Benjamin Netanyahu attacca la Corte Internazionale di Giustizia dopo la decisione del tribunale Onu di respingere la richiesta di archiviazione presentata da Tel Aviv rispetto alle accuse di genocidio mosse dal Sudafrica. Dopo un primo tentativo di frenare le dichiarazioni dei suoi ministri, anche lui va contro i giudici dell’Aja. Non solo la Corte ha deciso di portare avanti il procedimento, ma ha anche specificato che alcuni atti compiuti dallo ‘Stato ebraico’ “potrebbero configurare la violazione della convenzione sul genocidio“, stabilendo quali misure debbano essere prese dall’esecutivo per limitare le sofferenze della popolazione di Gaza, anche se non è stato al momento chiesto un cessate il fuoco.
Il primo ministro, ormai assediato dagli oppositori e pressato anche dagli alleati, aveva chiesto ai suoi ministri di non commentare le decisioni fino a quando non fosse “stata elaborata una posizione ufficiale di Israele”. Poi però ha cambiato subito postura: “La stessa affermazione che Israele compia un genocidio del popolo palestinese è non solo menzognera ma anche oltraggiosa. La disponibilità della Corte di prenderla in esame è un marchio di vergogna che non sarà cancellato per generazioni – ha dichiarato – Israele combatte una guerra giusta contro i mostri di Hamas e la Corte ha respinto giustamente la richiesta di privarci del diritto all’autodifesa“.
Il suo appello iniziale alla moderazione era stato ignorato, tra gli altri, dal ministro della Difesa e membro del gabinetto di guerra, Yoav Gallant, tra i primi a intervenire dopo essere stato tirato in causa dalla presidente della Corte, Joan Donoghue, per alcune frasi pronunciate nell’esercizio delle sue funzioni: “Lo Stato di Israele non ha bisogno di lezioni di moralità per distinguere tra terroristi e popolazione civile a Gaza – ha detto – La Corte è andata ben oltre quando ha accolto la richiesta antisemita del Sudafrica di discutere l’accusa di genocidio a Gaza e ora si rifiuta di respingere completamente la petizione. Quelli che cercano giustizia non la troveranno sulle sedie di cuoio del tribunale dell’Aja, ma nei tunnel di Hamas a Gaza, dove sono tenuti 136 ostaggi e dove si nascondono coloro che hanno ucciso i nostri figli”. Sfocia nelle accuse di antisemitismo alla Corte il più radicale ministro per la Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir che ha definito i giudici dell’Aja “antisemiti”, affermando che le loro decisioni “dimostrano ciò che era noto da tempo: il tribunale non cerca la giustizia ma solo di perseguitare il popolo ebraico“.
Umore diverso ovviamente nei palazzi della leadership palestinese. Il ministro degli Esteri, Riad al-Maliki, ha affermato in tv che “i giudici hanno stabilito i fatti e la legge, si sono pronunciati in favore dell’umanità e del diritto internazionale“. La Palestina, ha aggiunto, fa appello a tutti gli Stati affinché sia garantita la realizzazione dei provvedimenti richiesti dalla Corte, “anche da parte di Israele, che è la potenza occupante“. I vertici di Hamas, invece, riconoscono nella decisione dei giudici un passo importante che contribuisce a isolare Israele ed “esporre i suoi crimini a Gaza. L’occupazione applichi le decisioni” della Corte.
Uno dei principali sostenitori internazionali della causa palestinese, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha accolto positivamente la decisione dei giudici: “Considero preziosa la sentenza di ingiunzione provvisoria della Corte Internazionale di Giustizia sugli attacchi disumani a Gaza e la accolgo con favore”, ha scritto su X.
Spostandosi in Europa, la prima reazione è arrivata da Madrid, con il capo dell’esecutivo spagnolo, Pedro Sanchez, che accoglie “con favore la decisione della Corte internazionale di giustizia”, chiedendo “alle parti di applicare le misure provvisorie da essa decretate – ha scritto su X – Continueremo a sostenere la pace e la fine della guerra, il rilascio degli ostaggi, l’accesso agli aiuti umanitari e la creazione dello Stato palestinese accanto a Israele, in modo che entrambe le nazioni coesistano in pace e sicurezza”. L’Alto rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, e tutta la Commissione hanno invitato Israele ad applicare la decisione dell’Aja: “Le ordinanze della Corte internazionale di giustizia sono vincolanti per le parti e queste devono rispettarle: l’Unione europea si aspetta la loro piena, immediata ed effettiva attuazione“, si legge in una dichiarazione congiunta.