Il centrodestra siciliano va sotto alla prova di forza sulla Salva-Ineleggibili voluta da Fratelli d’Italia. La norma, che avrebbe salvato lo scranno di alcuni deputati meloniani giudicati ineleggibili da una sentenza di primo grado, e in attesa dell’appello, è stata bocciata dall’Assemblea Regionale siciliana con 34 voti contrari e 30 favorevoli. Sono 40 i consiglieri di maggioranza (in Sicilia chiamati deputati) su un totale di 70: contando anche le assenze da entrambi i lati, alla maggioranza sono mancati una decina di voti.

La maggioranza si è spaccata alla presenza di Renato Schifani, che era oggi in Aula, su una norma voluta con forza da Fratelli d’Italia che non solo l’ha firmata ma che ha anche spinto per votarla il prima possibile. Una vera e propria forzatura nonostante il parere negativo degli uffici legali della stessa Regione Siciliana per una norma che avrebbe avuto anche potere retroattivo. Una bocciatura che adesso porta la firma del partito della Meloni ma anche quella di Schifani. La presenza in aula del presidente siciliano, che era invece mancato durante le sedute della Finanziaria, è stata duramente criticata dalle opposizioni. Una presenza, quella di Schifani, necessaria a dare un peso politico dopo la bocciatura del giorno prima. La votazione era, infatti, prevista dopo la discussione sulla norma sulle province, ma martedì pomeriggio è arrivata da Fdi la richiesta di invertire l’ordine del giorno per votare la Salva ineleggibili in anticipo rispetto a quanto messo in agenda. Una richiesta messa ai voti e già bocciata dall’Assemblea regionale siciliana martedì pomeriggio. La bocciatura, però, non è andata giù ai deputati di Fratelli d’Italia che hanno abbandonato l’Aula. Tutto rinviato a oggi con l’inversione infine ottenuta dai meloniani, e stavolta alla presenza di Schifani, per mettere in riga la maggioranza. Ciononostante la norma è stata bocciata, rivelandosi un boomerang non solo per il partito della Meloni ma anche per lo stesso governatore, attaccato dall’opposizione.

“Quella di Schifani oggi in Aula è una presenza inquietante”, ha detto Gianfranco Micciché, adesso al gruppo misto, intervenendo in Aula prima del voto. “Se passa questa legge domani io vado in procura e vi denuncio a tutti perché state passando ogni limite”, aveva aggiunto in aula anche il dem Nello Di Pasquale. L’esito è stata una débacle per il centrodestra: a mancare sono stati, secondo i rumor di palazzo (il voto è stato segreto) i voti della Lega (che dovrebbe beneficiare del passaggio di chi prenderà il posto degli ineleggibili), della Dc e di una parte dell’Mpa che si è spaccato nonostante l’asse con i meloniani.

“Questa maggioranza ormai in frantumi ha provato per l’ennesima volta a far passare una norma inaccettabile per salvare gli ineleggibili, meno male che ci abbiamo pensato noi dell’opposizione a salvare la dignità del parlamento siciliano. Resta la figuraccia politica del presidente Schifani che non si è fatto vedere durante l’esame della finanziaria a Sala d’Ercole ma si è presentato oggi per assistere alla sua maggioranza che sgretolava sul ddl salva-ineleggibili”: così commentano con una nota unitaria le opposizioni. Il voto sulla Salva ineleggibili, del resto ha mostrato le spaccature nella maggioranza e ha compattato l’opposizione: a votare contro la norma anche Sud Chiama Nord, nonostante uno dei deputati regionali, Davide Vasta, fosse tra i potenziali beneficiari della prima definizione della norma: “Avevamo annunciato che avremmo lasciato l’aula, ma siccome oggi è presente il governatore Schifani per guardare negli occhi la sua maggioranza al momento del voto e dettare gli orientamenti, rimarremo in aula e voteremo contro”, aveva detto in aula Cateno De Luca, rimarcando come dopo varie scremature la norma avrebbe infine salvato lo scranno all’Ars solo di Giuseppe Catania e Nicola Catania. Entrambi di Fratelli d’Italia, i due Catania (solo omonimi) al momento della elezione ricoprivano ruoli in enti controllati dalla Regione ed entrambi sono stati già dichiarati ineleggibili da una prima sentenza del Tribunale di Palermo. Per il trapanese Nicola Catania la sentenza di appello potrebbe arrivare a metà febbraio. Ai due deputati, nel caso di una conferma in appello, subentreranno i primi dei non eletti, secondo alcuni in procinto di abbandonare il partito della presidente del consiglio per altri partiti di maggioranza. Per questo, secondo i più esperti, sarebbe arrivata la forzatura dei meloniani che perdendo due deputati non sarebbero più il primo partito all’Ars. Una sconfitta su tutti i fronti per Fdi che ora potrebbe perdere i due deputati mentre il voto ha mostrato una frattura evidente tra il partito della presidente del consiglio e il resto della maggioranza. Una frattura solo siciliana?

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