di Franco Failli

Si è scritto che le persone che si sono riunite in via Acca Larentia per salutare romanamente i camerati caduti sono una minoranza trascurabile rispetto ai 60 milioni di cittadini italiani. Se sostituiamo “trascurabile” con “poco importante” non cambia minimamente il senso del discorso. Ma è vero che è sempre corretto definire un fenomeno come “poco importante” pensando ai rapporti numerici tra la popolazione che ne è interessata e quella che non lo è?

Se parlassimo della diffusione di un fenomeno come la comparsa dell’alluce valgo o il gradimento del cinema horror, sarebbe corretto considerare l’importanza del fenomeno come proporzionale alla quantità di risorse che è opportuno investire per curare tali pazienti o per produrre tale tipo di film. In questi casi valutare quante sono le persone coinvolte nel fenomeno, e quale sia il rapporto della loro quantità con la numerosità totale della popolazione dà, in effetti, un dato significativo per guidare le scelte conseguenti. Ma se pensiamo al numero di persone contagiate da un fattore patogeno? Siamo freschi di pandemia, e quindi sappiamo bene che anche un solo portatore è in grado di creare danni immensi. In quel caso il rapporto tra i contagiati e il totale della popolazione non è un buon indicatore per valutare l’importanza del fenomeno. Stesso discorso nel caso di cellule tumorali, che inizialmente sono pochissime rispetto al totale delle cellule del corpo umano, e uccidono l’organismo ben prima di diventare la maggioranza.

E che dire di un evento che avesse visto riunirsi una comunità di serial killer inneggianti allo scannamento generale della cittadinanza? Sarebbe lecito dire: “ma sono pochi rispetto al totale della popolazione”? Ovviamente no, visto che la loro aggressività potrebbe produrre decine o centinaia di vittime per ogni singolo partecipante. Quindi per capire la pericolosità del fenomeno il numero da usare in rapporto alla popolazione totale non sarebbe quello dei partecipanti alla inquietante manifestazione, ma quello del numero totale di vittime prevedibili. E a questo punto credo sia necessario chiarire bene una cosa.

Gli esempi fatti non vogliono assolutamente proporre le equazioni fascismo uguale virus, fascismo uguale tumore o fascisti uguale serial killer. Sono solo metafore che servono a capire che il mero rapporto statistico tra quantità di individui non è sempre lo strumento migliore per analizzare e capire un fenomeno e la sua importanza. Usando le metafore si possono far comprendere meglio alcuni concetti, ma le metafore di un fenomeno non sono il fenomeno, e non servono assolutamente a suggerire azioni adeguate a fronteggiarlo. È ovvio che se diciamo che la povertà si sta allargando a macchia d’olio, la soluzione non è quella di spruzzare tonnellate di smacchiatore sulle folle.

Per ragionare sulla manifestazione di via Acca Larentia è quindi necessario riflettere bene sul fenomeno specifico, capirne le motivazioni, i collegamenti, la penetrazione e le possibili conseguenze, senza lasciarsi fuorviare da sentimentalismi o paure e anche da valutazioni quantitative troppo semplicistiche che minimizzano il fenomeno e lo spazzano via dalla vista, lasciandolo a fare il suo lavorio sotto un tappeto. Servirebbe quindi l’azione di intellettuali che investigassero e unissero l’esperienza e la profondità del loro pensiero all’azione di giovani che suggeriscano loro i modi migliori per diffondere le idee e favorire il dibattito, visto che i vecchi media come giornali e televisione generalista non sono più sufficientemente pluralisti e comunque sono snobbati proprio dai giovani, che sono invece i destinatari principali di un pensiero che abbia come scopo quello di farli allontanare da un futuro poco raccomandabile.

Abbiamo gli uni e gli altri? Cerchiamoli tra di noi. Potremmo avere delle belle sorprese.

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