Nell’anno dell’invasione russa dell’Ucraina l’inflazione non si è mangiata solo il potere d’acquisto dei lavoratori, ma ha anche intaccato il valore dei loro risparmi e investimenti. A mostrarlo è la Nota di Istat e Banca d’Italia sulla “ricchezza dei principali settori istituzionali”: nel 2022 la ricchezza netta delle famiglie misurata come somma delle attività non finanziarie (abitazioni, terreni) e delle attività finanziarie (depositi, titoli, azioni) al netto delle passività (prestiti) si è assestata a 10.421 miliardi, in calo dell’1,7% in termini nominali ma ben del 12,5% in termini reali, cioè tenendo conto dell’aumento dei prezzi.
“Il rapporto tra la ricchezza netta e il reddito lordo disponibile è sceso da 8,7 a 8,1, tornando ai livelli del 2005”, spiegano le due istituzioni. “L’aumento delle attività non finanziarie nel 2022 (+2,1%) ha riflesso soprattutto quello del valore delle abitazioni, che ha registrato il più elevato tasso di crescita dal 2009; il peso di questa componente sul totale della ricchezza lorda ha raggiunto il 46,3%. Le attività finanziarie si sono contratte del 5,2%, principalmente per effetto della riduzione del valore delle azioni e degli strumenti del risparmio gestito. Dopo circa un decennio sono tornati a crescere i titoli di debito detenuti dalle famiglie, in buona parte emessi dalle amministrazioni pubbliche, mentre l’aumento dei depositi è stato contenuto, dopo il forte accumulo osservato nel triennio precedente. La crescita delle passività finanziarie (+2,8%) è riconducibile soprattutto alla componente dei prestiti”.
Per Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, quello della ricchezza è “un crollo molto preoccupante e allarmante”. Gli italiani “si impoveriscono sempre più e il fatto di essere proprietari della loro abitazione non è più sufficiente come una volta per mantenere stabile la loro ricchezza, che scende anche in rapporto al reddito disponibile, reddito già insufficiente per far fronte all’aumento del costo della vita e all’inflazione galoppante”.
Guardando invece alle aziende, a fine 2022 la loro ricchezza netta è risultata pari a 956 miliardi di euro, in aumento di 245 miliardi rispetto al 2021, riflettendo una crescita della ricchezza lorda (+125 miliardi) e una riduzione delle passività (-120 miliardi) principalmente per effetto della riduzione del valore di mercato delle azioni e dei titoli obbligazionari. Il livello di indebitamento si è leggermente ridotto, in linea con l’andamento osservato negli altri paesi. Tra le attività non finanziarie, pari a 3.090 miliardi, sono aumentati di circa il 7% sia gli impianti e macchinari industriali sia le altre opere. Tra le attività finanziarie, pari a 2.310 miliardi, è cresciuto il valore delle azioni (+5,2%), anche se in maniera più contenuta di quanto osservato nel 2021.
La ricchezza netta delle società finanziarie infine è scesa da 711 miliardi di euro nel 2021 a 564 nel 2022. Dopo la forte espansione osservata nel biennio precedente, la ricchezza lorda si è ridotta di 576 miliardi (-7%), per effetto della contrazione dei depositi attivi (-271 miliardi), principalmente interbancari, e del calo del valore dei titoli (-261 miliardi). Dal lato delle passività, si è osservata una riduzione pari a 429 miliardi (-5,7%), dovuta principalmente ai depositi (-164 miliardi), alle riserve assicurative (-148 miliardi) e alle azioni (-115 miliardi). In particolare, si è interrotta l’eccezionale crescita della raccolta di depositi che aveva preso avvio durante la crisi pandemica: oltre 400 miliardi nella media del biennio 2021-2022.