Proprio in questi giorni ho avuto notizia che una famiglia con una mia paziente storica affetta da glaucoma sta soffrendo per il marito che è stato colpito da ictus negli ultimi giorni del 2023. La stessa situazione mi ha coinvolto per una persona cara nei mesi precedenti. Quando la dignità della persona viene meno si deve obbligatoriamente affrontare la questione del fine vita che è tornata a galla in Veneto.

Nessuno ha il diritto di decidere per gli altri, quando sono impossibilitati a farlo come i due casi che ho citato, ma spesso il coinvolgimento inevitabile familiare ha delle ripercussioni importanti sulla vita di tutti i giorni e sulla quotidianità dei rapporti interpersonali. Ma se un essere umano decide di porre fine alle sue sofferenze occorre secondo me aiutarlo.

Anche a me è capitato di dover fare l’eutanasia al mio amato gatto Regù, protagonista del mio libro Vita con Gatto, proprio il 28 dicembre scorso perché avevo scoperto il giorno prima la presenza di un tumore al fegato con metastasi che lo avrebbe portato a giorni molto difficili. Prima avevo la speranza (Regù in tibetano significa speranza) che avrebbe potuto farcela ma l’ecografia eseguita non lasciava dubbi. Ho scelto per lui per non farlo soffrire mentre ho sofferto molto io mentre gli accarezzavo la testa, come facevo ogni sera, prima che si addormentasse per sempre. Uno strazio psicologico, con la certezza di aver fatto la cosa giusta.

La stessa cosa feci quando chiesi al medico responsabile del ricovero dove mio padre era ormai inerte da mesi in seguito ad ictus: “Per favore stacchi le macchine oppure verrò io a farlo una notte”. Scelte di vita e scelte di morte che è l’unica certezza che abbiamo se abbiamo la fortuna di nascere.

Allora non si capisce perché la politica non voglia decidere quando la scelta è delle persone. Io non credo di avere questa forza ma non è giusto scegliere per gli altri. Solo quando sono impossibilitati e senza speranza credo che la medicina debba “accompagnarli” perché in fondo la cura della persona è anche questo: l’obbligo di non fare soffrire.

Per cui mi è dispiaciuto l’esito della consultazione in Veneto che poteva essere la prima Regione italiana che, in autonomia, prendeva una decisione storica per difendere quei medici che potessero scegliere, insieme ai loro pazienti terminali, il percorso di “cura”. Un no senza sconti e con notevoli attriti interni alla Lega. In fondo questo è un discorso che prima o poi qualcuno dovrà affrontare, anche nel nostro Paese cattolico con influenze legate al fatto che la città del Vaticano è nel centro della nostra capitale, perché a breve o avrai a disposizione tanti soldi oppure la gestione di queste persone, anche economica, diventerà molto pesante.

Le cure palliative, perché di questo si parla non della possibilità anche con grandi sacrifici fisici ed economici di tornare ad una vita dignitosa, hanno un costo giornaliero medio in Regione Lombardia, che conta 820 posti letto divisi in 72 strutture, fra i 297 ed i 328 euro per un rimborso regionale di 281. Matematicamente sono in perdita e il sistema rischia il collasso. In fondo queste scelte non dovrebbero essere né politiche né religiose ma umane, anche per il bene di chi momentaneamente resta.

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