Lunedì per Ilaria Salis inizia il processo. La 39enne di Monza, insegnante e anarchica antifascista, è accusata di avere partecipato all’aggressione nei confronti di due neonazisti. Per questa ragione da undici mesi si trova rinchiusa in un penitenziario a Budapest e la Procura, nell’atto di rinvio a giudizio dello scorso novembre, ha chiesto per lei 11 anni di carcere. L’udienza preliminare sarà “interlocutoria” ha spiegato il padre di Ilaria, Roberto Salis, che sarà comunque presente in aula. “Non ci sono prove” del suo coinvolgimento, ribadisce il suo avvocato Gyorgy Magyar sottolineando che Ilaria si dichiarerà non colpevole.
“È una situazione incredibile e ingiusta” ha commentato il padre di Ilaria chiedendo di continuare a “firmare la petizione per la sua liberazione”, che su change.org ha già raggiunto oltre 49 mila sottoscrizioni. Ilaria “è trattata come un terrorista internazionale pericoloso” ha osservato l’avvocato Magyar ricordando la “detenzione sotto stretta sorveglianza, l’impedimento per molto tempo dei contatti con la famiglia e le autorità italiane”. Lo scorso giugno i giudici hanno detto no ai domiciliari.
E in un’intervista a la Repubblica parla Carmen Giorgio, 43enne bresciana, che per tre mesi è stata la compagna di cella di Ilaria. Racconta di “topi, piccioni, cimici, catene, maltrattamenti e botte“: “Lì dentro abbiamo visto di tutto, è un posto fuori dal mondo pieno di cose storte. E lei ha paura di restarci per sempre“, ha spiegato l’ex compagna di cella. Ilaria Salis “è sempre più giù e sempre più magra. All’inizio pensava come me che fosse uno scherzo, che ci avrebbero fatte uscire. Poi – racconta Carmen – ha capito che volevano fargliela pagare. Per sei mesi non le hanno concesso telefonate – racconta – . Studiava tutto il giorno, ma lì ti trattano da cani, le guardie sono quasi tutti uomini, ti urlano in faccia, ti portano in giro legata mani e piedi a un cinturone che l’agente tiene con una specie di guinzaglio. L’ultima volta che l’ho vista, una settimana fa, le si leggeva in faccia la paura di restare“. Il cibo lo danno “una sola volta al giorno, a pranzo, una specie di zuppa d’acqua sporca, immangiabile”. A cena “solo conserve e marmellate”. “Ilaria – racconta ancora l’ex compagna di cella – aveva chiesto altro per allergie alimentari, le davano riso bianco freddo”.
Meno di una settimana fa il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha incontrato a Bruxelles il suo omologo ungherese Peter Szijjarto al quale ha chiesto per Salis “un trattamento rispettoso delle regole e della dignità della persona ed eventuali soluzioni alternative alla detenzione”. Roberto Salis ha poi incontrato il ministro della Giustizia Carlo Nordio. “In quei giorni ci sono stati attacchi di nazifascisti contro antifascisti e persone che si trovavano sulla loro strada. Però – ha osservato il padre di Ilaria – sono stati liberati in due giorni. Gli antifascisti in Ungheria non sono graditi e vengono colpiti in modo impari”.