Un nonno ufficiale degli alpini. Un diario in cui si racconta dell’offensiva del Tonale. Il colpo di scena che trasforma una biografia privata in una battaglia morale e pubblica. È una storia ambientata a quasi duemila metri di altezza e iniziata una notte del 1918. E che ricomincia nel 2019 grazie all’ostinazione di un uomo di Padenghe sul Garda (Brescia), Sergio Boem, che con l’intenzione di ricostruire la vita di Ubaldo Ingravalle, suo nonno materno, individua due fosse comuni nel nord Italia e decide di fare tutto il possibile perché quei corpi vengano disseppelliti e identificati. Come raccontato su La Repubblica, “per restituire dignità a quelle persone, diventate un mucchio d’ossa senza nome, come sicuramente mio nonno avrebbe voluto”.

Ubaldo Ingravalle, comandante del battaglione Valcamonica, è uno studente fuori corso spedito al fronte da Roma, che nel suo diario annota ogni giorno quel che accade in guerra. In quelle pagine ingiallite il nipote, nel 2019, scopre la mappa dettagliata di una fossa comune di soldati austro-ungarici, che furono seppelliti sotto quattro centimetri di terra dagli italiani che proteggevano il confine la notte del 13 giugno 1918, quella dell'”Operazione valanga”. “Siamo al fronte a combattere contro l’esercito austro-ungarico”, si legge nel diario. “Lasciammo lì, di notte, in mezzo a una bufera di neve, 94 corpi: 82 da una parte e a un centinaio di metri gli altri dodici“. Sotto il racconto, una cartina dettagliata del Passo del Tonale. “In quelle 1.500 pagine non era mai descritta la sepoltura dei 94 corpi”, spiega Boem. “Ho interpretato quella cartina come un messaggio in bottiglia. Ho quindi seguito passo passo le indicazioni di mio nonno e sono così arrivato sul versante trentino, dove ho visto con i miei occhi i resti dei soldati austro-ungarici e mi sono ritrovato con un teschio tra le mani”.

Boem decide subito di avvisare la soprintendenza di Trento e quella di Bergamo e Brescia, che hanno competenza sulle due fosse. Ma i destini delle vittime senza nome, uniti per un secolo, si dividono. A Trento la soprintendenza disseppellisce 12 vittime. Le 82 sul versante lombardo, invece, a oltre quattro anni dal ritrovamento sono ancora là: “Se dovessimo scavare ogni volta che un cittadino fa una segnalazione, saremmo sempre impegnati”, spiega a La Repubblica l’architetto Luca Rinaldi, direttore della soprintendenza di Brescia. E così mentre in Trentino, dopo la segnalazione di Boem, vengono avviati gli scavi e gli studi bioarcheologici, in Lombardia non viene fatto nulla. Rinaldi promette di informarsi meglio sulla vicenda, ma precisa che “se in Trentino lo hanno fatto è perché hanno più soldi di noi”.

“Dopo la sua segnalazione è partita la trafila: denuncia ai carabinieri, nulla osta del magistrato, e nell’estate del 2022 via con gli scavi“, racconta Franco Nicoli, ex soprintendente, oggi in pensione, dell’Ufficio beni archeologici di Trento. “II cantiere è durato un mese, con costi moderati. È stato il primo ritrovamento di una fossa comune in Trentino. E benché non siano testimonianze storiche di rilevanza eccezionale, ci sono in ballo storie di individui che grazie a quegli scavi potranno finalmente avere un’identità. Credo che, per chi fa il nostro mestiere, restituire la dignità sia un obbligo morale“. “Daniel Gaudio, che insegna Bioarcheologia umana all’Università di Durham, è venuto a Trento e ha fatto le indagini bioantropologiche sui resti per ricostruire il profilo biologico di ciascun corpo”, rivela ancora Nicoli. “In questi casi si può stabilire il sesso, la statura, l’età, la presenza di lesioni mortali, i segni di ferite e quelli di patologie visibili nel tessuto osseo, dai problemi dei denti all’artrosi. Per risalire all’identità ci vogliono molti incroci, la strada è ancora lunga “.

Intanto i legali di Boem promettono battaglia perché venga fatto altrettanto anche in Lombardia. “Non si tratta solo di avere pietà per i combattenti di una guerra del passato — dice l’avvocata Mariapaola Marro — ma di valori che oggi sono diventati i fondamenti giuridici dell’Unione europea. Quelli che ieri erano nemici, oggi sono antenati di cittadini europei. È imbarazzante che in Italia una questione simile sia trattata in modo diverso a seconda della regione. Se la Soprintendenza di Brescia dovesse persistere con un tiepido interesse, chiederemo l’interessamento dei governi dei Paesi da cui quei caduti provenivano. E per portare avanti gli scavi chiederemo aiuto alle associazioni di volontariato che già ci hanno dato disponibilità”. Carlo Stracquadaneo, avvocato specializzato in diritto militare, aggiunge: “I diritti umani non cessano con la morte, c’è l’obbligo di conservare la dignità delle salme e la memoria dei combattenti di tutte le guerre. Non si tratta di culto della memoria, ma di salvaguardia del diritto umanitario e di rispetto dell’essere umano”.

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