Dalle corti d'Appello arrivano le stesse istanze dalla Lombardia alla Sicilia: nei tribunali mancano risorse e personale. L'attacco del presidente del Tribunale di Palermo: "Mentre fioccano disegni di legge su istituti più volte riformati (prescrizione, intercettazioni, abuso d’ufficio) nei tribunali si devono affrontare le attese di giustizia dei cittadini". A Roma le assoluzioni in primo grado sfiorano il 50%
Il ministro Nordio da Brescia assicura: “C’è l’impegno del governo per colmare il vuoto d’organico entro il 2026″. Intanto però da Milano a Palermo, passando da Trieste a Roma, il grido d’allarme dei magistrati è unanime: mancano fondi e personale. Durante le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario nei vari distretti di Corte d’Appello fari puntati anche su abuso d’ufficio, “bulimia riformatrice” e intercettazioni.
La carenza di personale – Si può “seriamente dubitare della reale intenzione riformatrice” di chi non mette “ai primi posti” il tema della carenza di organici e risorse nella giustizia e, al tempo stesso, un “esasperato disordine normativo e amministrativo produce sulla gestione del servizio giustizia effetti assai negativi”, sottolinea la procuratrice generale di Milano Francesca Nanni. Le fa eco il presidente della Corte d’appello del capoluogo lombardo, Giuseppe Ondei: “Non risulta tollerabile” che la “penuria di personale” nel distretto giudiziario di Milano sia ormai “cronica” ed è “assolutamente necessario attivare un piano di assunzioni che faccia arrivare nei nostri uffici assistenti, cancellieri e dirigenti amministrativi”, ha detto Ondei. Un messaggio che arriva da tutte le altre sedi di Corte d’Appello. “A Roma, il vero nodo della riforma del processo penale, si può sinteticamente descrivere nella considerazione che nella capitale d’Italia molti sono i reati, ma pochi i giudici destinati a farvi fronte”, aggiunge il presidente della Corte di Appello di Roma Giuseppe Meliadò. “La scopertura dell’organico del personale amministrativo rimane costante e in misura sempre più preoccupante”, fa presente nella sua relazione il presidente della Corte d’Appello di Trieste, Sergio Gorjan. Il presidente del Tribunale di Palermo, Piergiorgio Morosini, accende invece i riflettori sull’agenda politica: “Credo che, in questi giorni, ogni attore del circuito giudiziario di questo distretto avverta una distanza siderale tra l’ordine del giorno dell’agenda parlamentare in tema di giustizia e le questioni che lo impegnano quotidianamente”, ha detto Morosini. “Mentre fioccano disegni di legge su istituti più volte riformati nell’ultimo decennio (prescrizione, intercettazioni, abuso d’ufficio) e sulla ridefinizione dei rapporti tra istituzioni politiche e magistratura – aggiunge Morosini – nei tribunali, nelle riunioni con personale amministrativo e nel confronto con gli avvocati ci misuriamo più che altro con gli obiettivi del Pnrr, con le difficoltà della digitalizzazione del processo penale, con le scelte di priorità nei processi. Affrontiamo, insomma, la questione delle attese di giustizia di tanti cittadini. Parte dei quali, senza risposte in tempi ragionevoli, potrebbero vedersi costretti a rivolgersi a circuiti ‘alternativi’, non di rado ‘fuori dalla legalità'”.
La replica di Nordio – “C’è l’impegno del governo per colmare il vuoto d’organico, che oggi è di circa 1.300 unità, entro il 2026“, ha replicato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo all’apertura dell’anno giudiziario alla Corte d’Appello di Brescia. “Sono entrato in magistratura molti anni fa – ha sottolineato Nordio – e la percentuale di carenza dell’organico era praticamente uguale a quella di adesso. Ho vissuto tutta la mia carriera di magistrato con un organico al di sotto del 15%, ma riusciremo a colmare questo gap“.
