Nel 2021 aveva assoldato un sicario sul dark web per “spezzare la schiena” alla sua ex fidanzata “così da renderla invalida” e per “sfigurarla con l’acido”. Scoperto quasi subito dalla polizia postale tedesca, fu perquisito, costretto a “revocare” il mandato all’esecutore e, ovviamente, arrestato. Ma il 9 gennaio scorso, dopo quasi 3 anni di indagini – durante i quali aveva anche ammesso la sua condotta – il Tribunale di Roma, su richiesta della pm, ha archiviato l’accusa di tentate lesioni nei suoi confronti. Il motivo? Manca “la gravità indiziaria” in quanto “non è emerso né che il killer si sia organizzato per recarsi a Roma né che abbia acquistato l’acido per commettere il reato”.
La vicenda, tra febbraio e marzo 2021, fece il giro dei quotidiani nazionali. Protagonista un manager milanese di un’importantissima società pubblica italiana che ha iniziato a perseguitare la sua ex compagna, una collega romana con un passato nella politica locale, scrivono i pm “con reiterate condotte di violenza psicologica e molestie”: messaggi su whatsapp e sull’email di lavoro, richieste di incontri lavorativi che poi si trasformavano puntualmente in tentativi di riallacciare la relazione, mazzi di fiori e lettere accorate inviate “reiteratamente” anche a casa dei genitori. Un comportamento ossessivo che, di fronte ai fermi rifiuti della vittima di riprendere la relazione, stava per trasformarsi in tragedia.
Il manager, si apprende dagli atti d’indagine, infatti a un certo punto è entrato nel dark web – un’area di internet nascosta e accessibile solo attraverso browser criptati – e ha avuto accesso a un sito denominato “Internet Assassins”, una specie di agenzia di sicari su commissione. Al suo interlocutore, quindi, ha indicato le coordinate dell’abitazione della donna e i profili social, chiedendo che le venisse “spezzata la schiena per lasciarla paralizzata” e le venisse lanciato “acido in faccia per sfigurarla”. “Voglio – si legge nei messaggi sequestrati – che resti paralizzata dalla schiena in giù e che vada sulla sedia a rotelle e le dovete tirare l’acido in faccia senza prendere gli occhi”. L’uomo, scrivevano gli investigatori nell’ordinanza di arresto di marzo 2021, “forniva anche delle indicazioni circa la modalità di esecuzione, dovendo il tutto sembrare una rapina, invitando il suo interlocutore a far sottrarre anche la borsa della vittima”.
Nei giorni successivi ha quindi provveduto al pagamento, in quattro tranche, di 11.700 dollari in Bitcoin (circa 10mila euro). Fortunatamente, la polizia tedesca è riuscita a intercettare la conversazione e ha girato la segnalazione ai colleghi italiani. “L’uomo – si legge – ammetteva le condotte contestategli e si offriva di revocare il mandato: alla presenza delle autorità, entrava nella pagina web ‘Internet Assassins’, ottenendo la conferma della revoca da parte dell’intermediario”.
La fine di un’incubo per la donna? Non del tutto. Certo agli atti dell’indagine non si registrano altre condotte moleste da parte dell’ex fidanzato trasformatosi in aguzzino, che il 10 gennaio 2022 è stato condannato in primo grado 2 anni e 8 mesi per stalking. Il problema è che nello stralcio relativo alle accuse di tentate lesioni, la pm Daniela Cento il 30 settembre 2022 ha chiesto l’archiviazione e il 9 gennaio 2024 la gip Daniela Caramico D’Auria – nonostante l’opposizione e l’accorata arringa in sede di udienza preliminare da parte dell’avvocato della vittima, Alessandro Benedetti – ha accolto la richiesta, disponendo il proscioglimento definitivo. Nelle motivazioni, la giudice spiega che affinché gli atti persecutori diventino “tentate lesioni” deve intervenire quello che in diritto si chiama “quid pluris” (qualcosa in più): “Indici inequivoci – si legge – dai quali desumere la probabilità del compimento dell’azione, quali ad esempio il sopralluogo sul posto del reato, l’approvvigionamento di armi e di maschere per i volti, la scelta di un’idonea strada con curve a gomito per l’agguato, l’appostarsi con un’autovettura presso l’abitazione della vittima”.
Non solo. Per la giudice “nel caso in esame, oltre alla mancanza di tali indici (…), gli elementi investigativi acquisiti non consentono di ritenere raggiunta la soglia della gravità indiziaria non essendo emerso né che il killer si sia organizzato per recarsi a Roma né che abbia acquistato l’acido per commettere il reato“. Insomma, “la condotta non raggiunge la soglia della gravità indiziaria necessaria”. Un vulnus evidente che dimostra, ancora una volta, come ci sia ancora tanta strada da fare perché le donne possano sentirsi sicure e protette dalla legge.