Capire se gli appelli al boicottaggio di marchi che hanno veri o presunti legami con Israele stiano producendo effetti concreti è difficile. Tuttavia qualche ricaduta, soprattutto nei paesi africani e mediorientali, sembra esserci. Lo testimonia anche la corsa delle aziende coinvolte a rilasciare dichiarazioni in cui ribadiscono la loro assoluta neutralità politica. Movimenti a sostegno della Palestina hanno da tempo messo all’indice marchi come la francese Carrefour, la svizzera Nestlé e le americane McDonald’s, Coca Cola, Starbucks, a cui viene imputato di aver sostenuto raccolte fondi per Israele, di inviare prodotti gratis alle forze armate di Tel Aviv o di avere stabilimenti nelle zone colonizzate. Si tratta di campagne per lo più spontanee, salvo qualche eccezione. In Turchia alcuni funzionari governativi spingono per una messa al bando della Coca Cola e il Parlamento ha rimosso la bibita dalle sue caffetterie. Le vendite del quarto trimestre sarebbero diminuite nel paese del 22%. Cifre per ora ce ne sono poche, specie in termini di mancati ricavi e/o calo dei profitti, si tratta di marchi con una presenza geografica estremamente diversificata che quindi sono in grado di assorbire crisi localizzate. Né l’andamento delle azioni delle quotate sembra dare indicazioni in tal senso. Qualcosa di più si capirà con la diffusione dei bilanci dell’ultimo trimestre e dell’intero 2023.

Eppure dai piani alti di queste aziende un po’ di nervosismo trapela, soprattutto per i rischi che il boicottaggio si allarghi e per la natura della protesta. All’interno di un approfondimento dell’agenzia Bloomberg il professore di politica del Medio Oriente alla London School of Economics Fawaz Gerges, rileva come questi boicottaggi siano notevoli in quanto intensi, transnazionali e guidati da popolazioni giovani. “Sia McDonald’s che Starbucks, stanno soffrendo”, perché, soprattutto i giovani con maggiori capacità di spesa, sono molto consapevoli di ciò che sta accadendo e si sentono molto attivi e coinvolti, ha spiegato Gerges. La consapevolezza di come Washington sia favorevole a Israele e sia implicata direttamente nelle sue azioni militari si riflette sull’immagine dei marchi che vengono percepiti come parte di questo impero commerciale, finanziario e di soft power”. Da paesi come Giordania o Kuwait giungono resoconti di punti vendita di McDonald’s e Starbuck’s desolatamente vuoti ormai da oltre tre mesi.

Nei supermercati giordani su alcuni prodotti stranieri compaiono etichette che li segnalano come sotto boicottaggio. Anche in Egitto e Marocco la campagna sembra avere effetti tangibili e Bloomberg segnala pochi clienti anche nei punti vendita dell’Arabia Saudita. Più modeste le ricadute negli Emirati Arabi. In Malesia Mc Donald’s ha avviato un’azione legale contro il movimento Bds che coordina le campagne di boicottaggio chiedendo il risarcimento di un danno da 1,3 milioni di dollari a seguito della perdita di incassi. La divisione della catena di fast food dell’Arabia Saudita ha però donato mezzo milione di dollari per le campagne di aiuti a Gaza ed iniziative simili sono state annunciate dai franchising di altri paesi musulmani. Lo scorso dicembre Puma ha scelto di non rinnovare il suo contratto di sponsorizzazione della nazionale di calcio israeliana .Il marchio sportivo ha negato che la decisione sia stata assunta in conseguenza delle vicende degli ultimi mesi, tuttavia la decisione è stata salutata come un successo dai promotori delle campagne di boicottaggio commerciale.

C’è anche chi di questa situazione approfitta e sono i marchi locali che stanno recuperando quote di mercato a danno dei concorrenti stranieri. Astrolabe, una catena giordana di caffetterie ha registrato un boom di clienti (+ 30%) e sta ora eliminando il più possibile i prodotti americani e francesi. In Egitto, Spiro Spathis, un marchio locale di bibite, che aveva lottato per risollevare la sua popolarità in declino, ha visto le vendite salire alle stelle negli ultimi tre mesi. Diversi piccoli ristoratori che hanno deciso di sostituire prodotti esteri con quelli locali segnalano un caloroso apprezzamento da parte dei clienti.

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