“Viviamo una bulimia riformatrice” – Il tema delle continue riforme nell’ambito della giustizia è un altro argomento molto affrontato. “Se il legislatore, indifferente ai problemi dell’organizzazione, cambia di continuo la legge ci saranno delle fortissime ricadute che potrebbero compromettere i buoni raggiunti finora”, ha affermato Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, parlando a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024 in Corte di Appello a Roma. “I 26 presidenti delle Corti di Appello, in tema di prescrizione, – ha aggiunto – hanno chiesto al ministro e al parlamento di fare proprie scelte, ma di assicurare una disciplina transitoria che consenta di riprogrammare il lavoro. Questa attenzione non c’è stata”. Giuseppe Ondei dall’inaugurazione a Milano ricorda che “la giustizia, come ogni altro servizio pubblico, prima ancora che di riforme ha bisogno di essere amministrata e finanziata per riuscire a fronteggiare esigenze ordinarie e straordinarie come quelle imposte dagli obiettivi del Pnrr”. Per il presidente della corte d’Appello di Milano “purtroppo, viviamo una bulimia riformatrice, in cui una grande riforma divora la precedente, già dimenticata, senza mai considerare i risultati ottenuti, anche per valorizzare i lati positivi e correggere gli altri. Si ignora il principio basilare per cui anche la giustizia, come qualsiasi organizzazione, richiede una relativa stabilità” evidenzia. Auspica “un attimo di tregua nel flusso riformatore” proprio “per consentire al sistema l’assestamento indispensabile per far procedere in maniera coerente la macchina complessa dei processi”, anche il Procuratore generale di Palermo Lia Sava.
“Lazio, assoluzioni in primo grado sfiorano il 50%” – Il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma, Salvatore Vitello, ha spiegato nel Lazio “sono state emesse 36.567 sentenze di primo grado, di queste 17.399 sono state pronunce assolutorie, con una percentuale complessiva del 47,5%”. Nella sua relazione il pg ha spiegato che “disaggregando il dato complessivo si può evidenziare come le percentuali di sentenze assolutorie siano difformi a seconda delle sezioni interessate. Infatti, l’analisi dei dati consente di ricondurre la maggiore percentuale di assoluzioni alle sezioni monocratiche dei Tribunali, gravate dalle citazioni dirette del Pubblico Ministero ed è auspicabile che, in virtù della riforma e del nuovo parametro di giudizio, l’incidenza delle sentenze di assoluzione possa essere ricondotta ad una misura più ifisiologicai, con corrispondente ampliamento delle richieste di archiviazione”. Quanto all’attività della Procura generale “si rileva un tendenziale – aggiunge Vitello – aumento della produttività in tutti i settori d’interesse. L’intervenuta abrogazione dei limiti oggettivi al concordato ad opera della riforma Cartabia ha comportato un pur modesto incremento, nel periodo, delle istanze di concordato: quelle sopravvenute sono state 1.289 (a fronte delle 1.243 del periodo precedente), ed un notevole aumento, rispetto al periodo precedente, di quelle accolte”. Nella sua relazione, invece, il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Meliadò ha evidenziato come a Roma “pochi giudici fronteggiano una criminalità in crescente espansione. L’ultima riforma del processo civile è stata pensata con l’affermata finalità della riduzione dei tempi processuali, ma con una serie di criticità, per diffusa opinione. Quanto al processo penale, un punto è certo con riferimento all’efficacia deflattiva delle nuove norme: la riforma Cartabia poteva osare di più rispetto al vero male oscuro del sistema penale, e cioè all’ipertrofia delle sanzioni penali presenti nel nostro ordinamento”.
“Nonostante la strage di Brandizzo problemi irrisolti” – A denunciare le carenze degli uffici giudiziari è stato anche il procuratore di Torino, Sabrina Noce: “La scopertura reale di Ivrea è circa dell’85% rispetto al fabbisogno e nonostante gli sforzi del procuratore dei magistrati e dei pochi funzionari in servizio è la peggiore d’Italia sotto ogni parametro”. Procuratore di Torino che nel suo intervento ha osservato che “il clamore suscitato dalla strage di cinque lavoratori sui binari di Brandizzo” non è bastato “per spingere il ministero a risolvere il problema. In questa situazione kafkiana – ha aggiunto – aderisco con convinzione alla proposta del presidente Barelli di ridurre per legge la circoscrizione di Ivrea, anche se forse, in un’ottica di economie di scala, il legislatore dovrebbe interrogarsi sull’opportunità di mantenere una struttura giudiziaria in una città non capoluogo di provincia con tutti i problemi che ne conseguono”.
