Le immagini di Ilaria Salis, in catene e trascinata da una agente durante l’udienza per il processo in corso a Budapest – hanno innescato indignazione ma anche un caso politico nel governo. Con il padre della 39enne, accusata di aver aggredito due neonazisti e in carcere da febbraio in Ungheria, che ribadisce come l’ambasciata sapesse come veniva condotta in aula la donna.

Condizioni “terribili” denuncia l’associazione Giuristi democratici – che con due legali di Venezia ammessi al processo come Osservatori internazionali – insieme “all’utilizzo disumanizzante e proibito nei nostri tribunali delle manette e dei guinzagli a vita“. Gli avvocati Aurora D’Agostino e Giuseppe Romano ricordano che “la Comunità europea ha stabilito la possibilità di ottenere gli arresti domiciliari nel proprio Stato, giustappunto perché non si verifichino disparità di trattamento tra cittadini europei, il cui pericolo di fuga non deve fungere da elemento discriminante”. Salis, per cui sono stati chiesi 11 anni, si è dichiarata innocente.

Un solo giudice per decidere una pena altissima – Nel loro report sull’udienza ‘preparatoria’ del processo a Salis e ad altri due coimputati tedeschi, i legali dell’associazione, che seguono il caso della nostra connazionale insieme a un team europeo di legali che si occupa di diritti umani, fanno presente che ieri i tre imputati sono rimasti al guinzaglio e in manette “in aula durante tutta la seduta”. “Per pene superiori a 20 anni, quale quella potenzialmente irrogabile a Ilaria Salis, nel nostro ordinamento – spiegano D’Agostino e Romano – è previsto un collegio di giudici, mentre il giudice nel procedimento ungherese è unico. Inoltre, il giudice ungherese ha già a disposizione gli atti su cui si fonda il processo e questo rischia di appiattire la difesa sugli atti di polizia delle indagini senza un giudice terzo come vuole il rito accusatorio da noi in vigore da più di 30 anni. Il sistema inquisitorio dovrebbe peraltro velocizzare il processo che invece qui dopo un anno non è ancora iniziato”.

Lesi i diritti di difesa, reato contestato non esiste nel nostro ordinamento – “Quel giudice (come detto, unico e non collegiale e che deciderà con sistema inquisitorio) ha ieri emesso sentenza di condanna nei confronti di un coimputato ritenendo provato il reato associativo. Lo stesso giudice deciderà poi in spregio a ogni principio di incompatibilità sulla responsabilità dei coimputati. Ilaria – rimarcano i due avvocati – non ha mai potuto vedere i materiali video che asseritamente la accusano e non ha avuto gli atti di indagine tradotti. Non le viene contestato il tentato omicidio a fronte del quale la prognosi lieve poteva non essere determinante; le si contestano lesioni ‘potenzialmente letali’, norma che non trova riferimenti nel nostro ordinamento e che non tiene conto delle certificazioni che attestano lesioni qualificabili come lievi”. “Una carcerazione così lunga a fronte di lesioni lievissime e in mancanza di querela è del tutto sproporzionata tanto più in condizione detentive come quelle denunciate”, concludono i due legali e Osservatori internazionali evidenziando come, nonostante tutte queste circostanze, “Ilaria resta in Ungheria, e per di più in carcere”.

Le preoccupazioni lanciate da giorni – Nei giorni scorsi l’associazione aveva ricostruito la vicenda e lanciato un allarme. “La cittadina italiana si trova reclusa in Ungheria da quasi un anno e stando alla ricostruzione dalla stessa fornita (e mai smentita dai nostri organi consolari / diplomatici) ha trascorso i lunghi mesi in condizioni di detenzione disumana e degradante. Il fatto/reato contestato vede la lesione lieve (in concorso) di due militanti neonazisti durante una parata commemorativa delle Ss”.

“A destare ampia preoccupazione, oltre alla condizione detentiva e alla sproporzione della durata cautelare / sanzionatoria, è la possibile lesione dei diritti difensivi in uno stato che è oggetto di plurime segnalazioni di infrazione a livello europeo…. La preoccupazione investe anche la sproporzione dell’ipotesi di reato contestata rispetto alla reale entità dei fatti: Ilaria Salis si vede contestate delle lesioni potenzialmente mortali a fronte di prognosi di 5 ed 8 giorni; in altre parole, per un reato che, nel nostro ordinamento sarebbe perseguibile a querela (lesioni lievi), Ilaria Salis rischia una pena fino a 24 anni“.

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