Più tutele per imprese e lavoratori dell’indotto e anche per le banche che ne acquisiscono i crediti, ma dai sindacati a Confindustria piovono critiche. Il governo allarga ulteriormente l’ombrello per il mondo Ilva, in vista della possibile amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia che il socio privato sta provando a scongiurare in tribunale. Con un nuovo decreto legge approvato “fuori sacco” in Consiglio dei ministri, l’esecutivo ha approvato un provvedimento per sostenere le piccole e medie imprese che forniscono beni e servizi alle imprese di carattere strategico e il loro accesso alla liquidità.

Viene concessa a titolo gratuito, senza valutazione, la garanzia del Fondo per le pmi fino all’80% dell’importo dell’operazione finanziaria, nel caso di garanzia diretta, e del 90% dell’importo dell’operazione finanziaria del primo livello, nel caso di riassicurazione. Per l’accesso, le imprese devono aver prodotto, negli ultimi due esercizi precedenti la richiesta, almeno il 70% del fatturato nei confronti del committente in amministrazione straordinaria. Può anche essere richiesto un contributo a fondo perduto finalizzato ad abbattere il tasso di interesse.

Inoltre i crediti vantati dalle imprese o dai cessionari (le banche) nei confronti di imprese committenti ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria sopra definiti sono prededucibili ai sensi dell’articolo 6 del codice della crisi e dell’insolvenza, ove riferiti a prestazioni di beni e servizi, anche di autotrasporto e movimentazione di attrezzature, beni, prodotti e personale, strumentali a consentire la funzionalità produttiva degli impianti. Per questo viene istituito un fondo pari a 150 milioni di euro. Per i lavoratori delle aziende dell’indotto viene riconosciuta una cassa integrazione straordinaria per sei settimane.

“Il decreto non aiuta e non è quello che avevamo chiesto nel corso dell’audizione al Senato. Questo decreto non scongiura i licenziamenti, non introduce l’ammortizzatore sociale unico in grado di garantire la continuità occupazionale e l’integrazione salariale per i lavoratori, ma soprattutto non prevede la continuità produttiva degli stabilimenti ex Ilva e delle aziende dell’indotto”, si lamenta la Fiom Cgil. “L’unica cosa che si sta definendo velocemente è il contenzioso tra socio privato e socio pubblico, e non la salvaguardia degli impianti, dell’occupazione e dell’ambiente – dice il coordinatore nazionale della siderurgia Fiom, Loris Scarpa – Chiediamo che si riprenda con urgenza il confronto a Palazzo Chigi con le organizzazioni sindacali, che doveva essere previsto per domani. Non c’è più tempo, rischiamo di perdere la produzione di acciaio nel nostro Paese”.

Critica anche Confindustria Taranto che giudica il decreto “insufficiente”. In una lettera inviata al ministro alle imprese e al made in Italy, Adolfo Urso, e firmata dal presidente Salvatore Toma, si torna a chiedere “con urgenza l’adozione di un intervento straordinario” che vada a “ristorare totalmente la platea delle imprese creditrici, piccole, medie e grandi, attraverso operazioni di cessione pro soluto del credito garantite dal Medio Credito Centrale o da Sace prima che si avvii la procedura di amministrazione straordinaria”. Solo così si salveranno, secondo gli industriali, le aziende da un “default praticamente inevitabile”.

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