Un mese prima di morire per un tumore, a soli 44 anni, don Lorenzo Milani lasciò Barbiana, la sua scuola, per andare ad abitare a casa della mamma, in via Masaccio, a Firenze. Dove morì il 26 giugno 1967. Fece capire che la scuola finiva con lui, che lettere e carte dovevano essere bruciate e che i “ragazzi” dovevano imparare a camminare con le proprie gambe. Iniziava per loro l’età adulta, senza il loro “babbo-maestro”. Ma in realtà carte e documenti della scuola del priore non sono state bruciate. Michele Gesualdi, uno degli allievi più legati a don Milani, che assieme al fratello Francuccio ha vissuto in canonica con il priore, nel corso degli anni ha raccolto centinaia di fogli, manoscritti, lettere, fotografie. Un’eredità sulla quale, nel centenario della nascita del priore, iniziato il 27 maggio scorso a Barbiana, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è scoppiata una furiosa lite giudiziaria. Il “la” lo ha dato la Fondazione don Milani, nata nel 2004 ad opera di Gesualdi, ma attualmente presieduta da Agostino Burberi, uno dei primi sei allievi del priore, che ha citato la famiglia Gesualdi, gli eredi di Michele, morto nel 2019, cioè la moglie Carla e la figlia Sandra. “Foto, carte e manoscritti appartengono a noi, alla Fondazione. I Gesualdi non possono tenere nella loro casa l’eredità del priore”, è il nocciolo del ricorso in tribunale della Fondazione. Risposta durissima dei Gesualdi. “Siamo di fronte a uno stupro intellettuale, l’archivio senza Michele non sarebbe mai esistito, mio padre, e solo lui, ha dedicato la vita a mettere insieme e curare quei materiali, e sua ne è la proprietà intellettuale e materiale”, ha spiegato Sandra Gesualdi alla cronaca fiorentina di Repubblica.
Il tribunale di Monza ha respinto il ricorso della Fondazione dando ragione ai Gesualdi: l’archivio del priore di Barbiana deve rimanere in loro possesso. Ma la Fondazione non si dà per vinta e ha deciso di ricorrere contro la decisione del tribunale civile di Monza. Prendendo “atto della decisione del tribunale di Monza, abbiamo già pronto il ricorso per far valere le nostre legittime ragioni” si legge in una nota del presidente Burberi che ribadisce come l’ente avesse chiesto la “reintegrazione del materiale archivistico attualmente in possesso agli eredi Gesualdi”. “Le sentenze si possono anche criticare, ma si accettano così come sono – sottolinea Burberi – È chiaro che ci saremmo aspettati un esito diverso, ma siamo convinti delle nostre ragioni e per questo motivo abbiamo già pronto il ricorso da presentare allo stesso tribunale di Monza. Siamo ottimisti perché il giudice ha respinto la nostra richiesta con una motivazione tutta procedurale, legata al fatto che l’azione di spossessamento fosse in atto da più di un anno. Per avere ragione ci vorrà più tempo, ma restiamo fiduciosi. Questa vicenda non è ancora finita”.
Ma al di là della contesa sull’eredità intellettuale di don Milani, gli ex allievi del priore sono anche divisi su temi scottanti, come ad esempio la guerra in Ucraina e il pacifismo. C’è chi si dichiara contrario all’invio delle armi a Kiev e chi invece simpatizza apertamente per l’Ucraina. Sembra destinato a far discutere un libro appena uscito di Paolo Landi, allievo della scuola di Barbiana e figura di spicco del centenario milaniano. In L’eredità scomoda di don Lorenzo Milani, edito da Il pozzo di Giacobbe, Landi dedica un capitolo a “Guerra in Ucraina e pacifismo” in cui sostiene: “Penso che don Milani si sarebbe schierato a favore dell’Ucraina contro l’aggressione della Russia. Penso inoltre che sarebbe stato contrario a una posizione riconducibile a quella di Pilato: né con la Russia, né con l’Ucraina (così come stato riportato nel manifesto per la marcia della pace e pacifisti). Un generico Fermatevi con al centro una vittima colpita da un proiettile nero che arriva da destra e da un secondo proiettile bianco che arriva da sinistra”.