È una di quelle giornate che segnano un prima e un dopo, e nel quale gli aggettivi si sprecano. Perfetto, dominante, inedito, storico. Una linea di demarcazione che segna un prima e un dopo, per una carriera e probabilmente per la storia di un movimento intero. Jannik Sinner è in finale agli Australian Open, la prima in carriera. Jannik Sinner batte il numero 1 del mondo Novak Djokovic con il punteggio di 6-1 6-2 6-7 6-3, interrompendo la striscia vincente del serbo che durava dagli ottavi di finale dell’edizione 2018, 33 partite consecutive. Lo fa in semifinale, come mai nessuno era riuscito a fare a Melbourne. Né Rafael Nadal, né Roger Federer. Djokovic aveva un record di dieci semifinali vinte su dieci. Era un sentenza insomma, fino all’arrivo di questo 22enne nato a San Candido che sta riscrivendo il rapporto tra il tennis e l’Italia. È il primo azzurro a conquistare l’ultimo atto di un Major sul cemento. Sinner diventa il quinto tennista italiano in finale in singolare maschile in uno Slam, due anni e mezzo dopo Matteo Berrettini a Wimbledon. Prima di loro c’erano stati Giorgio De Stefani (Roland Garros 1932), Nicola Pietrangeli (Roland Garros 1959, 1960, 1961, 1964) e Adriano Panatta (Roland Garros 1976). Per Djokovic sfuma il record assoluto di titoli Slam a quota 25, così come manca l’aggancio a Margaret Court nella speciale classifica degli Australian Open vinti: 10 per lui, 11 per l’australiana.
Dopo la finale alle Atp Finals e la vittoria in Coppa Davis (annullando tre match point a Djokovic in semifinale), per Sinner arriva questo nuovo cambio di prospettiva, forse quello definitivo. Vincere agli Australian Open contro Novak Djokovic, sulla Rod Laver Arena, è infatti l’impresa più grande che il tennis mondiale può mettere a disposizione in questo momento, alla pari forse del superare Rafael Nadal in finale al Roland Garros. Qualcosa di titanico che certifica un cambio di status, indipendemente da come andrà la finale di domenica contro uno tra Alexander Zverev e Daniil Medvedev.
Primo set – Concentrato, aggressivo, dominante. L’inizio della partita è tutto dalla parte di Sinner, per niente intimorito di trovarsi sulla Rod Laver Arena contro Novak Djokovic, in una semifinale Slam. Un approccio che dà immediatamente i suoi frutti. Lo schiaffo al volo sul primo turno di servizio di Nole vale il break alla prima occasione. Lento, falloso e stranamente in tensione, per il serbo equivale a un cazzotto. Non è un caso che poco dopo sia costretto ad annullare una nuova occasione per Jannik, per poi cedere nuovamente la battuta. Il suo rovescio in avanzamento è lungo. L’azzurro non si fa pregare oltre, costruendosi due set point. Il primo non va a segno, ma non il secondo: 6-1 Sinner in appena 35 minuti di gioco.
Secondo set – Tutti si aspettano la reazione di Nole, e questa arriva, ma solo per un game. L’inerzia infatti non cambia. Dopo un turno di servizio tenuto a zero, Nole riprende a commettere tantissimi errori, sotto la pressione di un Sinner che continua ad essere solidissimo nei colpi. Due palle break, basta la prima. il rovescio di Nole è fuori. Un vantaggio che non solo Sinner conferma con grande autorità, ma addirittura raddoppia. Sì, perché anche in questo parziale arriva il doppio break. Il motore di Djokovic non gira, e Sinner non ha il minimo cedimento. L’altoatesino con uno schiaffo al volo annulla un’occasione di 4-3 di Nole e poi si costruisce una nuova palla break, annullata dopo uno scambio duro. Finita? Non proprio, perché Jannik alla fine strappa ancora il servizio al serbo: 5-2. Djokovic prova una timida reazione, sale 0-30 ma Sinner, forte del vantaggio, non si disunisce. Al secondo set point l’azzurro chiude: 6-2. Mai nessuno agli Australian Open è stato avanti 2-0 in semifinale contro il serbo.
Terzo set – Posto in una situazione inedita e con l’acqua alla gola, Nole inizia a scuotersi. I colpi sono più efficaci, il ritmo più alto. Eppure questo non evita un’altra palla break per Jannik. L’azzurro non la sfrutta e così Nole si salva con una grande contro-smorzata a chiudere il game. L’equilibrio questa volta tiene, anche perché il serbo sembra essere entrato finalmente nel match. I colpi sono più precisi e incisivi, gli errori calati. Non è ancora la sua migliore versione, ma abbastanza da costringere Jannik a rimontare da 0-30 nel quarto gioco. Sinner controlla, gestisce e grazie al servizio continua però a non concedere niente. Nemmeno sul 5-4 Djokovic, quando è chiamato a servire per difendere il terzo parziale. Il tie-break a questo punto è inevitabile. Mini-break, contro mini-break, mini-break, contro mini-break. Un roulette di tensioni in cui alla fine spunta un match point per Sinner. Nole tiene e alla fine il diritto dell’azzurro si ferma sul nastro. Un passante in corridoio di Jannik vale un set point per il serbo, un rovescio lungo l’intero parziale, 7-6. La resilienza di Nole riapre la partita.
Quarto set – Contraccolpi? Nessuno. Sinner riparte al servizio con autorità, mentre Djokovic continua a faticare. Jannik ha subito tre palle break. Nole le annulla, con un diritto, un ace e un servizio vincente. Il serbo alza il livello ma gli errori continuano, così come i passaggi a vuoto. Sul 2-1 si fa rimontare da 40-0, regalando una nuova occasione a Sinner con un doppio fallo. Questa volta Jannik non si fa pregare e si prende il break con l’ennesimo rovescio lungo di Nole, 3-1. La reazione del numero 1 del mondo arriva, i colpi sono rabbiosi e d’istinto, il punteggio si fissa più volte ai vantaggi, ma alla fine la palla del contro-break non arriva. L’azzurro tiene con coraggio e carattere, confermando il break ottenuto pochi istanti prima. Sul 5-3 l’azzurro serve per la finale e la tensione cresce esponenzialmente, e non a caso arriva anche il primo doppio fallo di tutta la partita. Problemi? Nessuno. Jannik riparte come se niente fosse, si costruisce un nuovo match point e un vincente di diritto lungolinea dà inizio a una nuova storia. Per sé stesso e, probabilmente, per il tennis.