Il grande evento c’è stato, la festa è finita. Adesso resta il conto da pagare: nei bilanci della Federazione Golf c’è una voragine di quasi 13 milioni di euro aperta dalla fantasmagorica Ryder Cup, la manifestazione che doveva cambiare la storia del golf italiano. E quasi ce l’ha fatta, ma in peggio: se non fosse intervenuto lo Stato – cioè i contribuenti – a mettere una toppa al buco nei conti federali (6 milioni subito, il resto tramite un prestito del Credito sportivo), ora staremmo parlando del fallimento della federazione. Tutte le previsioni sul boom di tesserati e ricavi sono state sballate, l’ultimo bilancio 2022 si è chiuso in rosso, il prossimo sul 2023 – l’anno della gara – sarà disastroso e si mangerà l’intero patrimonio. E tutto questo nonostante la bellezza di 60 milioni di contributi pubblici già concessi e di una garanzia statale di 97 milioni, che per ora è salva.
COME VOLEVASI DIMOSTRARE: LA RYDER CUP HA INDEBITATO IL GOLF ITALIANO – È successo quello che Il Fatto Quotidiano ha sempre sostenuto, fin da tempi non sospetti, quando nell’entusiasmo generale per un’assegnazione storica, il governo renziano imboscava nella manovra il maxi-finanziamento statale, oltre a una garanzia per altri 97 milioni di euro. Organizzatori e politici assicuravano che sarebbe stato un successo planetario. Che la Ryder – il terzo evento sportivo più seguito al mondo, non si è mai capito in base a quale criterio – avrebbe portato un ritorno sicuro al Paese e si sarebbe ripagata da sola. Di sicuro a Roma c’è stato il pienone di turisti per una settimana, gli inglesi si sono regalati una cornice da sogno per la loro manifestazione, la famiglia Biagiotti proprietaria del “Marco Simone” si è rifatta il campo e il n.1 del golf italiano, Franco Chimenti, verrà ricordato come il presidente che ha portato il trofeo in Italia. Loro sono i veri vincitori della Ryder Cup all’italiana. Ma i grandi eventi (vedi le Olimpiadi) non vanno mai come previsto: lo sforamento dei conti è assicurato. Soprattutto in Italia.
LO “SQUILIBRIO ECONOMICO-FINANZIARIO” E IL PIANO DI RIENTRO – II numeri dell’ultimo bilancio 2022, pubblicato solo a manifestazione conclusa – chissà se per semplice coincidenza o per non guastare la festa – rivela il duro risveglio per il golf italiano dopo la sbornia dell’evento: rosso da 1,6 milioni di euro, patrimonio netto ormai ridotto all’osso, ma soprattutto la proiezione di un grave “squilibrio economico-finanziario”, che ha già costretto la Federazione a chiedere al Coni un piano di rientro fino al 2027. In due parole: la FederGolf si è indebitata per ospitare la Ryder Cup. E per quanto la relazione sui conti si affretti a precisare che un deficit nell’anno dell’evento era previsto, è evidente che qualcosa non abbia funzionato. È vero, di mezzo c’è stata una pandemia e una guerra, il caro prezzi, una serie di spese impreviste. Ma di sicuro sono state sbagliate anche alcune previsioni, come ad esempio quella sui tesserati, che il sogno della Ryder avrebbe dovuto moltiplicare (insieme ai ricavi), e invece sono gli stessi di prima.
CONTI POCO TRASPARENTI: LO DICONO ANCHE I REVISORI – Dove si sia aperto esattamente un buco di simili proporzioni non è chiaro, anche perché sui numeri c’è sempre stata poca trasparenza. Il business plan non è mai stato pubblicato. I conti dell’evento sono stati mischiati con quelli della Federazione, e gli stessi revisori hanno più volte rimarcato come “risulta complesso stimare l’impatto della Ryder Cup e seguire l’impegno economico per questo straordinario progetto”. Ad esempio, dentro il capitolo “Organizzazione delle manifestazione internazionali” – letteralmente esploso nel corso degli anni, dai 3,6 milioni pre-Ryder nel 2017 a 11 milioni nel 2022 – c’è di tutto, dal montepremi dell’Open d’Italia ai servizi del “Marco Simone”. Più una serie di voci vaghe e non meglio specificate come “Costi per altri servizi” (2,1 milioni), “Compensi per servizi tecnico-scientifici (1 milione), “Altre spese” (1,5 milioni). Anche il costo del personale è quasi raddoppiato nel corso degli anni, ormai sfiora i 3 milioni di euro.
IL BUCO DA 13 MILIONI LO COPRE LO STATO – Alla fine il golf italiano ha scoperto che la Ryder Cup costava più di quanto potesse permettersi. E che non bastava nemmeno la ricca dote governativa – 60 milioni di euro di contributi erogati a rate dalla partecipata Sport e Salute – già concessa all’evento, che in teoria avrebbe dovuto permettere di far quadrare i conti. Così non è stato. Nel preventivo 2023, il fabbisogno (cioè i soldi che mancano all’appello) viene quantificato in circa 13 milioni di euro. Sono numeri da mettere in discussione la continuità aziendale, cioè la capacità della Federazione di continuare ad operare regolarmente. Tutto scongiurato dalla soluzione escogitata brillantemente dai capi del golf italiano: a colmare il buco di bilancio ci penserà lo Stato. La Federazione ha potuto approvare regolarmente il bilancio grazie alla previsione di incassare nuovi contributi dallo Stato: altri 5-6 milioni a fondo perduto (uno e mezzo, come anticipato dal Fatto, lo aveva già garantito il ministro Abodi in primavera), più altrettanti con un prestito chiesto all’Istituto del Credito Sportivo (la banca dello Sport diretta fino a pochi mesi fa proprio dal ministro, ora affidata all’economista Beniamino Quintieri), per far fronte alla forte contrazione di liquidità (tradotto: non c’erano proprio abbastanza soldi in cassa per soddisfare i fornitori). In Federazione sottolineano come 5 milioni circa su oltre 130 di business plan rappresentino uno scostamento minimo, e rivendicano di aver mantenuto la promessa di non toccare la garanzia statale. Magra consolazione, visto che per salvarla servirà comunque l’intervento pubblico. Viva la Ryder. Tanto alla fine paga Pantalone.
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