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Morto Vittorio Emanuele di Savoia: il figlio dell’ultimo re d’Italia aveva 86 anni

di F. Q.

Vittorio Emanuele di Savoia è morto a 86 anni. Figlio di Umberto II, l’ultimo re d’Italia, e di Maria José, avrebbe compiuto 87 anni il prossimo 12 febbraio. Il decesso è avvenuto a Ginevra, come riporta una nota della ‘Real Casa di Savoia’: “Alle ore 7.05 di questa mattina, 3 febbraio 2024, Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele, Duca di Savoia e Principe di Napoli, circondato dalla Sua famiglia, si è serenamente spento in Ginevra. Luogo e data delle esequie saranno comunicati appena possibile”.

Vittorio Emanuele di Savoia fu indagato, e poi prosciolto, per la morte di Dirk Hamer, ragazzo tedesco ucciso in una sparatoria nel 1978 sull’isola di Cavallo, in Corsica. Il caso è stato al centro di un’aspra e lunga battaglia legale tra i Savoia e la famiglia Hamer, in particolare la sorella Birgit. Savoia, intercettato mentre si trovava in carcere a Potenza (dov’è stato rinchiuso per 7 giorni per l’inchiesta Vallettopoli dalla quale è stato poi prosciolto), rese una confessione sulla vicenda. Intercettazione che ilfattoquotidiano.it ha pubblicato in esclusiva il 24 febbraio del 2011.

Nato il 12 febbraio 1937 a Napoli, Vittorio Emanuele di Savoia è figlio di Umberto II, soprannominato Re di maggio per essere rimasto sul trono solamente dal 9 maggio al 18 giugno 1946, nel periodo intercorso tra l’abdicazione di Vittorio Emanuele III e l’esito del referendum istituzionale del 2 giugno che sancì la vittoria della Repubblica. Dopo il referendum, Vittorio Emanuele ha vissuto in esilio fino al 15 marzo 2003, quando, cancellata la XIII disposizione che vietava il rientro dei discendenti maschi in Italia, è rientrato in Italia dopo 57 anni. Vittorio Emanuele di Savoia dopo 13 anni di fidanzamento, nonostante la contrarietà di suo padre Umberto, sposò Marina Doria con rito civile a Las Vegas l’11 gennaio 1970 e con rito religioso a Teheran il 7 ottobre 1971. Dal matrimonio con Marina Doria nacque, nel 1972, suo figlio Emanuele Filiberto.

L’esilio e il rientro in Italia – Il 12 e 13 giugno del 1946 il governo conferì i poteri dello Stato al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, il 1 gennaio 1948, venne stabilito che i discendenti maschi della famiglia Savoia sarebbero dovuti andare in esilio con divieto di ingresso in Italia. Così, i Savoia, andarono via dal Paese e restarono in esilio tra la Svizzera, la Francia e la Corsica fino a quando poterono tornare in Italia in seguito all’abolizione della norma costituzionale. Nel 2002, con un comunicato emesso da Ginevra, Vittorio Emanuele prese ufficialmente le distanze dalle leggi razziali, per la prima volta nella storia di casa Savoia. Sempre nel 2002 furono pubblicate dichiarazioni in cui accettava la fine della monarchia: insieme con il figlio giurò per iscritto e senza condizioni fedeltà alla Costituzione repubblicana e al presidente della Repubblica, rinunciando in tal modo esplicitamente a qualunque pretesa dinastica sullo Stato italiano. Nel 2007 Vittorio Emanuele chiese il risarcimento allo Stato italiano di 260 milioni di euro per l’esilio e la restituzione dei beni confiscati nel 1948. Nel 2022 ha chiesto, invece, la restituzione dei gioielli di famiglia, che sono custoditi da tempo nei forzieri della Banca d’Italia.

Il caso Hamer e le altre accuse – Vittorio Emanuele è stato al centro di diversi scandali. Negli anni ’70 venne indagato per traffico internazionale di armi in alcuni paesi mediorientali che erano sotto embargo. L’indagine finì con un’archiviazione. Vittorio Emanuele era intermediario d’affari per conto della Agusta e, grazie all’amicizia con lo scià di Persia Reza Pahlavi, proprio in quegli anni si era occupato della compravendite di elicotteri tra l’Italia, l’Iran e altri paesi arabi. Il 18 agosto 1978 venne accusato di omicidio per aver sparato al giovane tedesco Dirk Hamer, 19 anni, nell’isola di Cavallo in Corsica. L’ipotesi d’accusa di omicidio volontario, sulla base della quale fu in seguito arrestato, cadde nel novembre del 1991 quando fu prosciolto dalla Camera d’accusa parigina e condannato a 6 mesi con la condizionale per porto abusivo d’arma da fuoco, “fuori dalla propria abitazione”. Il 21 giugno 2006, durante la sua detenzione nel carcere di Potenza, una microspia ha intercettato una sua conversazione in cui ammetteva di aver sparato il colpo alla gamba, vantandosi di essere uscito vittorioso dalla vicenda. Il contenuto della conversazione fu divulgato poco tempo dopo da il Fatto Quotidiano. Come molte personalità della classe dirigente italiana, Vittorio Emanuele risultò iscritto alla loggia massonica P2 di Licio Gelli con la tessera numero 1.621. Tra gli altri guai delll’erede Savoia, il 16 giugno 2006 su ordine del Gip del Tribunale di Potenza, su richiesta del pubblico ministero Henry John Woodcock, venne arrestato con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, e associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione nell’ambito di un’indagine legata al casinò di Campione d’Italia. Dopo una lunga vicenda giudiziaria è stato assolto.

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