Mentre l’Europa si avvicina alle elezioni per il Parlamento Europeo, si trova a navigare in un mare di sfide senza precedenti, caratterizzato da una grande instabilità geopolitica ed economica. L’impatto della pandemia, l’inflazione, e le tensioni sociali esacerbate da conflitti alle sue porte, mettono in luce la necessità di una gestione più efficace e proattiva dei cambiamenti strutturali dell’economia da parte delle istituzioni pubbliche.
Al centro di questa trasformazione c’è la transizione ecologica, vista non solo come una necessità per mitigare i cambiamenti climatici ma anche come un’opportunità di crescita economica e di incremento della produttività, paragonabile alle rivoluzioni tecnologiche del passato. Questa transizione, se gestita con successo, può portare a un significativo risparmio di risorse, riducendo i costi legati al riscaldamento globale e alla gestione di eventi climatici estremi. Il potenziale impatto positivo sulle nuove tecnologie e sulla produttività è notevole, ma non esente da sfide.
Un punto cruciale riguarda la cosiddetta “distruzione creativa”, un processo in cui alcuni settori industriali vengono ridimensionati o scompaiono mentre altri emergono e prosperano. Questo fenomeno porta inevitabilmente a una redistribuzione delle risorse, creando vincitori e perdenti. Di fronte a questa realtà, diventa essenziale implementare politiche pubbliche che assicurino una distribuzione equa dei costi e dei benefici, sostenendo l’adesione e l’accettazione delle politiche pubbliche e rendendo la transizione non solo ecologica ma anche socialmente sostenibile.
Nonostante gli sforzi regolamentari e le iniziative per promuovere comportamenti virtuosi, l’Europa si trova a un bivio. Gli sforzi di regolamentazione non sono stati supportati da investimenti adeguati in ricerca di base e infrastrutture necessarie per una vera decarbonizzazione dell’economia. Questo divario tra regolamentazione e investimento è stato messo in evidenza confrontando gli sforzi dell’Ue con quelli di altre economie, come gli Stati Uniti, dove la reindustrializzazione è supportata da investimenti pubblici massicci.
La mancanza di investimenti adeguati non solo mina la capacità dell’Europa di sfruttare pienamente i benefici della transizione ecologica, ma rappresenta anche un rischio significativo per la coesione sociale. Una transizione basata su regole sempre più stringenti, ma priva di investimenti sufficienti, può aumentare le disuguaglianze e creare tensioni all’interno della società.
Per affrontare questi problemi, è imperativo un deciso cambio di marcia. L’Europa deve superare la propria tendenza alla frugalità pubblica e privata e impegnarsi in un’apertura finanziaria che sia proporzionata alle sfide che affronta. Questo significa investire in progetti di investimento transnazionali e creare una maggiore capacità di bilancio a livello europeo. Solo così l’Europa potrà recuperare il tempo perduto e posizionarsi come leader nella transizione verso un futuro ecologico e economicamente prospero.