È alta tensione tra Bruxelles e Budapest prima del Consiglio europeo di giovedì. A far riaccendere i toni un documento interno al Consiglio, svelato dal Financial Times, in cui si prospetta un boicottaggio dell’economia ungherese se il premier Viktor Orban dovesse bloccare ancora – come a metà dicembre – l’accordo sulla revisione del bilancio pluriennale Ue e i 50 miliardi di euro per l’Ucraina. Nello scenario Bruxelles taglierebbe i finanziamenti a Budapest, innescando un calo degli investimenti che “potrebbe determinare rapidamente un ulteriore aumento del costo del finanziamento del deficit pubblico e un calo della valuta”. Quanto basta per far gridare al ricatto al governo ungherese per bocca del ministro Affari europei ungherese, Bóka Janos.
“Budapest ha inviato sabato una nuova proposta a Bruxelles, specificando che ora è disposta a utilizzare il bilancio dell’Ue per il pacchetto Ucraina e persino a emettere debito comune per finanziarlo”, ha fatto sapere il consigliere politico dell’esecutivo magiaro Balazs Orban. La condizione? Che i 50 miliardi vengano erogati in quattro pagamenti annuali da 12,5 miliardi di euro, che siano sottoposti a periodica verifica e che l’Ue proroghi la scadenza per la spesa dei fondi del Pnrr oltre l’agosto del 2026.
La Commissione dal canto suo afferma di non aver visto il documento, lasciando la patata bollente al Consiglio. Un alto funzionario Ue spiega che “il documento è una nota informativa redatta dal Segretariato del Consiglio sotto la propria responsabilità, che descrive lo stato attuale dell’economia ungherese” e che “è basato sui fatti che non riflette lo stato dei negoziati in corso sul Quadro finanziario pluriennale tra gli sherpa e a livello dei leader dell’Ue”. In sostanza, “la nota non delinea alcun piano specifico relativo al Qfp e allo strumento per l’Ucraina, né delinea alcun piano relativo all’Ungheria”.
La fuga di notizie appare come una seconda mossa dopo quella di venerdì, in cui sulla stampa e negli incontri di Bruxelles era stata fatta circolare la possibilità di attivare l’articolo 7 del Trattato Ue per togliere il diritto di voto a Orban al Consiglio europeo, di fatto estromettendo l’Ungheria. Alcuni leader vorrebbero questa ‘soluzione nucleare’ per mettere fine una volta per tutte al potere di veto del premier sovranista. Al Consiglio la procedura è in corso da anni ma non è mai progredita anche perché l’Ungheria veniva spalleggiata dalla Polonia, che avrebbe fatto mancare l’unanimità in caso di voto. Oggi che a Varsavia c’è l’europeista Donald Tusk resta da vedere se altri paesi come la Slovacchia di Robert Fico o la stessa Italia potrebbero svolgere lo stesso ruolo.
“La Commissione è disposta a venire al Consiglio per conoscere la situazione o per una audizione” ma “non può prendere una decisione durante la procedura”, spiega il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders. Invece, “se c’è un segnale chiaro riguardo alla possibile maggioranza qualificata, naturalmente la Commissione alla fine seguirà la posizione dei membri”. Prima di arrivare a questo o ad altre soluzioni estreme, a Bruxelles si lavora ancora a tutti i livelli per una soluzione a 27 sul bilancio Ue. In ogni caso, si passerebbe al ‘piano B’ a 26, perché Kiev non può rimanere senza fondi e senza armi. La posta in gioco geopolitica è troppo alta, a maggior ragione con lo stop al Congresso del sostegno Usa. “Se negli Stati Uniti si verificasse un ritardo nei processi di sostegno all’Ucraina, questo si ripercuoterebbe sull’Europa unita – commenta il presidente ucraino Volodymyr Zelensky -. L’alleanza tra Usa ed Europa andrà perduta” e “l’Europa sarà lasciata sola tra i paesi della Nato a resistere alla Russia”. Mosca, intanto, ha annunciato che il presidente Vladimir Putin sarà in visita in Turchia nel corso del mese di febbraio e che il conflitto ucraino sarà al centro del colloquio con Recep Tayyip Erdogan, un leader chiave per il ruolo che la Turchia svolge nella regione del Mar Nero e come paese Nato.