ArcelorMittal sta spegnendo l’Ilva di Taranto. In una sorta di riedizione di quanto avvenuto nel 2019, quando il colosso franco-indiano tentò la fuga da Taranto venendo accusata di voler “eliminare un concorrente”, il governo e i sindacati lanciano l’allarme sulle mosse del socio privato di Acciaierie d’Italia, la società partecipata dalla pubblica Invitalia che gestisce il siderurgico. Mentre ondeggia tra una trattativa in extremis e l’amministrazione straordinaria, l’acciaieria di Taranto agonizza. Per volontà di Mittal, sostengono i metalmeccanici chiedendo un intervento immediato di fronte a una “situazione di estrema gravità” con “rischi per la sicurezza dei lavoratori e la continuità produttiva”, avvisa il segretario generale della Uilm Rocco Palombella.

“È in atto da giorni la fase di spegnimento di diversi impianti, che ha già comportato la fermata dell’altoforno 2 e la preparazione della fermata delle batterie coke. Tutto questo si aggiunge allo stop dell’Afo 1 dell’agosto scorso, dell’acciaieria 1, dell’agglomerato e di molti altri impianti”, ricorda il leader della Uilm denunciando anche lo “spostamento illecito” degli operai da un impianto all’altro “senza un’adeguata conoscenza del lavoro e dei rischi”.

Un’accusa, quest’ultima, che l’azienda ha rispedito nettamente sostenendo di lavorare nel “rispetto della legge”. I sindacati si aspettano che ora “siano effettuate immediatamente tutte le verifiche necessarie per arrestare questo processo distruttivo”. Da Taranto a Genova, fino a Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Legnaro, gli impianti “sono di fatto fermi”, sottolinea il responsabile siderurgia della Fiom, Loris Scarpa. Dentro la fabbrica di Taranto, la situazione è di “assoluta confusione”, denuncia il segretario locale dei metalmeccanici Cgil Francesco Brigati.

L’alert rilanciato anche da Fiom, Fim e Usb – che lunedì saranno in strada per protestare contro la situazione del siderurgico – ha messo sul chi va là il governo. Venerdì mattina il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha chiesto a Invitalia e ai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria, ancora proprietaria degli impianti, di mettere in campo “tutte le azioni necessarie al fine di garantire la continuità produttiva”. La paura del governo, detta in soldoni, è di ritrovarsi a controllare gli impianti moribondi tra qualche settimana, quando potrebbe essere attivata l’amministrazione straordinaria.

Così Invitalia ha scritto una lettera ad Acciaierie d’Italia chiedendo di “assumere tutte le iniziative necessarie per garantire la continuità aziendale” ed esprimendo “grande preoccupazione” per l’eventuale spegnimento degli impianti che avrebbe “gravissime conseguenze, potenzialmente disastrose e irreversibili” per i lavoratori e l’indotto. La controllata del ministero dell’Economia ha inoltre chiesto di “essere informata tempestivamente delle iniziative assunte dai commissari in relazione all’ispezione che gli stessi avrebbero richiesto sugli impianti”.

Subito dopo la richiesta dell’esecutivo, infatti, anche i commissari di Ilva in as hanno fatto sapere di aver “richiesto” ad Acciaierie d’Italia “aggiornamenti urgenti” sul funzionamento degli impianti e hanno richiesta di aprire i cancelli a una “visita ispettiva”. Trasparenza, insomma, altrimenti – come sottolineato del governo – non sono da escludere “tutte le azioni necessarie” per garantire la salvaguardia degli impianti. Intanto Urso sta cercando di preparare il terreno al post-Mittal. Giovedì ha incontrato Mark Vassella, amministratore delegato di BlueScope Steel, gruppo siderurgico australiano che collabora con Tata e Nippon Steel, e il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano per discutere le misure per le aziende dell’indotto.

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