Si è straparlato di Piano Mattei. Per fortuna c’è anche chi ne ha parlato seriamente, ovviamente criticandolo in modo severo. Cito solo, per andare veloci ma proprio molto veloci, il giudizio del direttore del think tank italiano per il clima ECCO, la lettera per il summit Italia-Africa di 80 organizzazioni della società civile africana (che l’Africa, si presume, la conoscono bene), l’articolo pieno zeppo di numeri e dati a firma di Angelo Bonelli pubblicato su questo sito.

In sintesi, il punto è che si tratta semplicemente di un piano fuori dalla storia. Anzi, per essere più precisi, dalla parte sbagliata della storia. Come del resto è qualsiasi piano che oggi, a collasso climatico conclamato, non metta al centro la riduzione rapida e drastica dell’utilizzo di combustibili fossili. A maggior ragione progetti di espansione della produzione di combustibili fossili, che ormai dovrebbero essere vietati per legge – e in qualche luogo nel mondo lo si sta facendo, in effetti – e con ogni probabilità prima o poi lo saranno dappertutto (chi vivrà, vedrà), dato che tutte le agenzie internazionali competenti in materia dicono da un pezzo e all’unisono che la prima cosa da fare per contrastare la crisi climatica è mettere uno stop alla ricerca di nuovi giacimenti e all’espansione della produzione di combustibili fossili. Di tutti: carbone, petrolio e gas fossile.

Si spera giovi, allora – soprattutto a beneficio, come sempre, di quelli che ci stanno più a cuore, vale a dire quelli di più dura cervice, tipo quelli che al bar a colazione, a pranzo coi colleghi o all’aperitivo con gli amici, esordiscono col classico “ma il clima è sempre cambiato”, o in alternativa con “ma l’uomo non c’entra col clima”, e proseguono sproloquiando idiozie senza capo né coda -, mettere in fila giusto alcune selezionatissime autorevoli dichiarazioni (fra le infinite) di cui suggeriamo il seguente uso: spararle a nastro, a mo’ di sottofondo parlato, o se si vuole di mantra, ogni volta che qualcuno al bar, al ristorante, fra amici o a casa, o, peggio mi sento, in un evento pubblico e magari pure di portata internazionale, parte col “ma il clima è sempre cambiato”. Per la serie repetita iuvant.

Una la prendiamo dal professor Jeffrey Sachs, che per chi non lo conoscesse è considerato il “padre” degli SDGs, i Sustainable Development Goals, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (detti anche Global Goals) lanciati dalle Nazioni Unite nel 2015. Che rappresentano il principale (e unico) quadro di riferimento globale su che cosa si debba intendere per sostenibilità e sviluppo sostenibile. Tempo fa, c’è anche il video, parlando del famigerato oleodotto Eacop (East African Crude Oil Pipeline, guarda un po’ proprio in Africa), dal quale, per le critiche feroci di cui sono stati oggetto per averlo inizialmente sostenuto, si sono e si stanno ritirando in massa finanziatori e assicuratori di mezzo mondo (anche l’italiana SACE), ha detto: “Non abbiamo bisogno di altri progetti di petrolio e gas su questo pianeta. Punto. L’Agenzia Internazionale dell’Energia dice basta progetti legati a petrolio e gas. Quanto è difficile da capire? No vuol dire no”.

Un’altra la prendiamo dal Vaticano, per la precisione dal Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, il cardinale Michael Czerny. Prima non dell’ultima ma della penultima COP, quella di fine 2022 a Sharm el-Sheik, aveva dichiarato: “La temperatura del pianeta è già cresciuta di 1.2°C, ma ogni giorno nuovi progetti riguardanti i combustibili fossili accelerano la nostra corsa verso il baratro. Quando è troppo è troppo. Tutte le nuove esplorazioni e produzioni di carbone, petrolio e gas devono cessare immediatamente mentre è urgente che la produzione esistente di combustibili debba essere gradualmente eliminata”.

L’ultima la prendo dalla viva voce, e soprattutto arrabbiata (hanno ragione da vendere!), dei giovani. Sì, quelli che – sempre secondo quelli del bar di cui sopra – protestano ma non fanno una proposta che sia una, dovrebbero andare a lavorare ecc. ecc.. Tra l’altro si tratta di giovani particolari, nel senso di selezionati, anzi, selezionat-issimi: erano i 400 giovani di 197 Paesi del mondo che a Milano, prima della COP ancora precedente, quella di fine 2021 a Glasgow, avevano partecipato alla Youth4Climate, una conferenza organizzata in vista della COP26 a cui i “grandi” (sic!) della terra chiedevano esplicitamente proposte concrete da portare al tavolo dei negoziati. Si erano divisi in gruppi di lavoro e nell’ultimo giorno, di fronte ai suddetti “grandi” (fra cui Draghi), avevano restituito la sintesi dei loro lavori. Ecco quanto aveva perentoriamente affermato uno dei portavoce: “Soprattutto, ed è stato un punto estremamente importante nel nostro gruppo, dobbiamo abolire, abolire l’industria delle fossili, rapidamente e immediatamente, eliminandoli totalmente, al più tardi entro il 2030″.

Allora siamo intesi: spararle a nastro non appena si sente qualcuno che attacca col “ma il clima è sempre cambiato”. Magari per giustificare piani Mattei et similia.

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