“Non riuscivo a vederla in quello stato”. Così disse Francio Cioni quando il 14 aprile 2021 a Vignola (Modena) uccise la moglie Laura Amidei malata terminale, consegnandosi ai carabinieri. All’uomo, condannato a 6 anni e due mesi, i giudici della Corte d’assise di Modena hanno riconosciuto “l’attenuante del particolare valore morale e sociale”. La coppia era spostata da 45 anni e lui aveva assistito la compagna dall’inizio della malattia nel 2016 “con assoluta costanza e inesauribile dedizione”, con presenza giornaliera in ospedale e poi in casa, al limite delle proprie forze, come ricostruito nel dibattitto attraverso le testimonianze. I magistrati, nelle motivazioni, ritengono che non si possa considerare il gesto isolatamente “rispetto a tutta la condotta anteriore osservata dall’imputato nella dedizione, nella vicinanza e nel sostegno umano assicurato alla propria consorte per tutta la sua lunga malattia” e non si può non considerare “l’altruismo” di Cioni, come emerso dalle testimonianze.

Il collegio nelle motivazioni della sentenza di condanna all’anziano, difeso dall’avvocato Simone Bonfante, spiega anche di aver tenuto conto che l’omicidio avvenne con “modalità consone allo scopo”, cioè con un cuscino e mentre la donna stava dormendo. “L’altruismo” di Cioni, testimoniato dal medico che aveva in cura la donna, dalla sorella della vittima e dai conoscenti, sottolinea ancora la Corte, “riflette un sentire sociale ormai sempre più presente in larghi settori della società civile che hanno vissuto o sono chiamati a vivere la drammaticità del fine vita di loro congiunti all’esito di malattie irreversibili, sempre più propensi a riconoscere nella condotta osservata dall’imputato la manifestazione di uno stato affettivo di amore pietoso che trova la propria legittimazione interiore nella lunga e assoluta compartecipazione emotiva per le sofferenze della vittima, ormai deprivata di ogni condizione di vita relazionale per l’incedere della malattia e l’ormai prossimo esito letale”.

I giudici – presieduti da Pasquale Liccardo – analizzano tutto il contesto in cui è maturato l’omicidio, la dinamica e le gravissime condizioni di salute della donna e ricordano che per la concessione di questa attenuante vanno valutati gli orientamenti espressi dalla collettività. “Si tratta a ben vedere di un contesto specifico per circostanze storiche”, come quelle ricostruite, “nel quale si riflette una diffusa coscienza sociale che si interroga sulla drammaticità di un gesto assunto in condizioni di assoluta solitudine personale dal coniuge legato da un incondizionato rapporto d’amore”. La coscienza sociale citata dai giudici “ha via via interrogato la giurisprudenza su queste tematiche e sulle tematiche confinanti del fine vita”.

Chi è chiamato a interpretare le pronunce, “a fronte della maturazione in ampi settori della società civile di una diversa sensibilità etico-sociale quanto all’esigibilità di condotte volte all’incondizionata accettazione di una sofferenza inesprimibile” deve essere in grado di cogliere “i profili di rilevanza e compatibilità costituzionale laddove miri alla salvaguardia di un diritto coerente con un sentimento non pregiudizialmente ancorato a apriorismi ideologici o di principio”, sul presupposto che riconoscere l’attenuante non mira a superare la condotta illecita, ma a consentire un’articolazione motivata e coerente della pena.

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