Che fine hanno fatto i giornalisti del Coni, l’ufficio stampa che accompagna le apparizioni (non sono poche) del presidente Malagò e i trionfi degli azzurri? Ci sono, ma non si vedono. Nel senso che sono letteralmente invisibili per la pubblica amministrazione: spariti da un giorno all’altro dalla pianta organica del Comitato Olimpico. Un mistero, dietro cui potrebbe nascondersi qualcosa in più di un semplice disguido amministrativo.
Nell’ultima giunta di gennaio, è passata sotto traccia l’approvazione di una delibera per ripartire la pianta organica del Comitato: 165 unità, non una di più, come concordato dopo un lungo tira e molla col governo, a seguito della famosa riforma Giorgetti che ha creato la partecipata “Sport e Salute”, riducendo il potere e l’influenza del Coni di Malagò, un vero e proprio impero fino a pochi anni fa, adesso ricondotto nel perimetro dell’alto livello e della preparazione olimpica, in cui si muove recalcitrante. Secondo la nuova delibera, il personale si articola in 10 dirigenti, 17 quadri, 9 elevate professionalità, 79 funzionari, 50 assistenti. Da un rapido confronto con la dotazione pubblicata fino a pochi giorni fa sul sito ufficiale, ci si accorge però di un piccolo dettaglio: sono spariti i 4 giornalisti storicamente in forza al Comitato. Attenzione: non è che non lavorino più lì, vanno sempre in ufficio, sono regolarmente a libro paga dell’ente. Semplicemente non figurano in pianta organica.
Un’anomalia difficile da spiegare. Tanto che qualcuno ha cominciato a vederci un secondo fine: creare dal nulla quattro unità in più che prima non c’erano; quattro posti da riempire, quattro possibili assunzioni da bandire. Facile pensar male, del resto, considerando i recenti tentativi del Coni di sconfinare dal proprio recinto: dalla richiesta di una nuova società di servizi all’ultimo statuto auto-approvato contra legem (e infatti stoppato dal governo), è una continua rivendicazione di spazi, poteri, competenze. Malagò non si è mai rassegnato alla riforma, vissuta come un affronto quasi personale. E chissà che anche il curioso caso amministrativo dei “giornalisti fantasma” non nasconda un altro mezzuccio del genere. Non è chiaro quali siano le ricadute per i diretti interessati, ma anche se non dovessero essercene – al di là del torto di non vedersi più riconosciuti formalmente dall’ente per cui lavorano – resta una questione anche più importante di quella di principio. La dotazione di personale era stata concordata col governo al termine di una lunga ed estenuante trattativa. L’eventuale creazione di quattro posti in più aggirerebbe quell’accordo e potrebbe determinare anche un aggravio di costi.
Ilfattoquotidiano.it ha provato a chiederne conto al Coni, col paradosso di non potersi rivolgere all’ufficio stampa (il Comitato nemmeno lo riconosce). Il segretario generale Mornati assicura che si è trattato di una semplice ripartizione interna, concordata con la Funzione Pubblica; che l’inquadramento dei giornalisti è dovuto alla particolare contrattualistica di cui godono, per un contingente ad esaurimento; che la delibera fotografa la situazione futura dell’ente e che comunque i 4 giornalisti, pur fuori pianta, sono inclusi nel computo massimo delle 165 unità, che il Coni non ha intenzione di sforare ed al momento non raggiunge nemmeno. Anche il Dipartimento dello Sport, a cui spetta la vigilanza, è stato subito informato. Chissà se il ministro Abodi sarà d’accordo.