Dopo oltre 70 anni apre il primo negozio di alcolici in Arabia Saudita, nella capitale Riad. Il negozio si trova accanto ad un supermercato nel quartiere diplomatico della capitale e offre liquori, vino e due tipologie di birra. I commessi sono tenuti a chiedere ai clienti il loro documento d’identità da diplomatico e poi di lasciare i loro cellulari all’interno di alcune custodie e non utilizzarlo. Il negozio è accessibile solo ai diplomatici non musulmani, ma si tratta comunque di un passo per un paese ultraconservatore, nel momento in cui il principe ereditario Mohammed bin Salman ha l’obiettivo di rendere lo stato una destinazione turistica e commerciale e ospitare i principali eventi globali, sportivi e non.

L’apertura del negozio coincide anche con la pubblicazione di un articolo su Arab News (proprietà del Saudi Research and Media Group, allineato allo stato) che descrive le nuove regole sulla vendita di alcolici ai diplomatici nel regno, mirate a “frenare l’importazione incontrollata di questi beni speciali e liquori all’interno delle spedizioni diplomatiche”. Infatti per anni, i diplomatici hanno importato i liquori nel regno attraverso le valigie diplomatiche. Chi non aveva accesso li acquistava invece attraverso il contrabbando o li produceva autonomamente. Chi fosse arrestato e condannato poteva affrontare lunghe pene detentive. Nell’Islam bere alcolici è considerato proibito (o “haram“), ma Arabia, Kuwait e Sharjah sono rimaste alcune delle poche nazioni degli ad averne vietato il consumo.

Il divieto di vendita era in vigore dagli anni 50 del secolo scorso. L’allora re Abdulaziz interruppe la vendita dopo che uno dei suoi figli, il principe Mishari, ubriaco, sparò con un fucile e uccise il vice console britannico. Dopo la rivoluzione islamica iraniana della fine degli anni 70, i governanti dell’Arabia Saudita abbracciarono il wahabismo – dottrina islamica ultraconservatrice – che portò a misure rigorose di separazione di genere come il divieto di guida per le donne.

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