerca di creare quel ponte ancora più esplicito, ancora più forte con il mercato del lavoro”.
"L’obiettivo della Fondazione è trasformare da un lato il mercato del lavoro, avvicinandolo sempre di più alle aspettative di tante ragazze e ragazzi, dall'altro lato avvicinare questo patrimonio di giovani alle proposte che ci sono nel mercato del lavoro, orientandoli e formandoli nel modo corretto a fronte delle tante vacancies che ci sono in diversi settori. Un obiettivo molto utile non solo a Milano, ma al nostro Paese”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il costo delle bollette in Italia ha raggiunto picchi insostenibili per famiglie e imprese. Oggi la segretaria Schlein ha dimostrato che sono possibili interventi urgenti e immediati per abbassare il costo dell’energia. Nello stesso giorno in cui il governo Meloni fa slittare il cdm per affrontare la questione: sono nel caos. Seguano le proposte del Pd, perché gli italiani non possono rimetterci di tasca propria per l’incompetenza di questa destra". Lo scrive sui social Alessandro Zan del Pd.
Milano, 24 feb.(Adnkronos) - “Il valore di Fondazione Bicocca è un atto di coraggio, ma anche di eredità, perché questo è il mio ultimo anno di mandato. Pertanto, l'ottica è mettere a disposizione le competenze, ma anche il coraggio, di un grande ateneo pubblico multidisciplinare, come Bicocca, a disposizione della società civile a 360 gradi”. Così Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’università degli studi di Milano-Bicocca, in occasione della presentazione della Fondazione Bicocca, svoltasi presso l’Aula magna dell’Ateneo milanese.
“Tutti noi sappiamo dell'incertezza economica, dei problemi relativi al mancato sviluppo delle competenze e dell'inverno demografico. Queste sfide non sono solo italiane, ma anche europee, rispetto a colossi come Stati Uniti e Cina e fanno riflettere sul gap di innovazione tecnologica che caratterizza tutta l'Europa e in particolare il nostro Paese. Pertanto - spiega la rettrice Iannantuoni - è motivo di orgoglio avere da un lato lo sviluppo delle competenze e dall’altro mettere a disposizione i nostri laboratori e le nostre migliori menti insieme alle imprese per fare sviluppo e crescita. Non c'è innovazione tecnologica se non c’è giustizia sociale, cioè se l’innovazione non è a favore di tutti. Un esempio sono le polemiche legate alle auto elettriche”.
“Quindi, il nostro approccio è multidisciplinare, innovativo e diverso, com’è diversa Bicocca, e si propone come una piattaforma di connessioni per il futuro, come abbiamo voluto chiamare la giornata di oggi e aspettiamo tutte le imprese del terzo settore, gli Irccs, gli istituti di cura, le scienze della vita, Tutti insieme per dare una speranza diversa al nostro Paese”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il governo Meloni, in quasi due anni, non ha adottato alcuna misura efficace per contrastare l’aumento delle bollette, preferendo smantellare il mercato tutelato e aggravando così la situazione di famiglie e imprese". Lo afferma Ubaldo Pagano, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Bilancio alla Camera, sottolineando la necessità di un cambio di rotta immediato. Il Partito Democratico torna a chiedere interventi concreti, proponendo due soluzioni centrali: separare il costo dell’energia da quello del gas e istituire un ente pubblico che possa garantire prezzi più accessibili.
"Non possiamo accettare – aggiunge Pagano – che il nostro sistema energetico rimanga vincolato a un meccanismo che pesa enormemente sulle tasche di cittadini e aziende. Il gas è la fonte più costosa e instabile, e continuare a legare il prezzo dell’elettricità a questa risorsa è un errore che il governo deve correggere subito. Le bollette stanno raggiungendo livelli insostenibili proprio nei mesi di maggiore consumo: Meloni e la sua maggioranza si decidano ad agire, perché gli italiani non possono più aspettare", conclude Pagano.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Non è più procrastinabile un intervento del Governo per contenere i costi delle bollette, oramai insostenibili per milioni di italiani. Governo e maggioranza facciano proprie le proposte del Pd avanzate da Elly Schlein e tutte a costo zero. Proposte semplici, chiare ed efficaci. Approviamole con spirito bipartisan per il bene del Paese". Così in una nota il senatore del Pd Michele Fina.
"Dopo che il taglio delle accise, promesso dalla presidente Meloni, era rimasto intrappolato nella distanza che c'è tra il dire e il fare e nulla è stato fatto è ora che maggioranza e governo prendano atto della gravità della situazione. Come si fa a non rendersi conto che questa emergenza bollette si aggiunge all’aumento di carburante, RC Auto e pedaggi, beni alimentari, materiale scolastico e affitti? Una situazione sconfortante che si va ad aggiungere ad una economia che arretra da 750 giorni, proprio mentre attendiamo gli effetti nefasti dei dazi di Trump".