Non fu Beniamino Zuncheddu l’autore della strage di Sinnai, in provincia di Cagliari, dove l’8 gennaio del 1991 furono uccisi tre pastori. Alla fine del processo di revisione i giudici della Corte di Appello di Roma hanno assolto l’ex allevatore di Burcei, altro centro della Sardegna. “È la fine di incubo”, ha detto Zuncheddu, che era presente in aula. L’uomo si è sempre proclamato innocente. Era stato condannato all’ergastolo, mentre alla fine del processo di revisione è stato assolto per non aver commesso il fatto. I giudici hanno anche disposto la trasmissione degli atti alla procura di Roma in relazione a tre testimonianze rese in aula, tra cui quella dell’ex poliziotto che si occupò delle indagini all’epoca. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni.

Il processo di revisione – Con la decisione dei giudici l’uomo torna libero dopo più di 33 anni di carcere. La sentenza è stata accolta con emozione dai tanti presenti in aula, moltissimi arrivati dalla Sardegna, che hanno applaudito per alcuni instanti dopo la lettura del dispositivo. “Beniamino è una persona incredibile che non meritava quello che ha subito”, ha detto Mauro Trogu, difensore dell’ormai ex imputato. Dopo alcune ore di camera di consiglio la Corte d’Appello ha, quindi, accolto le richieste del procuratore generale, Francesco Piantoni, che nel corso della requisitoria ha ricostruito trent’anni di vicenda giudiziaria ponendo al centro del suo discorso la credibilità di Luigi Pinna, oggi 62 anni e unico superstite della strage in cui furono uccisi a colpi di fucile, all’interno di un ovile, Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24 anni e Ignazio Pusceddu, 55enne, che lavorava alle dipendenze dei due.

Il teste chiave – All’udienza dello scorso 14 novembre è arrivato il colpo di scena: Pinna ha ammesso che il poliziotto che allora conduceva le indagini gli mostrò la foto di Zuncheddu indicandolo come il colpevole. “Prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Beniamino Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così. Ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata”, ha detto il teste chiave in aula. Pinna poi aveva aggiunto: “Penso che quel giorno a sparare furono più persone, non solo una. Con un solo fucile non puoi fare una cosa del genere”. Il superstite, contraddicendosi varie volte, aveva spiegato che il killer “aveva il volto travisato da una calza”. Una testimonianza carica di emozione tanto che in varie occasioni Pinna ha detto: “Non ce la faccio più, sto impazzendo, vorrei morire. In questi anni sono stato minacciato varie volte”. Dopo le parole del testimone chiave, i legali di Zuncheddu avevano ottenuto la sospensione della pena per il loro assistito, in attesa che arrivasse la sentenza.

La pista sbagliata – Durante il processo il pg ha fatto riferimenti all’eventuale movente e all’alibi dell’imputato tornando anche all’attività di indagine svolta dopo il massacro. All’epoca gli inquirenti puntarono dal primo momento su dissidi tra gli allevatori della zona e in particolare tra la famiglia Fadda e quella degli Zuncheddu, famiglia di Burcei, che gestivano un altro ovile. La polizia imboccò questa pista alla luce di alcuni episodi che si erano verificati prima della strage e in particolare l’uccisione di alcuni capi di bestiame e cani nonché le liti da ciò scaturite tra gli allevatori. Dopo la sentenza l’avvocato Trogu ha spiegato: “Abbiamo studiato tanto con i consulenti che mi hanno supportato ci siamo convinti nell’intimo dell’innocenza di Beniamino: le carte parlavano di prove a carico assolutamente contradditorie, le indagini difensive hanno dimostrato la falsità di quelle prove. E poi perché abbiamo conosciuto Beniamino. Io auguro a chi abbia anche solo un minimo dubbio di berci un caffè insieme e questo dubbio verrà cancellato”.

Il triplice omicidio dell’ovile – La strage si consumò in pochi minuti. Il killer arrivò a Cuile is Coccus a Sinnai a bordo di uno scooter e uccise prima Gesuino Fassa, che si trovava nella strada di accesso all’ovile, per poi risalire in direzione del recinto di bestiame per fare fuoco in direzione del figlio Giuseppe. Pusceddu fu invece ucciso mentre si trovava all’interno di una baracca assieme a Pinna. All’epoca Zuncheddu aveva 27 anni, venne fermato dopo pochi giorni e iniziò per lui un calvario giudiziario: non poteva immaginare di dover aspettare quasi 33 anni.

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