La sentenza dell’Antitrust attesa dal governo, rimasto immobile di fronte alle inchieste del Fatto sul sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, è finalmente arrivata. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato censura le attività private e sotto compenso del critico perché incompatibili con quella istituzionale e smonta la sua difesa. Sgarbi sostiene che non sono attività professionali? L’Autorità tira fuori i contratti “di prestazione d’opera”, tutti “supportati da una stabile organizzazione di persone e mezzi a ciò dedicata”. Lui giura che sono attività “accademiche, scientifiche e divulgative”? Ma non c’è traccia di “ricerca e insegnamento in ambito universitario”, dice l’Antitrust. Che delibera: “Il sottosegretario alla Cultura, prof. Vittorio Sgarbi ha esercitato attività professionali in veste di critico d’arte, in materie connesse con la carica di governo, a favore di soggetti pubblici e privati, in violazione legge 20 luglio 2004, n. 215”, scrive l’Autorità, dietro la quale l’esecutivo di Giorgia Meloni si era nascosto rinviando alla sentenza anche l’eventuale decisione di sollevare dall’incarico il sottosegretario. Tanto che alla fine Meloni e soci non hanno dovuto nemmeno disturbarsi perché Sgarbi ha presentato le dimissioni. Ovvio, non senza contestare il provvedimento: “Farò ricorso al Tar: ho già incaricato lo studio BonelliErede – ha dichiarato Sgarbi al Corriere –. L’Antitrust va contro l’articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola”, cioè quello che ho sempre fatto”.

L’Autorità ha invece confermato quanto anticipato dalla prima inchiesta del Fatto sulle conferenze che Sgarbi continuava a fare in tutta Italia, in barba alla legge Frattini del 2004 che stabilisce l’incompatibilità del ruolo istituzionale con “attività professionali in materie connesse alla carica di governo”. Attività che Sgarbi svolgeva con lauti compensi: almeno 300 mila euro solo da febbraio 2023 allo scorso ottobre, quando il Fatto ne ha dato notizia avviando un’indagine che si è poi allargata alle ormai note vicende del Manetti rubato e non solo. Presentazioni di mostre, lectio magistralis, ospitate e inviti dai Comuni di tutta Italia mentre gli italiani lo pagano per fare il sottosegretario alla Cultura e prendersi “cura degli interessi pubblici”. Che stesse violando la legge lo dice una volta per tutte l’Antitrust, smontando pezzo per pezzo, appuntamento per appuntamento, la fitta agenda del critico d’arte. Non solo, nelle 60 pagine redatte l’Autorità mette in fila ben 16 incarichi, oltre a quello di sottosegretario: Assessore al Comune di Viterbo, sindaco di Sutri, commissario alle Belle arti e ai musei di Codogno, Presidente del Mart di Trento e Rovereto, solo per citarne alcuni. Che gli impegni fossero dunque legati alle cariche negli enti culturali? Un’altra “forzatura”, secondo l’Antitrust, che registra partecipazioni “sempre in qualità di critico d’arte”.

“La mia attività non è vietata dalla legge, sono come un ministro che scrive libri”, ribatteva Sgarbi al Fatto lo scorso ottobre. Una linea di difesa che poi è diventata quella dei suoi avvocati, smontata punto per punto da quattro mesi di lavoro dell’Antitrust. Che concede solo l’attenuante della chiusura dell’attività svolta attraverso il sito vittoriosgarbi.it, dove il sottosegretario offriva pagamento dediche e scritti personalizzati. Il resto è un giudizio severo che censura il merito e il metodo. Secondo l’Autorità, le società gestite dal capo segreteria di Sgarbi al ministero, Nino Ippolito, e dalla sua storica compagna e attuale “manager”, Sabrina Colle, servivano proprio a “provvedere alle necessità economiche del prof. Sgarbi. Ciò è particolarmente evidente per Hestia la quale, come da espressa dichiarazione, provvede alle spese inerenti al domicilio romano di Sgarbi”, si legge. Come arrivavano i soldi a Sgarbi lo aveva spiegato il Fatto fin dall’inizio: Con sistemi anche complicati, di cui si ha almeno una traccia certa: due bonifici eseguiti a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro. Il primo l’11 ottobre per 12.200 euro per il pagamento di una fattura con causale “Supporto logistico per allestimento mostre” arriva sul conto corrente della Ars Srls. L’altro il giorno dopo, per 25 mila euro, causale di un “prestito infruttifero” richiesto e concesso dalla medesima fondazione alla stessa Ars Srls. Ricevuto l’importo, la Ars effettua un bonifico esattamente di pari importo a beneficio di una casa d’aste per il pagamento di una fattura emessa da quest’ultima a saldo per acquisti di Vittorio Sgarbi. La distinta indica il debitore effettivo: Vittorio Sgarbi.

Scrive oggi l’Antitrust: “Ars funge da trait d’union tra il critico d’arte e possibili committenti, sottoponendo una sorta di elenco di proposte, con relativa quantificazione dei corrispettivi, all’interno del quale l’organizzatore può scegliere la performance che preferisce (intervento, lectio magistralis, spettacolo teatrale, ecc.), cui possono essere annessi degli extra, anch’essi a pagamento (partecipazioni del critico a presentazioni tv, permanenza successiva alla chiusura dell’evento con disponibilità a farsi fotografare dal pubblico)”. Semplici rimborsi? No, perché le spese per gli eventi le pagavano gli organizzatori, “come risulta dai numerosi contratti acquisiti”. Al contrario, “emerge una sostanziale identificazione della Parte con le due società in questione”. Nemmeno la storia delle attività che esulano dalle deleghe di sottosegretario ha convinto. Quelle di Sgarbi sono “estremamente numerose ed estese”, tanto da violare la legge Frattini sul conflitto d’interessi con un’agenda professionale a dir poco fitta. Lui nega e parla di attività “puntiformi e occasionali”, tali da non “sottrarre tempo o risorse intellettuali alla carica”. “Conclusioni scarsamente convincenti – risponde l’Autorità –, ove solo si consideri che il Prof. ha svolto in media un intervento ogni tre giorni”. E conclude: “Il carattere temporaneo e occasionale manca del tutto”.

“L’Autorità deve occuparsi di appurare se ho violato la Legge Frattini, non di capire chi si occupa del mio sostentamento”, ha dichiarato l’ormai ex sottosegretario Sgarbi, che intanto se l’è presa con il ministro della Cultura Sangiuliano, che già ad ottobre aveva confermato al Fatto di aver “dato tutto all’Antitrust e pure Meloni è informata”.

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