Il 26 gennaio, il Commissario generale dell’agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti ai palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini, ha aperto un’indagine su alcuni dipendenti sospettati di essere coinvolti negli attacchi di Hamas del 7 ottobre in Israele e li ha licenziati. Tutto questo sulla sulla sola segnalazione da parte delle autorità israeliane che non hanno ad oggi prodotto alcun dossier con prove documentali.

Lazzarini sperava di poter proteggere la capacità dell’agenzia di poter fornire assistenza umanitaria ma sottovalutava la volontà di vendetta che covava nei confronti della sua agenzia. A distanza di un’ora dalla comunicazione ufficiale il Dipartimento di Stato degli Usa aveva già deciso di sospendere i finanziamenti all’Unrwa. Nei giorni successivi, nonostante il licenziamento dei dipendenti segnalati dal governo israeliano e l’immediata attivazione di una commissione d’inchiesta, sono arrivate le sospensioni dei finanziamenti di: Australia, Canada, Italia, Germania, Finlandia, Paesi Bassi, Svizzera, Gran Bretagna e Scozia.

Con questi tagli l’Unrwa non sarà più in condizioni di lavorare e già dal mese di febbraio non sarà in grado di proseguire l’attività di assistenza umanitaria che garantisce cibo, acqua e prima assistenza a centinaia di migliaia di persone nella striscia di Gaza.

Perché questa scelta degli Usa e dei paesi più fedeli? Perché far ricadere su una Agenzia della Nazioni Unite responsabilità che evidentemente sono individuali di alcuni dipendenti? Perché decidere – nei fatti – di sospendere l’attività della Unrwa e gli aiuti alla popolazione di Gaza sulla base delle sole accuse di Israele nei confronti di 12 persone già licenziate dall’agenzia?

La risposta è tragicamente semplice: perché l’Unrwa è una delle fonti delle prove nel processo della Corte internazionale di giustizia contro Israele. Il 26 gennaio infatti, un’ora prima che partisse questa vicenda, la Corte ha stabilito che le accuse di genocidio contro Israele sono plausibili e il processo aperto dalle accuse del Sudafrica deve continuare. Occorre chiedersi come mai una Corte storicamente schierata in modo favorevole ai paesi occidentali si è mossa in questo modo di fronte alla denuncia del governo Sudafricano. La risposta è tutto sommato semplice: la quantità di prove documentali dell’azione genocida dell’esercito israeliano era così consistente da rendere pressoché impossibile una sentenza che accogliesse la tesi israeliana.

Alla base di questa sentenza vi è quindi il lavoro certosino di chi ha raccolto le prove documentali del massacro in corso e le ha fatte uscire da Gaza: giornalisti e agenzie di solidarietà internazionali, a partire da quelle delle Nazioni Unite, a partire dall’Unrwa.

I giornalisti che stanno a Gaza, com’è noto, sono una delle categorie più colpite dal fuoco dell’esercito israeliano nella sua azione contro la popolazione di Gaza: decine e decine di morti. I giornalisti occidentali che stanno al seguito dell’esercito israeliano godono di una condizione molto più sicura ma hanno un piccolo handicap professionale: possono arrivare sul luogo dei misfatti solo quando l’esercito israeliano decide di farli passare. Ci troviamo quindi in una situazione in cui i giornalisti che possono e cercano di documentare l’orrore sono essi stessi un obiettivo dei militari israeliani.

Un altro canale importante attraverso sui escono dalla striscia di Gaza le informazioni e la documentazione video, sono le agenzie internazionali, tra queste la Unrwa.

Così, un’ora dopo che la Corte di giustizia internazionale dell’Aja aveva stabilito l’obbligo per Israele di assumere una condotta che dimostri esplicitamente che non sta compiendo un genocidio e di prendere “provvedimenti immediati per consentire aiuti umanitari e beni di prima necessità alla Striscia di Gaza”, gli Usa – seguiti a ruota dai servi più fedeli – hanno provveduto a tagliare i fondi all’agenzia delle Nazioni Unite che ha il compito istituzionale di fornire gli aiuti umanitari e che aveva fornito una parte delle prove che hanno permesso la condanna di Israele.

Adesso i media italiani imbastiscono i servizi sugli episodi di corruzione all’Onu quando la vera domanda a cui rispondere è: perché il governo italiano e i paesi occidentali che si mostrano così dispiaciuti per gli oltre 10.000 bambini uccisi dagli israeliani a Gaza hanno scelto di rendere impossibile la documentazione delle migliaia di bambini che verranno assassinati nelle prossime settimane? Perché chi versa lacrime di coccodrillo sulla sofferenza del popolo palestinese contribuisce in modo decisivo a far sì che nelle prossime settimane gli abitanti di Gaza muoiano di fame e di stenti?

Queste sono le domande a cui dovrebbe rispondere il governo Meloni, che ha fatto del servilismo nei confronti degli Stati Uniti e di Israele la cifra fondamentale della sua vergognosa politica. Perché l’Italia è schierata in questo modo sguaiato al fianco dei carnefici?

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