Per aiutare le famiglie con redditi bassi la strada giusta è spostare il carico fiscale che oggi grava pesantemente sui redditi da lavoro, trasferendolo sui consumi e le proprietà. Previo, però, un aggiornamento degli ormai obsoleti valori catastali. In più occorre aumentare l’imposta di successione, da cui al momento lo Stato ricava un gettito infinitesimale. È la ricetta consigliata da Cyrille Schwellnus, responsabile del desk Italia dell‘Ocse e principale autore dell’Economic survey sulla Penisola pubblicato martedì. Le misure indicate dall’organizzazione parigina sono in netto contrasto con le scelte dal governo Meloni, che con la delega fiscale preserva la flat tax per gli autonomi, estende la cedolare secca sugli affitti e punta a far pagare meno tasse a chi ha redditi finanziari. E non ha alcuna intenzione di mettere mano al catasto, nonostante sia basato su rilevazioni superate che favoriscono chi possiede patrimoni ingenti.
Che impatto avrebbe la riforma che suggerite?
Il lavoro in Italia è molto tassato: il cuneo fiscale – la differenza tra il costo del lavoro pagato dai datori e la retribuzione dei lavoratori, essenzialmente i contributi previdenziali e le imposte sul reddito – è elevato. Questo riduce gli incentivi ad accettare un impiego o a lavorare più ore. Trasferire parte del carico fiscale sui consumi (imposta sul valore aggiunto) e sulla proprietà (soprattutto gli immobili) consentirebbe di ridurre le tasse sul lavoro, aumentando l’occupazione e il Pil. Poiché le famiglie a basso e medio reddito ricevono la maggior parte del loro reddito dal lavoro, mentre quelle a reddito più elevato ricevono una quota maggiore dalle proprietà, questo trasferimento migliorerebbe anche l’equità.
Come dovrebbe essere disegnata?
Noi auspichiamo la reintroduzione dell’imposta sulle prime case e l’aggiornamento dei valori catastali per aumentare gli incassi. Continuare a migliorare l’adempimento dell’imposta sul valore aggiunto, anche rafforzando ulteriormente la digitalizzazione dell’amministrazione fiscale, contribuirebbe ad aumentare la riscossione. Le maggiori entrate fiscali derivanti dalle imposte sulla proprietà e sul valore aggiunto potrebbero poi essere utilizzate per ridurre i contributi previdenziali e le imposte sul reddito, soprattutto per le famiglie a basso e medio reddito.
Quali regimi forfettari dovrebbero essere cancellati e perché?
La nostra opinione è che le flat tax, come quella per i lavoratori autonomi, erodono la base imponibile sul reddito e non sono del tutto in linea con i principi di equità. Perché, per esempio, un lavoratore dipendente può essere tassato con un’aliquota più elevata rispetto a un lavoratore autonomo nonostante guadagni la stessa cifra e questo non è in linea con il principio di equità orizzontale. E può essere tassato con un’aliquota più elevata rispetto a un autonomo anche se ha un reddito inferiore, cosa non in linea con il principio di equità verticale.
L’Italia dovrebbe rafforzare la sua imposta di successione molto bassa?
Sì, tutelando al tempo stesso le eredità piccole e medie.
Il governo sta attuando la legge delega sulla riforma fiscale, che non prevede l’aggiornamento del catasto né un rafforzamento della base imponibile Irpef. Come giudicate queste scelte?
Noi sosteniamo l’aggiornamento del calcolo della base imponibile delle tasse sulla proprietà, anche attraverso l’aggiornamento del catasto. La riforma fiscale prevede poi una razionalizzazione delle agevolazioni fiscali, che amplierebbe la base imponibile sul reddito: è una misura che supportiamo, ma non sono ancora stati pubblicati i decreti attuativi. Siamo poi a favore di una riforma della detrazione per il coniuge a carico, che disincentiva le donne dal partecipare al mercato del lavoro.
L’unificazione della prime due aliquote fiscali è già entrata in vigore, ma è finanziata solo per il 2024.
Sarebbe stato preferibile rendere permanente la riduzione dell’imposta sul reddito e trovare una fonte permanente di finanziamento, ad esempio aggiornando i calcoli della base imponibile dell’imposta sulla proprietà immobiliare.
Lo scorso anno il governo ha previsto varie forme di condono che hanno consentito di regolarizzare violazioni sostanziali pagando sanzioni ridotte. Molti altri governi in passato hanno fatto lo stesso. Quali sono gli effetti?
A nostro avviso gli sforzi per rafforzare la conformità fiscale dovrebbero essere portati avanti, anche attraverso controlli ex post. I condoni per debiti fiscali di modesta entità possono avere senso per liberare risorse dell’amministrazione fiscale e consentirle di concentrarsi sui controlli. Ma condoni regolari, soprattutto se non si limitano a piccoli debiti, rischiano di ridurre la compliance.
Nella Survey chiedete che il nuovo Assegno di inclusione (Adi) che ha sostituito il reddito di cittadinanza sia ampliato almeno ai più vulnerabili tra gli ex percettori potenzialmente “occupabili”. Che invece hanno diritto solo al Supporto formazione lavoro, temporaneo e legato alla partecipazione a corsi di formazione.
Alcune delle persone ritenute occupabili (18-59 anni, senza responsabilità assistenziali, senza disabilità) sono molto distanti dal mercato del lavoro, nel senso che non hanno avuto un’occupazione negli ultimi anni. È improbabile che tutti trovino un posto nei 12 mesi in cui hanno diritto all’indennità di formazione (Sfl). È importante che i beneficiari la cui prestazione scade nonostante abbiano rispettato gli obblighi di formazione e ricerca di lavoro rimangano coperti dall’ammortizzatore sociale. Consigliamo di dare loro accesso all’Adi, eventualmente prevedendo una cifra inferiore visto che non hanno responsabilità assistenziali o disabilità.