Ma certo che ricordo! Ho negli occhi ancora tutto quello che accadde allora: l’accoglienza calorosa ricevuta appena sono arrivato, il desiderio che provavo che andasse tutto bene”. Di Luis Silvio Danuello abbiamo già parlato: d’altronde sarebbe stato un vulnus non farlo nei cinque anni di esistenza di questa rubrica. Stavolta, però, non abbiamo parlato di lui, ma con lui: attivissimo sui social, appesantito e senza più i riccioloni di una volta, ma con la stessa faccia furbetta. Sono passati più di 40 anni da quando arrivò a Pistoia assieme a Falcao, ignaro di aver viaggiato con un collega calciatore. Fa il commerciante oggi, anche se il calcio sembra restare il filo conduttore della sua vita: per il 90 per cento posta sui social articoli di quando era in attività, ritagli di giornale come quello del 1979, quando vinse la finale della Copa Sao Paulo de Futebol Junior, che titola “Luis Silvio, o craque da final”.

Tanto calcio, ma anche tanta Pistoiese: “Ma certo che pubblico tante cose sulla Pistoiese, Pistoia è la mia seconda casa!”. Anche se dalla seconda casa manca da quarant’anni. Innegabile però una strana alchimia: arrivò a 19 anni, Luis Silvio, dopo che Roberto Malavasi allenatore in seconda del club toscano vide un’amichevole del Ponte Preta da inviato in Brasile del presidente Melani. Era lì per tutt’altri obiettivi per la verità Malvasi, ma in quell’amichevole Luis Silvio segnò un gran gol e lo conquistò: e sì, anche quel ritaglio di giornale, titolo “Este gol levou Luis Silvio para Italia”, è conservato da Danuello ed esposto nel suo museo social. E le foto in maglia arancione sono tante, i tifosi pistoiesi che lo coccolano e lo acclamano come fosse un eroe sportivo, e non una meteora da sole sei presenze senza gol, incredibilmente tanti: “Ma perché se dal punto di vista sportivo è stata un’esperienza sicuramente negativa, quella di Pistoia dal punto di vista umano è stato il contrario. Sono cresciuto tantissimo come uomo in quel posto: ho grande affetto per la città e la tifoseria e sento il loro affetto. Per questo anche se potessi tornare indietro non cambierei proprio nulla di quello che ho fatto: farei tutto uguale, resto comunque contento di com’è andata e di quel che ho oggi”.

Bocciato prestissimo dunque, per tutta una serie di circostanze, l’equivoco della “ponta” che in Brasile è un’ala mentre in un’Italia senza Google Translate e con l’inglese che inizia timidamente a fare capolino a scuola, ponta non può che essere una punta, quel centravanti che la Pistoiese cercava e che avrebbe voluto vedere in campo, nonostante scarso non fosse, tuttavia è un’esperienza che gli chiude le porte del grande calcio: “Tornare in Italia? No non ho avuto più l’occasione dopo Pistoia: come ho detto, sportivamente l’esperienza fu negativa”. E anche con le leggende che si trascinò dietro quell’esperienza, dalla vendita di gelati ad altre bufale, se una volta Luis Silvio si arrabbiava, oggi è più mite: “Nella mia vita ho capito il valore del rispetto: ognuno può avere la propria opinione, si può anche essere in disaccordo ma non bisogna mai mancare di rispetto”.

Nelle esasperazioni odierne un esempio quasi zen: l’amore per una piazza dove si è fallito, l’ammissione di quel fallimento, l’accettazione col sorriso e senza scuse di una carriera non brillante. “Ho giocato con calciatori fortissimi: al Palmeiras ero accanto a Pedro Rocha, leggenda uruguayana, il più forte compagno che ho avuto. Nel Sudamericano Under 20 del 1979 ho giocato contro Diego Armando Maradona. Se si vedeva già allora che fosse un fenomeno? Scherzi? Aveva 18 anni e guidava l’Argentina come un comandante. Guarda quello che fece subito dopo nel mondiale di categoria! È lui l’avversario più forte ovviamente. Ho affrontato la Juve nel 1980 ed è stato un onore, non mi lamento”. Non intravede giocatori che gli somiglino oggi, perché sempre in base alla sua filosofia: “Nessuno è uguale all’altro, siamo tutti unici per fortuna”. E oggi tra un ritaglio di giornale e una giornata felice in spiaggia Luis Silvio ha una certezza: “Tornerò a Pistoia, di sicuro”. Un desiderio, che magari esprimerà domenica, soffiando su 64 candeline: sorridendo sempre, guardando con orgoglio ciò che si ha e ciò che si è fatto. E magari sei presenze conteranno più di dieci gol.

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