L’Italia non riesce più a migliorare la propria lotta alla corruzione. È questo il dato che emerge dall’ultimo report di Transparency International. La corruzione percepita nel nostro Paese nel 2023 è la stessa dell’anno precedente. Ma poichè gli altri Stati nel frattempo hanno migliorato la loro condizione, l’Italia perde una posizione in classifica. L’indice di percezione della corruzione (Cpi) totalizzato da Roma è pari a 56, lo stesso del report diffuso nel gennaio 2023, mentre oggi l’Italia occupa il 42esimo posto su 180 Paesi nella classifica di Transparency: dodici mesi fa era 41esima.

Cosa non funziona – A influire sulla valutazione alcune questioni che continuano ad incidere negativamente sulla capacità del nostro sistema di prevenzione della corruzione nel settore pubblico: dalle carenze normative che regolano il tema del conflitto di interessi nei rapporti tra pubblico e privato, alla mancanza di una disciplina in materia di lobbying ed alla recente sospensione del registro dei titolari effettivi per arginare il fenomeno dell’antiriciclaggio.

Lo stop ai miglioramenti – Comincia dunque a essere evidente come dopo un periodo di miglioramenti continui dell’ultimo decennio – cominciati con l’approvazione della legge Severino da parte del governo di Mario Monti e arrivati fino alla cosiddetta Spazzacorrotti varata dal governo di Giuseppe Conte, che hanno portato l’Italia a compiere un balzo in avanti di 10 posizioni nella classifica del 2021 – il nostro Paese non riesca a migliorare la sua condizione di lotta alla corruzione. Del resto proprio Transparency fa notare come proprio l’Italia sia tra i Paesi che hanno registrato maggiori progressi dal 2012 al 2022, nonostante resti ancora sotto la media europea. Cosa sta succedendo, dunque, alla lotta alla corruzione made in Italy? Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio il problema non esiste ed è dovuto solo ai criteri con cui vengono stilate le classifiche: “Abbiamo spiegato che i criteri di corruzione percepita non corrispondono affatto a quella reale, l’Italia risalirà nella graduatoria internazionale proprio perché abbiamo detto che i parametri sono sbagliati”, ha detto recentemente in Parlamento il guardasigilli.

E invece, nonostante l’opinione di Nordio, l’indice dell’Italia rimane stabile e la sua posizione in classifica addirittura perde una posizione. Da registrare, nonostante tutto, l’opinione dei vertici del “braccio italiano” di Transparency che è curiosamente positiva: “Il consolidamento del punteggio del nostro Paese nel CPI 2023 conferma l’Italia nel gruppo dei Paesi europei più impegnati sul fronte della trasparenza e del contrasto alla corruzione. Un risultato che è anche frutto dell’applicazione di alcune misure normative adottate in materia di whistleblowing e di appalti pubblici”, sostiene Michele Calleri, presidente di Transparency Italia. Una realtà recentemente travolta da lotte intestine tra i vertici che, come ha raccontato il mensile Fq Millennium, ha portato anche a una diffida da parte della “casa madre”: Transparency International ha minacciato di togliere nome e marchio alla filiale italiana.

Lotta alla corruzione ferma in 3/4 dei Paesi in Ue – Tornando alla classifica del 2023, in Europa il Cpi 2023 dimostra che gli sforzi per combattere la corruzione sono fermi o in diminuzione in più di tre quarti dei Paesi della regione: dal 2012 su 31 Paesi valutati soltanto in 6, tra cui l’Italia, hanno migliorato il loro punteggio, mentre 8 hanno registrato una diminuzione. Con un punteggio medio di 65 su 100, l’Unione Europea rimane la regione con il punteggio più alto nell’Indice di Percezione della Corruzione (CPI) ma l’efficacia delle misure anticorruzione continua a essere compromessa dall’indebolimento dei sistemi di controlli e contrappesi sui vari poteri. Il Cpi 2023 conferma l’Italia al 17° posto tra i 27 Paesi membri dell’Unione europea.

Il resto della classifica: Danimarca prima – A livello globale, nel Cpi 2023, la Danimarca rimane al vertice con 90 punti, seguita dalla Nuova Zelanda con 87 punti e dalla Finlandia con 85 punti, segue la Norvegia con 84 e Singapore con 83. In coda alla classifica troviamo la Somalia con 11 punti, il Venezuela, la Siria e il Sud Sudan con 13 punti, e lo Yemen con 16 punti. Se l’Europa occidentale mantiene il punteggio più alto (65), l’Africa sub-sahariana (33 punti) e l’Europa dell’Est e l’Asia centrale (35 punti) sono le aree mondiali con il punteggio più basso. La media globale rimane invariata per il dodicesimo anno consecutivo: nell’ultimo decennio, 28 Paesi hanno compiuto progressi significativi, mentre 35 hanno subito un peggioramento. Vent’anni dopo l’adozione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, osserva Transparency, il progresso rimane limitato: il Cpi 2023 rivela che in più di un decennio la maggior parte dei Paesi ha fatto pochi progressi nell’affrontare la corruzione del settore pubblico. Oltre i due terzi dei Paesi ottengono un punteggio inferiore a 50 su 100: più dell’80% della popolazione mondiale vive in Paesi con un Cpi al di sotto della media globale di 43.

Come viene elaborata la classifica – L’Indice di Percezione della Corruzione elaborato annualmente da Transparency International classifica i Paesi in base al livello di corruzione percepita nel settore pubblico, attraverso l’impiego di 13 strumenti di analisi e di sondaggi rivolti ad un pubblico di esperti. Il punteggio finale è determinato in base ad una scala che va da 0 (alto livello di corruzione percepita) a 100 (basso livello di corruzione percepita).

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