Al mattino di martedì 30 gennaio alcune località della Pianura padano-veneta, tra cui Parma e Verona, si sono svegliate con una sottile imbiancata di 1-2 centimetri di neve. Non si è trattato di un’ordinaria nevicata – dato che una robusta alta pressione confinava le perturbazioni ben oltre le Alpi, sull’Europa settentrionale – ma di una particolare precipitazione che a volte si forma, debole, all’interno dello strato nebbioso vicino al suolo e che, se le temperature sono sotto zero (circa -4 °C nel caso di martedì), avviene in forma nevosa.

Spesso si parla di “neve chimica”, ma è una denominazione inappropriata, perché l’acqua in tutte le sue manifestazioni ha sempre una natura “chimica” (H2O, due atomi di idrogeno e uno di ossigeno) e non solo in questo caso, quando si vorrebbe sottolineare l’origine del fenomeno che spesso è facilitato dalla copiosa presenza di particolato inquinante nell’aria, attribuendo alla chimica un’immeritata accezione negativa. Il nome italiano più corretto è “neve da nebbia”, in alternativa al meno agevole “nebbia congelante precipitante”.

Le stesse condizioni atmosferiche che d’inverno portano alla formazione della nebbia sulle pianure del Nord Italia – assenza di vento, inversioni termiche – favoriscono anche l’accumulo di aerosol inquinante, che nel caso delle polveri fini (PM10) nei giorni scorsi ha diffusamente varcato la malsana soglia di concentrazione di 50 microgrammi per metro cubo d’aria. A permettere lo sviluppo di qualunque precipitazione è sempre la condensazione o il ghiacciamento del vapore acqueo su miliardi di minuscole particelle in gran parte di origine naturale (spray salato di acqua marina, polvere desertica, particolato dei fumi di incendi…) ma in parte anche antropica (emissioni industriali e domestiche, traffico veicolare), dette “nuclei di condensazione”. Questi abbondano proprio nelle dense e inquinate nebbie padane facilitando – anche all’interno di una nube in questo caso sottile e al livello del suolo – la formazione di fiocchetti di neve che talora riescono a imbiancare il terreno, o anche di sottili pioviggini se le temperature sono sopra 0 °C.

Dobbiamo allarmarci? No, o almeno non più di quanto già debba preoccupare il ben noto inquinamento dell’aria, che – anche se non ce ne accorgiamo – abitualmente contamina tutte le precipitazioni che riceviamo, pioggia o neve o che sia.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Caccia, liberi tutti: per le associazioni ambientaliste la proposta di legge della Lega è “incostituzionale, va ritirata”. L’audizione Wwf

next
Articolo Successivo

Illuminare il Gran Sasso per il Giro d’Italia? L’ente parco dice no e fa infuriare i politici

next