PADOVA – Un centro commerciale alle porte di Padova, con la possibile cementificazione di 15 ettari di territorio, spacca la maggioranza di centrosinistra in consiglio comunale. Dopo mesi di raccolte firme dei cittadini, dopo le contestazioni di una parte del Partito democritico e l’annunciata consultazione nelle sedi di partito, il sindaco Sergio Giordani è così costretto a compiere un mezzo passo indietro. Non mette ancora lo stop al progetto di costruzione del gruppo alimentare Alì, eppure rimanda al consiglio comunale e a una discussione più approfondita una decisione che stravolgerebbe l’assetto urbanistico della città. I comitati e gli ambientalisti non possono ancora cantar vittoria, eppure la svolta è evidente.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, spingendo Giordani al ripensamento, è un documento che ilfattoquotidiano.it ha potuto consultare e che è stato elaborato da quattro dei dieci consiglieri del Pd. Si tratta di Alessandro Tognon, Marco Concolato, Caterina Coppo e Anna Barzon. Sulla stessa linea si trovano altri consiglieri della Lista Giordani Sindaco, di Coalizione Civica e Padova Insieme. Alì è un colosso dei supermercati, con sede centrale a Padova, oltre 100 punti di distribuzione in Veneto, un fatturato di 1,3 miliardi di euro e circa 4.600 dipendenti. Attraverso lo Sportello unico per le attività produttive (Suap), che consente di derogare alla legge regionale sullo stop al consumo di suolo, Alì ha chiesto di trasformare 150mila metri quadrati di terreno agricolo (il doppio di Prato della Valle) in terreno produttivo per realizzare un hub logistico.

“Padova consuma troppo suolo”- I consiglieri del Pd si rivolgono agli iscritti del partito che dovrà discutere nelle sezioni come affrontare il problema. “Il terreno si trova a Camin, al confine con altri 100 mila mq agricoli acquistati sempre da Alì a Saonara. Ora spetta al consiglio comunale – che ha piena competenza in materia urbanistica – decidere se concedere o meno l’ampliamento. Se lo concedesse, Alì potrebbe ‘ampliarsi’ ulteriormente a Saonara. Ma se ci fosse anche solo il via libera di Padova, Alì con l’attuale magazzino di via Svezia e il nuovo hub logistico porterebbe a casa un’area logistica pari a 7 volte l’Ikea”. “E’ un’operazione insostenibile da un punto di vista ambientale e politico – scrivono i consiglieri – Padova ha consumato troppo suolo, nel 2022 ha aggiunto altri 20,7 ettari, dal 2006 sono quasi 222 gli ettari aggiunti a quelli già resi artificiali, cementificati e impermeabilizzati e 90 ettari sono stati realizzati nei soli ultimi sei anni. Padova è la prima provincia per consumo di suolo in Veneto, che è la seconda regione italiana dietro alla Lombardia”.

“Non tutto è monetizzabile”- L’attacco però è anche politico. “Abbiamo sostenuto con forza il nostro sindaco Sergio Giordani e il suo impegno formalizzato nel programma elettorale del 2017 e del 2022 ‘per una città che cresce e si rigenera senza consumo di suolo’”. Se si pensa che è in progettazione il nuovo ospedale, ma con finalità pubbliche e non private, Padova sarebbe soffocata dal cemento. Neppure maggiori oneri di urbanizzazione convincono i dissidenti del Pd. “Ci dobbiamo chiedere: tutto è monetizzabile? La salute, l’ambiente e la sostenibilità sono monetizzabili dopo essere stati cementificati? Avallare questo cambio di strategia e monetizzare il consumo di suolo è in contraddizione totale con uno dei temi chiavi dell’identità del Pd e mette in forte difficoltà e contraddizione la nostra comunità politica, che è impegnata in provincia e in Veneto a contrastare analoghe operazioni edilizie dall’enorme impatto ambientale portate avanti da amministrazioni di centro-destra”. Insomma, un richiamo alla coerenza, “altrimenti il partito perde l’anima, la propria credibilità, e perde di senso il nostro stare in questa comunità e soprattutto danneggiamo il pianeta, la nostra generazione e quelle che verranno”.

Il sindaco ci ripensa – Il centrodestra ha deciso di presentare una mozione in consiglio comunale per far emergere le contraddizioni della maggioranza. Così Giordani ha anticipato la mossa diffondendo una nota che pone alcuni punti fermi: “La doverosa tutela dell’ambiente, uno sviluppo che tenga conto della sostenibilità pur senza negare che restiamo una grande città anche industriale, l’ascolto delle comunità locali e delle loro legittime preoccupazioni”. Giordani prosegue: “Ci siamo presi il tempo per svolgere studi più approfonditi e i nostri dirigenti stanno continuando ad approfondire il progetto, il suo impatto e le possibilità di riequilibrio ambientale. Il consiglio comunale è il luogo che deve svolgere tutte le riflessioni del caso e solo alla fine giungere a una decisione. Serve il tempo per trovare la via giusta, la fretta in questo caso è sicuramente cattiva consigliera e può creare lacerazioni, che al di là dei loro aspetti politici non sono utili per la comunità”. Quindi? “Senza produrre forzature, arriverà anche il momento in tempi ragionevoli in cui poi decideremo”. Promette di ascoltare le richieste delle categorie economiche, con l’obiettivo “di coniugare la sostenibilità allo sviluppo”, ma ribadisce “la nostra genuina volontà di invertire la rotta sui temi ambientali”, pur considerando “la richiesta di una delle più grandi e storiche aziende padovane di poter crescere”.

Ambientalisti: “Usiamo capannoni dismessi” – Il progetto di Alì prevede, tra l’altro, la costruzione di un edificio, adibito a magazzino automatizzato, alto 36,5 metri e lungo 89. Sergio Lironi, presidente di Legambiente di Padova, e Nicola Lovisatti del gruppo Urbanistica e Contesto, dichiarano: “Non siamo in guerra contro Alì, ma siamo impegnati in una battaglia per salvare gli ultimi terreni agricoli rimasti in zona e i cittadini che qui vivono. La nostra proposta di delibera, che ha raccolto quasi 1500 firme, chiede di realizzare l’opera in terreni già compromessi, cioè recuperando capannoni dismessi”. Enrico Cappelletti, parlamentare dei Cinquestelle: “La riduzione di suolo non può essere sempre giustificata da un valore monetario, che comunque andrebbe a giovamento di un’azienda privata e non dell’intera comunità. Le amministrazioni comunali che si sono succedute al governo di Padova hanno avuto in comune di dichiarare il consumo di suolo zero, e di fare poi il contrario”.

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