A Bologna sono volati gli stracci. Il leader di Azione Carlo Calenda, su indicazione del segretario regionale Marco Lombardo, ha cacciato il coordinatore e commissariato la segreteria cittadina, che poi, in gran parte si è dimessa portandosi dietro, pare, un quarto dei 200 tesserati bolognesi. “Tutti azionisti della prima ora”, assicura l’ormai ex segretario cittadino, Andrea Forlani. Libero professionista, 61 anni, 40 di passione politica, dal PCI al renzismo e infine in Azione. E’ stato messo alla porta per “segnalazioni dal territorio”, “l’assenza di una efficace attività di posizionamento di Azione nel dibattito politico cittadino” e il “graduale allontanamento di iscritti e militanti”, ha motivato il partito. “Nessuno ci ha mai detto nulla”, spiega Forlani al Fatto. Rispedisce tutto al mittente e semmai imputa al leader il calo di iscritti, che ha “trasformato il partito in un account Twitter“, che “fa e disfa qualsiasi cosa, litigando anche con l’amministratore di condominio”.

Forlani, che c’entra Città 30 con tutto questo?
Sulla viabilità a 30 chilometri orari abbiamo tenuto un atteggiamento critico ma costruttivo, convinti che alla base ci fossero principi e obiettivi condivisibili, ma che metodi e tempi fossero sbagliati. Così abbiamo fatto proposte e dato disponibilità al sindaco per correggere il tiro, per esempio senza estendere il limite alle arterie di grande percorrenza dove è più difficile metterlo in pratica.

Che male c’è?
Nulla, tra l’altro il segretario e la direzione cittadina sono organi eletti da un congresso, quindi autonomi. Evidentemente la linea non era gradita ai capi, in particolare il senatore Lombardo, ex Pd con conti da regolare col sindaco Lepore.

Qual è la linea del partito su Città 30?
Ah, bella domanda. Quella di Calenda se l’è inventata quando è venuto a Bologna un paio di settimane fa, limitandosi a dire che “è una cosa demenziale”. Cose dette da uno che non ci vive, una supercazzola senza proposte, alla Salvini. Noi da un anno e mezzo a studiare, organizzare incontri, assemblee e lui, senza nemmeno confrontarsi con la dirigenza locale del suo partito, arriva e fa lo sbotto.

Se ne va da solo?
Già dalla direzione cittadina se ne vanno in 15 su 25. In più ci sono persone che hanno già detto di non voler rinnovare la tessera. Ma quello che è grave è che se ne vanno tutti i responsabili dei quartieri, quelli che in questi anni si sono assunti responsabilità. In un partito dove c’è tanta gente che chiacchiera e poca che lavora le assicuro che è una grande perdita.

Che partito lascia?
Quattro anni fa il progetto era chiaro: costruire un terzo polo riformista, social liberal democratico, attrattivo anche per una parte del Pd, magari in grado di riportarlo alle origini, al Lingotto. Calenda lo aveva detto: “Se faccio un partitino del 3% mi ritiro”. Invece dopo un primo risultato alle elezioni ha perso la bussola, rotto con tutti e isolato un partito che ormai non si capisce che politica faccia, nemmeno a livello di alleanze locali dove gli apparentamenti cambiano di comune in comune.

Magari è lei che aveva preso un abbaglio?
Col senno di poi, sì. I dati sono sotto gli occhi di tutti. Faccio politica da 40 anni, sempre in modo volontario a parte il presidente di quartiere per 5 anni. Ma il mio lavoro è un altro, sono mediatore civile e commerciale. Sono stato nel PCI, nel Pd e col tempo mi sono spostato su posizioni più moderate, non mi vergogno a dire che ero un renziano. Anche lì, che delusione. Mi sa che in questo Paese non c’è la forza per un terzo polo di quel tipo, lontano dai personalismi. Ecco, forse anche Calenda si è reso conto di non essere all’altezza e alle persone capaci preferisce fare il padre padrone. E così dimostra la sua debolezza.

Dove ve ne andate ora?
In gran parte siamo professionisti, gente che non cerca un posto. Per molti Azione è la prima esperienza di politica attiva e dopo la delusione credo che la maggioranza tornerà a vita privata. Io magari continuerò, se c’è spazio, piuttosto al di fuori dei partiti, in associazioni dove non c’è il rischio di farsi comandare da capetti e ducetti. Guardi che capita solo in politica.

Cioè?
Qui c’è gente appena arrivata e solo perché benedetta dal capo pensa di trattare gli altri come pezze da piedi. Oggi la politica la fanno per la maggior parte gli scappati di casa.

A proposito, Calenda imbarca alcuni 5stelle in cerca del terzo mandato.
Appunto, orami è un carrozzone. Ricordo quando Calenda diceva “saremo attrattivi per molti, ma non dobbiamo accogliere tutti”. Ecco, adesso prende tutto: Pd, M5s, Forza Italia. Tutti personaggi in cerca d’autore, in debito con lui e quindi più gestibili. Con questi sostituisce la sua classe dirigente. Si sa, avere a che fare con uomini liberti è più difficile.

Può tornare nel Pd. O passare con Conte e restituire l’offesa.
Nel Pd potrei tornare, non per seguire Schlein, ma per un’area riformista e moderata. Il problema è che li conosco: gestiscono posizionamenti per utilità personale. Quanto al Movimento, nel Pd sono stato uno dei più attenti alla sua nascita, rendendomi disponibile come pubblico ufficiale per i banchetti delle prime raccolte firme. Credevo davvero nella possibilità di battaglie comuni. Ma nel Movimento di oggi non entrerei mai. Sostiene posizioni che non condivido ed è diventato anch’esso un partito personale.

Non resta che salutare Calenda.
Mi spiace non abbia avuto il tempo, la voglia e il coraggio di informarmi. Considerando che qui c’è gente che i voti li ha portati, quando ti lasci con una persona che qualcosa ti ha dato, se sei un uomo, un grazie e un mi dispiace lo dici.

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