Cinema

Roberto Benigni torna a parlare di cinema: “Vorrei girare un’opera che si prenda il cuore del mio cuore”

di Davide Turrini

“Mi piacerebbe girare un piccolo film in cui lasciarsi andare a un momento di felicità e spensieratezza”. Roberto Benigni torna a parlare di cinema dopo tempo immemorabile. Le dotte analisi dantesche, gli alti appelli al senso dello stato, le intemerate sulle virtù del bene contro il male, i canti aulici sull’amore hanno per un attimo, ma proprio qualche secondo non di più, preso una pausa. “Ho avuto tante offerte in Italia e ne ho tanta voglia, anche se non mi sono mai fermato, ho fatto altre cose. Mi piacerebbe girare una piccola opera personale, che abbia il senso del nostro tempo. Un’opera che si prenda il cuore del mio cuore”, ha spiegato Benigni durante la consegna del dottorato di ricerca honoris causa in Belle Arti (l’undicesima onoreficienza in questi anni di recupero crediti intellettuali alti) presso la succursale romana dell’università americana di Notre Dame.

L’ultimo film di Benigni regista, e interprete, risale infatti a 19 anni fa. Fu il flop critico impressionante de La tigre e la neve (il New York Times lo definì “una sciocchezza vergognosa” mentre il NYPost sostenne che “più il film va avanti più diventa fastidioso il comportamento infantile di Benigni”). Opera prodromica che già preconizzava l’autoelevazione a cantore della bellezza del creato e che parcheggiava definitivamente in cantina la prepotenza distruttiva del comico, iniziata ad abbandonare dal giorno in cui al “Robbertooo” nazionale venne in mente il pastiche tragicomico, e oscarizzato, de La vita è bella.

La tigre e la neve uscì nel 2006 e seguì la già claudicante operazione Pinocchio made in Papigno. 35 milioni di dollari di budget (Melampo della moglie Nicoletta Braschi e Rai Cinema) e 24 quelli guadagnati in sala, di cui 14 in Italia, la Tigre e la neve richiama in nuce lo schema performativo che Benigni proporrà ad ambasciate e festival di Sanremo, Fabio Fazio e atenei blasonati: il leggio/quadro spoglio di fronte allo spettatore; la fama passata per altri motivi professionali che aleggia sinistra; e la figura muliebre del poeta: ne La tigre e la neve con sogni amorosi in cui incontra Borges, Ungaretti. Montale e Tom Waits, nella realtà che si scioglie in brodo di giuggiole per Mattarella.

Mala tempora currunt. Ora sembra in arrivo nientemeno che il film low budget, la piccola produzione artigianale, come i filmmaker alla Cassavetes o Scavolini. Attenzione però, la minestra comunque sembra sempre la stessa, basso budget ma ego planetario: “Siamo circondati da eventi possenti che non si possono sentire. Gioia e dolore si sovrappongono. La cosa più grande di un artista è regalare una gioia”. Un film sulla guerra in Ucraina? Uno sui bombardamenti a Gaza? Anche se con poche migliaia di euro. Le coordinate politiche progressiste però sono mutate un tantino, anche solo rispetto a 15 anni fa. Difficile ri-piazzare sul mercato “del bene” cosmico e cinematografico l’osannato artista sopra le parti. Durissima e allo stesso tempo affascinante la strada che prenderà Benigni cineasta nel 2024 e anni seguire. Attendiamo comunque fiduciosi.

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