L’annuncio di Jürgen Klopp dell’addio al Liverpool a fine stagione, attraverso i canali d’informazione del club, non è solo una notizia che scuote il mondo del calcio, ma è in linea con il personaggio: mai banale, sorprendente, adrenalinico. Klopp ha deciso di comunicare urbi et orbi una decisione comunicata ai vertici dei Reds lo scorso novembre, in un contesto in cui il Liverpool è lanciatissimo: leader in Premier, finalista in Coppa di Lega contro il Chelsea il 25 febbraio, in corsa in FA Cup ed Europa League, potenziale vincitore di quattro trofei. Un momento magico, nel quale questa news piomba come una meteorite.
La tesi di Klopp, guru dei Reds dall’ottobre 2015, è legittima, condivisibile e, soprattutto, onesta: “Ritengo di non avere più le energie necessarie per continuare a lavorare in questo club”. Considerato che il manager tedesco ha 56 anni ed è ancora nel pieno del suo vigore, si tratta di calo di motivazioni: dopo aver conquistato tutto con i Reds – Champions, Supercoppa Uefa e Mondiale per club nel 2019, la Premier nel 2020, Fa Cup, Coppa di Lega e Supercoppa d’Inghilterra nel 2022 -, è legittimo sentirsi scarichi e cercare nuove avventure, nuovi orizzonti, nuovi obiettivi. Klopp ha la percentuale-vittorie più elevata degli allenatori della storia del Liverpool (60,7%): nessuno come lui. I Reds sotto la sua guida hanno giocato 466 partite – 283 successi, 185 pareggi e 78 sconfitte – e segnato 972 gol: uno show prolungato.
Le parole del padre del Gegenpressing sono eloquenti: “Posso capire che sia uno shock per molte persone in questo momento, ma voglio provare a spiegarlo. Amo assolutamente tutto di questo club. Amo la città. Amo i nostri tifosi, la squadra, lo staff. Amo tutto. Ma il fatto che io prenda comunque questa decisione, dimostra che sono convinto che sia quella giusta. Il problema è che sono a corto di energie. So che non potrò lavorare all’infinito nel Liverpool. Mi auguro che questa mia decisione ci dia la scossa giusta per dare il massimo nella parte finale della nostra stagione”. Il commento del club: “Perdiamo non solo un grande allenatore, ma una bella persona per cui proviamo una profonda gratitudine. Rispettiamo la sua decisione e da oggi dobbiamo lavorare per il futuro della nostra squadra”.
Il calcio internazionale si ritrova all’improvviso senza uno dei migliori manager degli ultimi quindici anni, l’unico a opporsi in qualche modo allo strapotere di Pep Guardiola e del Manchester City degli sceicchi. La casella Liverpool ha già un candidato forte: lo spagnolo Xabi Alonso, 42 anni, tecnico del Bayer Leverkusen, in vetta nella Bundesliga, imbattuto tra campionato, Coppa di Germania e Europa League (27 gare, 24 vittorie e 3 pareggi, 88,89% la strabiliante percentuale successi). Alonso conosce bene la realtà di Liverpool: ha indossato la maglia dei Reds dal 2004 al 2009. E’ un emergente del mondo delle panchine. Il suo calcio è d’assalto, in linea con la cultura della Premier.
Klopp ha dichiarato che “vuole prendersi una pausa, se non addirittura smettere”. La speranza per il calcio è che abbia solo bisogno di un anno di riposo: il suo Gegenpressing merita un’altra bella storia in Europa. Magari al timone di un grande progetto. Potrebbe tornare nella sua Germania, oppure andare in Spagna, un eventuale Barcellona post Xavi potrebbe guardare a lui. In Italia, da oggi è un nome che può frullare nella testa della dirigenza del Milan, ad esempio. Klopp avrebbe nel Sud Europa il problema della lingua, ma l’uomo ha intelligenza e slanci da superare questo ostacolo. In teoria anche in Arabia Saudita potrebbero pensare a lui, ma riesce davvero difficile immaginarlo nel calcio del deserto.