Il caffè stamattina ha un aroma buonissimo. Espresso italiano ovviamente! L’alba ha fatto sorgere un Jannik Sinner ancora più luminoso. Raggiante alla fine della semifinale vinta contro Novak Djokovic in 4 set (6-1/6-2/6-7/6-3). Caldo di braccio sin dal primo game ma glaciale nei momenti in cui il serbo ha provato a ricordare a tutti, e a se stesso, che è il numero 1 al mondo, il vincitore uscente, il più titolato negli Slam.

L’arma di Nole è stata spesso questa: mettere pressione sull’avversario con il blasone accompagnato da una varietà di colpi e una continuità di livello impressionante. Jannik Sinner ha disinnescato tutto questo nei primi due set giocati da extraterrestre. La vera impresa però l’ha compiuta nel quarto, respingendo con solidità l’inevitabile crescita di Djokovic e ricacciando indietro il ricordo della rimonta subita nel 2022 nei quarti di finale a Wimbledon. Il timore di vedersi riprendere e superare, come allora, ad un passo dal sogno, sarà passato nella mente di Jannik dopo aver perso il terzo set, al tie-break, dopo aver sprecato un match point. Il rischio che la mente rimanesse bloccata al rimorso per quel punto, che le gambe e il braccio tremassero, c’era.

Il quarto set è stata la prova di maturità definitiva per Sinner che in meno di due anni è cresciuto di testa, di colpi e oserei dire anche di cuore. Il settimo game del quarto set, dritto, recupero e volée ha piegato Nole che ha rivolto anche un applauso al suo avversario. Quasi una investitura.

Credo che l’ultimo scorcio della scorsa stagione, con la Coppa Davis vinta, ci abbia consegnato un ragazzo che sa vivere e mostrare le sue emozioni. Più legato al suo paese e consapevole, anche quando gioca per sé, di avere l’Italia a spingerlo. Questa consapevolezza lo ha reso anche più guascone e sciolto fuori dal campo e nelle interviste alla fine dei match vinti (iniziano ad essere tanti).

Forse qualche scettico, prima di arrendersi alla sostanza dei risultati, lo avrebbe voluto sin da subito più simpatico, più “italiano”. Io lo preferisco antipatico agli occhi degli sconfitti, i vincenti, alla lunga, generano questo sentimento misto ad ammirazione, rispetto, timore. Tutte frecce da riporre nella faretra di un aspirante fenomeno. Ne abbiamo avuto una prova alla vigilia del turno precedente con Rublev che aveva candidamente dichiarato di temere Sinner.

Da oggi lo devono temere tutti, a partire dall’avversario che dovrà frapporsi fra Jannik e il suo primo titolo Slam. E vincerlo, alla prima finale disputata, sarebbe un’altra grande impresa che vorrei raccontare!

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