“Il processo penale telematico non funziona” – Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, parlando a margine della cerimonia di inaugurazione in merito agli investimenti nella tecnologizzazione dei processi, ha sottolineato che “il processo penale telematico non funziona, o funziona lentamente. Mentre io prima riuscivo in meno di 10 minuti ad archiviare un fascicolo – ha aggiunto Gratteri – oggi ci vogliono almeno 2 ore. La app al 99% non funziona, quindi il tanto annunciato processo telematico purtroppo non è una realtà”. Il “problema delle risorse informatiche è il primo problema”, sostiene Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm: “Il tema del processo telematico lo abbiamo posto al ministro Nordio sempre”, ha aggiunto.
Abuso d’ufficio – “La paura della firma è un falso problema. La verità è che si temono i controlli”, ha detto, invece, il presidente della corte d’appello di Palermo Matteo Frasca sottolineando che “il buon andamento della pubblica amministrazione si raggiunge non con l’impunità, ma con la trasparenza e la professionalità. Consideriamo, infine, che la maggior parte delle denunce per abuso d’ufficio riguarda i magistrati che, senza strepito o senza parlare di giustizia a orologeria, continuano comunque a svolgere la loro attività difendendosi nel processo”.
Intercettazioni – “La poliedricità di sfide abbraccia anche la materia delle intercettazioni che non può e non deve essere oggetto di continue polemiche”, ha sottolineato il Pg di Palermo Lia Sava: “Invero – ha aggiunto – se in tale settore occorre valutare favorevolmente il rafforzamento delle garanzie dei terzi, non può essere consentito alcun decremento all’efficace contrasto di gravi fenomeni criminali”. Sui costi delle intercettazioni è, incece, intervenuto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia: “Le intercettazioni certamente costano. Lo scorso anno la Procura ha investito 30 milioni in attività di intercettazioni che apparentemente sono una grande massa, ma a fronte di questa massa di beni confiscati nello stesso periodo sono stati confiscati beni per 400 milioni di euro“, ha sottolineato De Lucia: “Non è giustificata l’osservazione sul costo delle intercettazioni perché sono uno strumento fondamentale di investigazioni nei confronti delle persone. È necessario – ha aggiunto – difendere gli strumenti normativi che abbiamo e che, a mio avviso, sono irrinunciabili”.
Prescrizione – La Procuratrice generale di Milano, Francesca Nanni, ha evidenziato “un numero altissimo di richieste di archiviazione per prescrizione, ancora in aumento rispetto al numero già assai elevato registrato nel 2022″. Per Dario Scaletta, componente del Csm, all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Palermo, ha sottolineato che “l’ennesima modifica normativa abrogando l’istituto dell’improcedibilità dell’azione penale e reintroducendo la sospensione della prescrizione per un verso non pare metta in pericolo il prospettato mancato raggiungimento degli obiettivi del Pnrr – ha detto – per altro verso sarebbe stata necessaria una normativa transitoria“.
Opinione pubblica e strage di Erba – A Milano c’è anche stato un accenno alla vicenda della strage di Erba. “Quando in un processo mediatico l’opinione pubblica si divide tra innocentisti e colpevolisti su qualche clamorosa vicenda di cronaca, ciò in genere non avviene sulla base di elementi processuali a carico dell’imputato o a suo favore ma per impressioni di simpatia o antipatia o, peggio, per adesione ideologica ed il clima generale rischia di influenzare negativamente la qualità degli stessi provvedimenti giudiziari“, ha detto nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario la Procuratrice Generale di Milano Francesca Nanni protagonista del braccio di ferro con il sostituto pg Tarfusser proprio sul caso di Olindo e Rosa. “L’eccessiva pressione mediatica sicuramente complica il lavoro del magistrato e lo trascina in un ambiente dove sono necessari competenze e strumenti estranei alla sua formazione e alla sua stessa funzione”, ha aggiunto.