Era stato arrestato per aver curato da latitante il latitante più ricercato d’Italia – Matteo Messina Denaro – e lo scorso luglio era stato scarcerato dopo cinque mesi di detenzione. Mercoledì pomeriggio davanti al Tribunale di Marsala, presieduto da Vito Marcello Saladino, il processo al medico di Campobello di Mazara Alfonso Tumbarello, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa e falso in atti pubblici per avere redatto numerosi certificati per consentire all’allora boss latitante di potersi curare sotto il falso nome di “Andrea Bonafede”. Il boss – affetto da un tumore – è morto lo scorso settembre.

A rappresentare l’accusa è il pm della Dda Gianluca De Leo, mentre a difendere Tumbarello sono gli avvocati Gioacchino Sbacchi e Giuseppe Pantaleo. Ad inizio udienza, hanno ribadito la richiesta di costituzione di parte civile l’Ordine dei medici della provincia di Trapani, alcune associazioni antimafia, i comuni di Campobello di Mazara e di Castelvetrano. È la prima volta che l’Ordine dei medici di Trapani si costituisce contro un proprio iscritto. La difesa, come già fatto, senza successo, nell’udienza preliminare, si è opposta a quasi tutte le richieste di costituzione di parte civile, tranne che per il comune di Campobello di Mazara. Sull’eccezione difensiva il Tribunale di Marsala deciderà il 12 febbraio.

Tumbarello, presente in aula, era stato arrestato lo scorso 7 febbraio con l’accusa di avere avuto un ruolo determinante nella latitanza di Messina Denaro. “Le cure assicurate personalmente da Tumbarello – aveva scritto il giudice le indagini preliminari Alfredo Montalto nell’ordinanza – hanno garantito a Messina Denaro non solo le prestazioni sanitarie necessarie per le gravi patologie sofferte, ma soprattutto per quel che qui rileva, la riservatezza sulla sua reale identità, e dunque continuare a sottrarsi alle ricerche, restare a Campobello di Mazara, e gestire l’associazione mafiosa”. Tumbarello si sarebbe occupato delle prescrizioni per la cura del cancro di Messina Denaro, intestate però al prestanome dell’identità al boss, il geometra Andrea Bonafede, nato nel 1963 e omonimo di un cugino nato nel 1968 e anche lui arrestato. Secondo l’accusa, il medico avrebbe visitato personalmente Matteo Messina Denaro e sarebbe stato consapevole della sua identità.

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