Salgo sul treno a Trieste, torno a casa dopo un fine settimana di lavoro. Sarà la stanchezza ma guardando fuori dal finestrino metto in connessione la vittoria di Jannik Sinner e le critiche alla direttrice d’orchestra Beatrice Venezi al termine del doppio concerto al Politeama Garibaldi di Palermo.
Non mi interessa il tennis. Nemmeno un po’. E ne so nulla. Eppure appena appoggio la schiena alla poltrona, la 8A nella carrozza 2 di un Intercity che mi terrà 4 ore a bordo, si diffonde la notizia della vittoria del giovane italiano in Australia e io sono contenta. Contentissima. Non so nemmeno perché. Quando un uomo vince in una disciplina o in un’impresa pare che vinca per tutte e tutti. Quando una donna fallisce fallisce per l’intero genere femminile. L’ombra dell’inadeguatezza si allunga su tutte quando colei che è caduta si è avventurata in spazi occupati da una maggioranza di uomini. “Ecco vedi? Venezi non sa dirigere un’orchestra forse perché è una donna?”, “Ci vuole un uomo per tenere un’orchestra” e così via.
Il pregiudizio si radica in logiche fallaci ed è tenacissimo, tanto che sono stati sollevati dubbi che c’entrasse una qualche forma di discriminazione nei pessimi giudizi sulla performance palermitana di Beatrice Venezi.
“Non è stata una passeggiata suonare con una direttrice che conosce la partitura ma non è in grado di controllare l’orchestra”; “non sa dirigere, i suoi movimenti sono scoordinati rispetto alla partitura”; “meglio fare da soli”. “La Foss – ha scritto il Fatto quotidiano – si è rifiutata di offrirle il tributo finale col caloroso rituale del battito dei piedi che è stato invece dedicato al primo violino”. Contestazioni che sono diventate oggetto di scontro tra destra e sinistra, perché Venezi non ha mai fatto mistero delle sue simpatie politiche ed è stata nominata, nel 2022, consigliera per la musica dal ministro della cultura Gennaro Sangiuliano. Eppure il problema dell’impreparazione delle nuove generazioni di direttori d’orchestra viene denunciato da tempo e non solo da Riccardo Muti – che in un’intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo del 2021 disse: “La direzione d’orchestra è spesso diventata una professione di comodo. Sovente i giovani arrivano a dirigere senza studi lunghi e seri. Affrontano opere monumentali all’inizio dell’attività basandosi sull’efficienza del gesto, talora della gesticolazione eccessiva, da show, cercando di colpire un pubblico più incline a ciò che vede e meno a ciò che sente”.
Leggendo questa vecchia intervista è difficile pensare che il sessismo sia stato un elemento fondante (tantomeno differenti orientamenti politici) nella contestazione degli orchestrali palermitani; per questo le polemiche che ne sono seguite appaiono infondate.
Nei giorni scorsi, il Secolo d’Italia, testata che certo non brilla per posizioni femministe – è sufficiente leggere gli articoli pubblicati in passato sugli attacchi a Michela Murgia mai stigmatizzati – ha denunciato il “machismo di sinistra” e anche la stessa Venezi ha puntato il dito contro pregiudizi degli orchestrali, giudicando capziose le critiche: “ebbene sì, sono una donna”; “mi criticano perché non dirigo a sinistra”; “c’è una tendenza a sminuirmi e ad offendermi”; “sono di destra”.
Massimo Gramellini, che sul tema delle discriminazioni di genere ha dimostrato sempre di avere un grande cuore, nella sua rubrica Il Caffè sul Corriere della Sera si perde e confonde compassione e indulgenza con femminismo. Scrive di aver preso atto che i giudizi degli orchestrali non hanno provocato una levata di scudi in difesa della direttrice d’orchestra, “come invece sarebbe accaduto se ad essere attaccata sul piano della professionalità, addirittura della legittimità a occupare un posto di comando, fosse stata una qualunque altra donna non schierata politicamente da una certa parte, cioè a destra”. Venezi sarebbe stata presa di mira perché giovane e attraente e quindi non riconosciuta nella sua competenza. Per Gramellini sarebbe stato un errore non andare in soccorso di una donna esprimendole solidarietà di genere, “anche sbagliando” e tutto questo a prescindere da una valutazione obiettiva sulle contestazioni degli orchestrali.
Una presa di posizione a favore di una donna attaccata e svilita con sessismo e offese è doverosa quando il pregiudizio di genere esiste ed è tangibile – e non c’è stata inadeguatezza o fallimento, bensì discriminazione. Ma è una trappola quando il pregiudizio sessista non c’entra e si rischia di scivolare in uno sterile vittimismo. La politologa Nadia Urbinati ha risposto alle accuse di scarsa solidarietà femminile: “Gramellini non riesce a capire: non si difende una donna professionista perché donna. Le donne non sono mutilate che devono essere difese e protette comunque. Hanno buone spalle per ricevere critiche senza sconti”.
C’è una grande differenza tra il compatire le donne e denunciare le discriminazioni contro le donne; la solidarietà la si può dare sul piano umano, ma senza motivarla con questioni di genere quando non ci sono.
@nadiesdaa