Ok definitivo del consiglio dei ministri alla versione finale del decreto legislativo che introduce il concordato preventivo biennale con il fisco per autonomi e piccole imprese. Il governo, come confermato nei giorni scorsi dal viceministro Maurizio Leo, ha accolto la principale richiesta arrivata due settimane fa dai senatori di maggioranza in commissione Finanze: non riservarlo ai contribuenti virtuosi sulla base delle “pagelle fiscali” Isa (Indici sintetici di affidabilità fiscale), ma consentirlo a tutti. Compresi quelli con punteggi Isa sotto l’8, vale a dire probabili evasori. Non è passata invece l’altra indicazione del Senato, in base alla quale la proposta delle Entrate non avrebbe dovuto di norma superare il 110% del reddito dell’anno di riferimento. Cosa che avrebbe platealmente legittimato l’evasione. Basta comunque l’accesso generalizzato per mandare il messaggio che dichiarare il dovuto è inutile: infatti i vantaggi ora riservati solo a chi ha un buon punteggio Isa saranno concessi anche agli inaffidabili.
Vero è che molto dipenderà, in concreto, da come si muoverà l’amministrazione fiscale al momento di calcolare il reddito ipotetico sul quale il contribuente pagherà le tasse nei due anni successivi senza dovere nulla di più se i ricavi si riveleranno superiori alle stime e ottenendo pure una riduzione del rischio di subire accertamenti. Sulla carta, l’Agenzia potrà utilizzare le informazioni contenute nelle banche dati a cui ha accesso e alzare l’asticella proponendo di accordarsi su una cifra anche molto superiore rispetto a quelle dichiarate negli anni precedenti. Ma si tratterebbe di un’offerta assai poco conveniente per il destinatario. Più probabile che l’incremento prospettato sia contenuto.
Risultato: tutti i benefici del concordato andranno anche a contribuenti che in passato – stando a un’elaborazione del Sole 24 Ore – hanno dichiarato in media il 68,5% in meno rispetto a quelli virtuosi, senza pretendere in cambio un salto di qualità nella loro fedeltà fiscale. Un chiaro incentivo a continuare a nascondere ricavi, tanto più se si considera che chi occulta meno del 30% del dichiarato non decadrà dall’istituto, se scoperto. Messaggio che potrebbe avere impatti non trascurabili sulla cosiddetta compliance. En passant va ricordato che i potenziali aderenti fanno parte della categoria che, stando alle relazioni annuali sull’evasione fiscale e contributiva, hanno la maggiore propensione ad evadere.
E così si arriva all’ultimo tassello, il gettito. La relazione tecnica ipotizzava poco più di 600 milioni di introiti annui aggiuntivi, tutti però derivanti dalla necessità di arrivare a un punteggio Isa di almeno 8 per poter accedere alla nuova opzione. Ora che quel requisito viene meno – come chiesto dalle associazioni dei commercialisti, che hanno un diretto interesse nell’ampliamento della platea dei potenziali beneficiari – i conti non tornano. Se si tiene conto anche dell’incentivo di cui sopra, invece che aumentare i ricavi dello Stato rischiano di ridursi in maniera significativa.