“Claudia molto presto mi ha detto di essere una bambina. Io non pensavo nemmeno che fosse possibile, all’inizio pensavo si sbagliasse. Era ossessionata dal suo corpo. Un’ansia costante quando pensava che sarebbe diventata come il suo papà. Mi chiedeva tutti i giorni che cosa le sarebbe successo. Quando ho scoperto l’esistenza dei sospensori della pubertà, mi sono sentita di rassicurarla e dirle ‘Claudia, non ti preoccupare che se da grande ancora non vorrai essere come papà ci sono delle persone e un farmaco che ti aiuteranno’. Per la prima volta vidi la felicità sul suo volto. L’ansia sparì e Claudia riprese a essere la bambina che doveva essere alla sua età”.

Questo mi racconta la mamma di Claudia, oggi una ragazza, che da sempre ha saputo di non appartenere al genere assegnato alla nascita e che nel suo percorso di affermazione di genere è stata scrupolosamente accompagnata per anni dall’equipe dell’ospedale di Careggi di Firenze. Ricordo che la prima volta che andammo insieme a Careggi con la mamma di Claudia e altri genitori era l’inizio del 2017. Vivevamo tutti la stessa situazione e le preoccupazioni erano davvero tante. Sapere di non essere delle famiglie che avrebbero dovuto gestire da sole una situazione in Italia abbastanza sconosciuta e davvero molto stigmatizzata è stato fondamentale. L’equipe medica di Careggi è stata davvero essenziale in questo: ha saputo riconoscere un vuoto assistenziale che riguardava le persone transgender di ogni età e ha saputo colmarlo con professionalità e serietà.

“Leonardo non ha mai avuto dubbi su chi fosse e l’equipe medica di Firenze ci ha aiutato moltissimo a capire quale fosse la maniera migliore di agire. Non ha supportato psicologicamente solo nostro figlio, ma anche tutto il nucleo familiare. Inizialmente mio marito faceva fatica a lasciare andare quella che credeva essere la sua bambina ed è stato essenziale avere dei professionisti accanto a noi che per anni non ci hanno mai lasciato. Siamo arrivati a Careggi nel 2018. Da quel momento abbiamo ricevuto un supporto costante. Mio figlio sapeva che poteva sempre contare sulle psicologhe preparatissime del centro che, oltre agli incontri fissi, erano sempre a disposizione. Quando è arrivata la pubertà Leonardo ci ha pensato bene, ha provato a vedere se il corpo che cambiava era qualcosa con cui poteva convivere e quando la risposta è stata no ha iniziato il trattamento con i sospensori della pubertà. Affinché ce li potessero prescrivere sono serviti moltissimi controlli: analisi del sangue, densitometria ossea, dosaggi ormonali, ulteriori valutazioni psicologiche e la decisione finale dell’equipe multidisciplinare che in riunione stabilisce caso per caso i percorsi adatti a ogni persona”.

Leonardo è un ragazzo bello, con un gran carattere e una risata dolce. Quest’anno sta finendo il liceo e ha già ottenuto il cambio anagrafico. Grazie all’attento lavoro svolto dall’ospedale di Careggi è un ragazzo che non ha perso la sua adolescenza e questa è l’immensa opportunità che un centro preparato e dei professionisti seri offrono ai nostri figli e alle nostre figlie. Troppo spesso le persone transgender dichiarano di aver iniziato a vivere da adulte, ma non perché da giovani non fossero transgender, ma perché non hanno avuto l’opportunità di essere supportate nella loro crescita da chi sapesse come accompagnarle.

“L’equipe multidisciplinare dell’ambulatorio di affermazione di genere di Careggi ha letteralmente salvato mio figlio. Seguito per molto tempo presso la neuropsichiatria della nostra città, nessuno accoglieva quanto lui affermava e cioè di essere un ragazzo. Lo hanno tenuto parcheggiato per anni” mi racconta la mamma di Tommaso. “Al secondo tentativo di suicidio, quando ormai io pensavo che mio figlio non sarebbe più stato felice perché i medici continuavano a dirmi che aveva un serio problema psichiatrico, ci siamo dati l’ultima possibilità chiamando l’ospedale di Careggi. Vista la situazione ci hanno ricevuto in urgenza. Mio figlio solo a sentirsi chiamare Tommaso e non con il suo nome femminile ha cambiato espressione del viso. Lo hanno preso in carico, lo hanno aiutato a uscire dalla sua depressione senza invalidare il suo sentirsi ragazzo. Mese dopo mese mio figlio ha iniziato a fiorire. Oggi è diplomato, sta facendo l’università, ha una bellissima ragazza e una vita felice come ha sempre meritato di avere. Ho letto in questi giorni che si dice che siano i medici a costringere le famiglie a far iniziare i percorsi di affermazione di genere ai propri figli e alle proprie figlie quasi sotto minaccia che l’alternativa sia il suicidio. Io posso garantire che è il contrario, cioè i centri medici preparati come Careggi sono salvifici per garantire la salute e il benessere della persona”.

Ieri e oggi l’ospedale di Careggi sta subendo un’ispezione da parte del ministero della Salute che vuole controllare il suo operato. Mi arrivano ormai da giorni telefonate e messaggi di famiglie stupite e preoccupate. Da tutta Italia si rivolgono all’ospedale di Careggi per i percorsi di affermazione di genere proprio perché sono professionali, presenti e scrupolosi. “A volte pure troppo” mi dice la mamma di Francesco, “abbiamo dovuto fare non so quanti viaggi dalla nostra città a Firenze per poter finalmente avere una valutazione che ci permettesse di iniziare i trattamenti farmacologici: la psicologa, lo psichiatra, i test che ogni volta ci venivano proposti, oltre a tutte le varie analisi ovviamente. È stato lungo e pesante e mi domando come sia possibile che ora si dica che invece vai e in un attimo fai tutto! Non è proprio realistico”.

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